Il treno delle 7.10

Suonò la sveglia, come ogni mattina, ma questa volta non fu come le altre volte Mario era stanco, molto stanco. Si sforzò di alzarsi, non doveva cadere nella trappola di lasciarsi andare come tutti i “vecchietti” della sua età, doveva alzarsi, lavarsi e prendere il solito treno delle 7.10.

Paolo, suo figlio lo aspettava come ogni mattina per prendere un caffè insieme e chiacchierare una mezzoretta prima di andare a lavorare. Ormai avevano preso questa bella abitudine e non voleva di certo interromperla. Da quando Clara, sua moglie, lo aveva lasciato prematuramente per un ‘brutto male’ lui si era legato al figlio come mai non lo era stato prima.

Incontrò sul pianerottolo il suo vicino di casa che con la sua voce roca gli augurò buonasera ma Mario non ci fece caso, era ancora stranamente assonnato. Il treno era più affollato del solito, per fortuna una ragazza, che ascoltava musica con cuffie giganti, capì che Mario era in difficoltà e gentilmente lo fece sedere.

Il tragitto durava poco, solo 10 minuti. Paolo quando era andato a vivere insieme a Miriam, aveva deciso di comprare casa vicino ai suoi genitori così poteva raggiungerli in caso di necessità in breve tempo.

“Ciao Paolo sono io papà”, rispose al citofono, poi qualche secondo di silenzio…“Papà cosa che ci fai qui a quest’ora?” disse Paolo con voce squillante. “Non è da Paolo, prendermi in giro”, pensò Mario.

“Ti sembra il momento di scherzare? aprimi fa piuttosto freddo qui fuori” Mario replicò.

Mario finalmente entrò in casa ma non si sentiva il solito profumo di caffè, c’era una strana atmosfera e Paolo e Miriam lo stavano guardando esterrefatti.  Mario capì che c’era qualcosa che non andava.

Ci vollero più di dieci minuti per ricostruire cosa fosse successo: Mario aveva confuso la notte per il giorno. La sveglia era quella del mattino (perché aveva suonato nel pomeriggio?), il treno era quello delle 7.10 della sera, il saluto del vicino doveva essere un campanello d’allarme, ma niente Mario aveva veramente confuso la notte per il giorno. Si era profondamente addormentato per un pisolino nel pomeriggio e quando si era svegliato tutti i suoi riferimenti erano slittati di 12 ore.

Fu allora che Paolo gli elencò tutti gli episodi che recentemente erano accaduti: quella volta che si scordò del compleanno del figlio, quella volta che aveva impiegato più di un’ora per ritrovare la via di casa e infine questo episodio. Paolo e Miriam erano veramente preoccupati e incominciarono a proporgli alcune soluzioni: residence per anziani, badante, gli proposero anche di vivere con loro per un po’.

Mario non ascoltava, era talmente scosso da ciò che era successo che non riusciva a crederci, era veramente successo a lui? Lui che era stato un uomo così brillante, era stato direttore di un’importante società di software, aveva gestito decine di persone, aveva viaggiato per il mondo. Come era potuto accadere? Rifiutò quindi perentoriamente ogni proposta che gli veniva fatta, sarebbe stata per lui una grande sconfitta e avrebbe comportato perdere la sua autonomia e libertà.

Quella sera Paolo lo riaccompagnò a casa in macchina e rimase con lui a dormire nella sua vecchia cameretta, un concentrato di ricordi. Prima di andare a dormire Paolo decise di chiamare Miriam per capire come affrontare nuovamente il discorso l’indomani.

