A gennaio scorso, l’amministratore di Tesla Elon Musk ha aggiunto “#bitcoin” alla sua biografia su Twitter ed è bastato questo per far salire il valore della criptovaluta di 5.000 dollari in un’ora. Più tardi, a febbraio, Tesla ha annunciato di aver acquistato 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin e di voler cominciare ad accettare bitcoin come forma di pagamento per i prodotti Tesla nell’immediato futuro.
L’annuncio ha scatenato un’immediata reazione da parte degli ambientalisti. L’impronta di carbonio di Bitcoin è notoriamente alta. Nel 2020, la rete bitcoin ha consumato 131,80 TWh di energia per eseguire gli algoritmi che alimentano le operazioni di “mining”. Questo equivale all’energia consumata dall’Argentina.
Nei mesi successivi, Musk, proprio spinto dalle preoccupazioni ambientali, ha fatto marcia indietro, dicendo che Tesla non avrebbe più accettato bitcoin. Dopo aver raggiunto un massimo di 64.829 dollari in aprile, il bitcoin è crollato a 30.000 dollari in maggio. Oltre a mandare il bitcoin sulle montagne russe, Tesla ha inavvertitamente acceso i riflettori sull’impronta ambientale di bitcoin e le altre criptovalute. Potrebbe anche aver innescato la corsa a rendere le criptovalute più amiche dell’ambiente.
Bitcoin moneta sporca
Spesso etichettato come “moneta sporca”, il Bitcoin, insieme ad altre criptovalute, è in una perpetua zona grigia, osteggiato dai Governi che temono che eroda il loro controllo sulla moneta e dai banchieri che temono che renda la loro industria irrilevante.
Eppure, ultimamente alcune nazioni si stanno muovendo per darle a corso legale, mentre le grandi banche hanno incluso i fondi bitcoin come parte dei loro portafogli di investimento. Cio’ significa che non c’è nessuna intenzione di abbandonare bitcoin e altre criptovalute, ma piuttosto sale l’interesse per una criptovaluta ‘green’, che utilizza energia pulita.
Tesla, la cui missione dichiarata è “accelerare la transizione del mondo all’energia sostenibile”, non può fare a meno di dire che ‘quando ci sarà la conferma di un uso ragionevole (almeno 50%) di energia pulita da parte dei minatori, riprenderà a permettere le transazioni bitcoin’, ma fino a quel momento niente da fare.
La domanda da un miliardo di dollari è quindi: “Può il bitcoin passare dal combustibile fossile all’energia rinnovabile?”
Il Bitcoin green
La produzione di energia rinnovabile è incostante e difficile da immagazzinare. Tuttavia, alcune nazioni hanno un chiaro vantaggio. Il Paraguay, per esempio, ha un approvvigionamento energetico basato quasi al 100% su fonti idroelettriche. Questo significa che i Bitcoin estratti in Paraguay, che ha anche la più alta percentuale pro capite di energia rinnovabile, avranno un’impronta di carbonio più bassa rispetto ai Bitcoin estratti in nazioni dipendenti dai combustibili fossili. Per questo motivo, il Paraguay crede di poter diventare il centro delle crypto dell’America Latina.
La necessità di diffondere il Bitcoin è probabile che acceleri anche la ricerca per ridurre il costo dell’immagazzinamento di energia rinnovabile. Inoltre, i timidi passi intrapresi dai governi per trasformare il Bitcoin in valuta legale potrebbero potenzialmente portare a politiche più ponderate per l’estrazione delle criptovalute e la penalizzazione delle violazioni delle norme ambientali.
Per rispondere ai critici delle criptovalute, un argomento spesso ripetuto è che anche l’impronta di carbonio del denaro fiat non è bassa. Il denaro fiat – cioè la moneta in corso legale di uno Stato – ha un impatto secondario attraverso il mantenimento di migliaia di filiali bancarie, impiegati che usano trasporti basati su combustibili fossili per raggiungere questi uffici e più di 3,5 milioni di bancomat in tutto il mondo che assorbono energia 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Il fatto che il Bitcoin sia una tecnologia relativamente giovane si perde spesso nel dibattito. Bitcoin, come altre criptovalute, si sta evolvendo e ci vorranno alcuni anni per maturare. Sarà – specialmente con la spinta dei recenti sviluppi – sempre più vicino ad essere ecologico. La tecnologia alla fine raggiungerà un equilibrio, portando ad una più ampia accettazione e costringendo i regolatori ad integrarla con i sistemi monetari tradizionali. Probabilmente siamo anche vicini a una regolamentazione per promuovere l’uso di energia rinnovabile per le criptovalute.
In fondo, altri vantaggi pendono a favore delle criptovalute. Per esempio, è già una soluzione economica per le transazioni transfrontaliere: le criptovalute possono rendere i pagamenti internazionali più efficienti, convenienti e sicuri, rimuovendo gli ingombranti processi operativi e di sicurezza legati al movimento del denaro convenzionale, anche molte banche cominciano a prenderne atto.
Tuttavia, a giugno, la Cina – che ha contribuito al 75% della capacità globale di estrazione di bitcoin – ha vietato l’attività di estrazione dei Bitcoin. Una ragione è che la Cina è avversa al rischio e forse vuole evitare tutto ciò che ostacola lo sviluppo dello yuan digitale su una blockchain autorizzata (cioè, il governo decide chi può utilizzare lo yuan digitale). La ragione più probabile è che l’estrazione di bitcoin rallenta la Cina verso l’obiettivo di andare a zero emissioni di carbonio entro il 2060.
Di conseguenza, i prezzi del bitcoin sono crollati dell’8,5%. Anche altre criptovalute sono cadute – alcune come Ethereum e Dogecoin sono scese fino all’11%. Perché? Perché i mercati delle criptovalute non sono regolamentati, ognuno guidato e determinato dalle proprie regole.
Questi sviluppi danno evidenza della necessità di stabilizzare il mondo delle criptovalute. I regolamenti razionalizzeranno l’estrazione delle criptovalute e alla fine porteranno all’uso di energia rinnovabile, portandola più vicina ad essere accettata come moneta legale.
(articolo tradotto dall’originale pubblicato dal World Economic Forum)