Negli ultimi anni sempre più spesso ci siamo confrontati con il tema della sostenibilità, declinata in differenti chiavi di lettura.
Tuttavia, quando si parla di sostenibilità, il grande pubblico spesso pensa solo agli aspetti legati alla tutela dell’ ambiente.
Sostenibilità: una definizione, mille declinazioni
I ricercatori e gli attivisti forniscono una definizione più ampia ed esaustiva: la sostenibilità è la soddisfazione dei bisogni del presente che non compromette la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.
Tale approccio, volto a un buon sostentamento per tutti, deve considerare sia i sistemi naturali che i sistemi umani e pensarli insieme, come parte integrante di solo grande affresco.
I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS), correttamente, riguardano questioni di sviluppo ambientale, sociale ed economico, fornendo un quadro comune e pienamente concordato per affrontare i problemi di sostenibilità più urgenti.
Per raggiungere questi obiettivi, non sarà solo necessaria la collaborazione industrie, Paesi e comunità, ma sarà altresì necessario trovare nuovi modi di organizzare le nostre società e le loro economie.
Dall’ agrifood, al mondo del vino, alla moda, al design, cosmesi, fino a giungere alla meccanica e all’industria pesante… Nessun settore può sottrarsi alla sfida della sostenibilità.
Un ruolo centrale – in tema di sostenibilità – spetta quindi a tutti noi come cittadini, operatori economici, politici, giornalisti, manager, lavoratori …. Ma – prima di tutto – spetta a noi come consumatori.
Perché sono le nostre scelte quotidiane ad influenzare l’intero ecosistema
Tutti i grandi problemi che affliggono oggi il nostro pianeta – dal cambiamento climatico, alla distruzione delle specie animali, fino al problema dello sfruttamento del lavoro minorile – derivano dalle nostre scelte quotidiane.
Dalla decisione degli esseri umani di produrre in un modo e non in un altro. Così, noi consumatori abbiamo in modo quasi inconsapevole l’enorme potere di scegliere in che direzione andare ogni volta che facciamo un acquisto.
Negli ultimi anni ci si è sempre più avvicinati ad un modello di “consumo cosciente”: soprattutto i millennial e la “generazione z” basano le proprie decisioni di consumo sull’eticità dei prodotti. Tuttavia, le informazioni in base alle quali orientiamo le nostre scelte di consumo sono davvero corrette?
In buona parte degli aspetti della nostra vita abbiamo informazioni precise a disposizione in qualsiasi momento.
Il mio telefono può dirmi precisamente lo stato del mio conto corrente bancario, dove mi trovo su una mappa geografica o qual è il nome di una stella all’orizzonte. Eppure, questo accesso trasparente alle informazioni scompare quasi del tutto quando si tratta di informazioni relative ai prodotti che acquistiamo.
Davanti al bancone del fresco in un qualsiasi supermercato possiamo scegliere tra differenti tipologie di pesce, ma difficilmente sapremo con certezza dove questo è stato pescato, con che metodologie, come è stato trasportato, se sono stati utilizzati metodi di pesca sostenibile, come è stato tagliato, conservato… E questo vale per qualsiasi prodotto in commercio, dal succo di frutta alla giacca invernale.
Buona parte dei consumatori non sceglierebbe mai prodotti non sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale se avesse la possibilità di scegliere. Se avesse accesso a informazioni chiare e trasparenti relative a tutta la catena produttiva di ciò che sta per acquistare.
La tecnologia blockchain, per la prima volta nella storia, offre al consumatore l’accesso a questo tipo di informazioni e la vera libertà di scegliere se essere un consumatore “sostenibile”.
Blockchain e sostenibilità
Le applicazioni della tecnologia blockchain offrono infatti molte opportunità per aiutarci a creare un mondo più sostenibile, in linea con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dalle Nazioni Unite di cui abbiamo parlato poc’anzi.
La mancanza di trasparenza lungo le catene di approvvigionamento globali pone sfide in materia di frode, inquinamento, violazioni dei diritti umani e altre inefficienze.
In questo contesto la blockchain ha il potenziale per offrire un livello di trasparenza senza precedenti, con un database condiviso e decentralizzato in cui copie immutabili e crittografate delle informazioni sono archiviate su ogni computer della rete.
Ciò consente alle parti coinvolte, altrimenti prive di legami di fiducia perché non si conoscono, di impegnarsi in transazioni peer-to-peer quasi senza attrito. Questo tipo di trasparenza ha applicazioni lungo la catena di approvvigionamento di beni e servizi e in contesti istituzionali, per ridurre la corruzione e aumentare la responsabilità.
La tracciabilità della filiera si realizza grazie ad un sistema di sensori (chiamati in gergo tecnico checkpoint) posti su ogni macchinario coinvolto nella catena produttiva grazie ai quali tutti i dati di produzione vengono registrati in modo permanente e non modificabile su blockchain.
Grazie alla blockchain, quindi, è possibile verificare le informazioni relative a qualsiasi prodotto, tracciarle e condividerle.