Paolo: “Miriam inizio ad essere davvero preoccupato per mio papà! Lo conosci, è sempre stato un uomo indipendente, forte e autonomo in tutto e per tutto. Ha passato una vita a vivere con la mamma e non ha mai del tutto superato la sua perdita. Non sarà mai favorevole a trasferirsi in una casa di riposo o avere una badante in casa, almeno finché non avrà problemi più seri e se ne renda conto. Tu sapresti consigliarmi una soluzione alternativa? Sono davvero nel pallone…”

Miriam: “Stavo proprio pensando che circa un mese fa è venuto a parlarci per “SuperDottore.it” il rappresentante di una società di assistenza domiciliare per anziani affetti da demenza senile o Alzheimer a presentare un robot badante chiamato MEMMY, una grande novità che si può prendere in comodato d’uso gratuito a fronte del servizio di assistenza domiciliare. Questo robottino è totalmente autonomo, si ricarica da solo, comunica in modo pacato e gentile, fa domande sul passato recente, per esempio cosa ha mangiato a pranzo, e sui ricordi di infanzia. Figurati che sa anche raccontare barzellette e mostrare empatia se nota segnali di tristezza. Grazie a una telecamera 3D riconosce il volto e capisce lo stato d’animo delle persone. MEMMY aiuta a fare ginnastica dolce, ricorda quando prendere le medicine, sa confrontare le risposte, memorizza le attività giornaliere e se diversi atteggiamenti non dovessero coincidere con i parametri corretti, richiederebbe l’assistenza di un medico. Se tuo padre uscisse da solo o non si sentisse bene ti avviserebbe immediatamente. Insomma, un prodigio della tecnologia, un perfetto e discreto compagno. In più essendo totalmente autonomo Mario non avrebbe problemi ad utilizzarlo, non c’è niente da configurare. É una tecnologia per tutti pensata apposta per gli anziani, super easy!

Paolo: “Mi sembra una soluzione perfetta, anche se non so come possa prenderla mio padre e quanto possa essere diffidente, ma non resta che provare a parlargliene… dopotutto o così, o con una badante vera…”

Miriam: “hai ragione amore, parliamone domattina e proponiamogli una prova di 1 mese. Se non si troverà bene, riparleremo della questione”.

[Nonostante MEMMY sia un robot immaginario, la tecnologia dei robot badanti è già una realtà, anche se non ancora in forma così evoluta ed autonoma, in grado quindi di svolgere tutte queste funzioni con una totale autonomia e libertà di movimento, di interazione e di ricarica. Sono stati studiati robot badanti di diverse forme, dal classico robottino fino ad una dolce e morbida foca, con funzionalità diverse ma assimilabili e complementari. Alcuni integrano già funzioni per la sicurezza domestica rilevando fughe di gas, perdite d’acqua, guasti elettrici e integrandosi inoltre con gli impianti domotici dell’abitazione. Principalmente sono robot dotati di IA e di giochi cognitivi che aiutano a mantenere attivo il cervello dell’anziano. Possono anche riconoscere con chi interagiscono ed intavolare conversazioni di vario genere leggendo le emozioni delle persone attraverso le espressioni facciali con lo scopo di affrontare le difficili sfide della solitudine, dell’isolamento e della demenza. Attualmente, un altro problema in aggiunta alla tecnologia disponibile è rappresentato dal prezzo (come avviene all’introduzione di ogni nuova invenzione). In futuro però, contenendo i costi di produzione, il prezzo finale dovrebbe consentire una maggiore accessibilità e disponibilità di queste tecnologie per migliorare la vita quotidiana di ciascuno di noi. Sono già disponibili progetti a livello europeo (in collaborazione con università, aziende ed enti di ricerca di vari Paesi) che si propongono di prevenire l’isolamento delle persone ammalate di demenza. Sono moltissime le persone che soffrono di Alzheimer e di demenza senile. Giusto per dare qualche dato, di Alzheimer nel mondo si contano oltre 50 milioni di persone, e oltre 35 milioni che soffrono di demenza. Inoltre, il tasso di diffusione di questa malattia e il progressivo invecchiamento della popolazione porteranno questi numeri ad un inevitabile aumento esponenziale rendendo il progresso in quest’ambito imprescindibile.]

L’indomani Miriam li raggiunse a casa di Mario e dopo aver fatto colazione insieme, cercarono di riaffrontare il problema proponendogli la nuova idea.