Le informazioni relative alla sostenibilità di quel capo di abbigliamento, di un cosmetico o di un prodotto alimentare, possono essere conservate in uno specifico database accessibile a tutti.
Questa sorta di “etichetta digitale”, poi, segue e identifica ogni singolo prodotto in ogni passaggio della filiera fino ad essere condivisa con il consumatore finale che – con una semplice scansione da smartphone – ha accesso a tutte le informazioni necessarie per compiere un acquisto cosciente.
Così, ogni prodotto fisico, diventa trasparente e capace di assicurare al consumatore le proprie effettive qualità, il modo in cui è stato realizzato, se è davvero sostenibile da un punto di vista ambientale e sociale.
Casi applicativi della blockchain per la sostenibilità
Alcuni esempi pratici di come la tecnologia blockchain può concretamente aiutare i progetti di sostenibilità?
Ancora una volta, l’universo delle start-up innovative ci regala progetti preziosi.
La digitalizzazione della misurazione, rendicontazione e della verifica – come abbiamo visto – sono punti cardine del sistema della blockchain. La startup peruviana Wood Tracking Protocol, ad esempio, utilizza già la tecnologia blockchain per portare trasparenza e tracciabilità all’industria del legno in Sud America, seguendo il legname in ogni sua fase da quando viene raccolto fino alla fase di vendita. Questa tecnologia applicata al commercio del legname può, tra le altre cose, determinare se esso provenga da pratiche illecite di deforestazione.
La blockchain è una tecnologia sostenibile?
Come sempre, quando si parla di una tecnologia di frontiera come la blockchain, molti sono i dubbi che sorgono in merito al suo effettivo impatto. C’è chi si schiera totalmente a favore e ne esalta unicamente gli aspetti positivi e chi, al contrario, si dimostra scettico.
Una delle principali criticità della blockchain riguarda proprio l’impatto ambientale negativo delle sue applicazioni.
Su questo aspetto si stanno concentrando anche gli investitori SRI (Sustainable and Responsible Investment) che – pur attratti dalle potenzialità pressoché sconfinate della blockchain – ne valutano attentamente l’impatto ambientale, sociale e di governance (ESG). E non sempre la loro valutazione è stata positiva.
Le transazioni blockchain, infatti, si basano su complicati algoritmi gestiti da computer di ultima generazione altamente “energivori”.
Si stima che una singola transazione in bitcoin consumi quanto nove abitazioni americane in un’intera giornata. Se alimentate a carbone, queste macchine possono emettere elevatissime quantità di gas a effetto serra.
A tal proposito, diverse soluzioni sono state studiate per ridurre la carbon footprint associata alle attività che usano blockchain.
Anzitutto, i centri elaborazione dati potrebbero essere collocati in Paesi che fanno ampio ricorso alle rinnovabili: per esempio, l’Islanda dispone di significative riserve di elettricità “verde”, mentre in Cina il fabbisogno energetico dipende ancora per il 60% dal carbone. Pertanto, è probabile che l’impatto ambientale dei server islandesi sia inferiore rispetto a quelli cinesi.
Inoltre, un numero crescente di start up innovative del settore sta sviluppando soluzioni che consentano di minimizzare gli effetti climalteranti generati dalle transazioni virtuali e per sfruttare le potenzialità di blockchain con l’obiettivo di generare impatti ambientali positivi.
Un esempio virtuoso su tutti è la società di Singapore NewEra Energy che ha ideato Carbon Grid Protocol: un complesso sistema di algoritmi informatici che permettono di calcolare per ogni pagamento in bitcoin la quantità corrispondente di “diritti di emissione” di CO2 (i carbon credit) che poi possono essere scambiati su un mercato digitale ricorrendo alla stessa blockchain.
Il sistema ha due vantaggi: anzitutto consente agli utenti di assumere una maggiore consapevolezza sull’impatto ambientale delle proprie operazioni in rete, una sensibilità che spesso sfugge per via dell’apparente semplicità d’uso della tecnologia.
In secondo luogo, il sistema contiene l’aumento delle emissioni climalteranti generando una vera e propria compravendita di crediti basata su un meccanismo di compensazione: in sostanza, a partire da un tetto massimo prestabilito di emissioni per utenza, chi emette meno CO2 può vendere i diritti in eccedenza, chi ne emette di più è costretto ad acquistarne.
La blockchain, dunque, può essere considerata una tecnologia intrinsecamente sostenibile?
No, sicuramente non lo è. Almeno non in questa fase. Eppure le potenzialità per farla diventare il più eco friendly possibile sono molte e gli sforzi in questa direzione – come abbiamo visto – non mancano.
In fondo, i vantaggi che la blockchain può apportare in termini di sostenibilità dell’intero sistema produttivo sono talmente dirompenti che si troveranno soluzioni intelligenti per ridurre al minimo gli effetti collaterali della stessa.
Scritto da Amelia Bassini, Country Manager Italy di Genuine Way
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