Questa volta Mario ascoltò attentamente, nonostante la notte passata insonne, complice anche l’idea di affrontare una nuova sfida in ambito tecnologico.

Era troppo curioso di vedere a che punto fossero arrivati con la tecnologia ma allo stesso tempo aveva paura di sentirsi svilito e abbattuto se non fosse stato in grado di utilizzarla dopo una vita passata a lavorare in questo settore. Inoltre, preferiva di gran lunga un robot rispetto ad un estraneo o peggio ancora un’estranea in casa che non fosse sua moglie, che gli dicesse cosa fare, quando farlo e si permettesse pure di toccarlo. Ma dopo tutto quello che era accaduto il giorno prima, e non solo, a sentire quello che gli aveva raccontato Paolo, non poteva far finta di niente, non poteva gravare il suo amato figlio di quel fardello…. e così disse: “Va bene, proviamo questo CLEM CLEM per un mese”.  

Fu così che una settimana dopo Paolo e Miriam suonarono alla sua porta, portando con loro il famigerato MEMMY. Mario ne rimase colpito, come poteva un pezzo di metallo, un insieme di hardware e software sofisticati, risultare così “umano”? Gli parve sin da subito di cogliere qualcosa di familiare nello sguardo di quel robottino. “Forse è l’età che avanza” si disse.

Non era affatto sicuro che fosse la scelta giusta, ma lo aveva promesso a suo figlio che era così in ansia per lui e non voleva rimangiarsi la parola data. In fondo avrebbe potuto chiuderlo nello stanzino delle scope per non averlo in mezzo ai piedi e tirarlo fuori in occasione delle visite di Paolo e Miriam. Si, lo poteva accettare per far star tranquillo il suo ragazzo.

E fu esattamente quello che accadde. Aspettò qualche minuto dopo l’uscita di suo figlio e della sua compagna, alzò di peso il piccolo robot e lo chiuse dentro lo sgabuzzino, intenzionato a continuare con la sua solita vita. Forse Paolo stava solo esagerando e qualche sbadataggine non era poi così grave.

Come ogni sera si preparò una frugale cena, lavò il suo piatto e si sedette sul divano per guardare il suo programma televisivo preferito. Piaceva così tanto alla sua adorata Clara che dopo la sua scomparsa era diventato per lui un appuntamento fisso.  Come ogni volta, anche quella sera le lacrime iniziarono a rigargli il volto e per un misto di stanchezza e tristezza si addormentò.

Non si era reso conto di aver lasciato la caffettiera sul fuoco.

Non appena l’odore nella stanza incominciò a diventare insopportabile i sensori di MEMMY si attivarono e grazie alla sua intelligenza, MEMMY aprì la porta dello stanzino in cui era stato riposto. Il suo rilevatore di fumo interno registrò che c’era un principio di incendio in atto e grazie al software di programmazione integrato il robot fu in grado di individuarne la fonte e intervenire per evitare il peggio.

Fece arieggiare la cucina, e si recò in salotto dove Mario, ignaro del pericolo che aveva corso, stava ancora dormendo. MEMMY attivò la telecamera che era collegata al cellulare di Paolo attraverso un’app e mostrò al figlio il padre davanti alla televisione. Paolo sorrise e scrisse poche righe sulla tastiera del suo cellulare.

Mario, si accorse della presenza di qualcuno e aprendo gli occhi si trovò davanti il robottino che gli porgeva un bicchier d’acqua e le due pastiglie della sera: quella blu per la circolazione e quella arancione per dormire. Fu proprio mentre gli stava dando la pastiglia arancione che MEMMY disse con la sua voce metallica “Sogni d’oro Mario”.

Mario ne rimase immediatamente colpito. La voce non era la stessa e nemmeno gli occhi che lo stavano guardando fisso in quel momento ma le parole non erano per lui parole a caso, erano esattamente quelle che lui stesso aveva ripetuto sera dopo sera per anni al suo Paolo mentre gli rimboccava le coperte.

Scritto da Cristina D’Evola, Nadia Ciron, Sara Goretti

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