Cascina Matta. Miriam si era dimenticata quanto le piaceva stare là. Quella sensazione di pace, di accoglienza e di bellezza che quel posto le dava.
L’idea di organizzare quella cena, poi, l’aveva davvero emozionata, era riuscita persino a convincere sua madre ad aiutarla, lei era sempre stata così brava a organizzare eventi in quella grande casa: amici, parenti, amici dei parenti e amici degli amici, la porta era sempre aperta, specialmente in estate quando ci trascorrevano diversi mesi. Aveva un solo difetto, dicevano tanti suoi amici affettuosamente: era vegetariana prima che diventasse di moda. Ma in realtà la sua cucina non faceva affatto rimpiangere la mancanza della carne perchè tra piatti a base di riso (tradizioni di famiglia) e verdure, legumi, funghi, la sua tavola era sempre un trionfo di bontà. ‘Magica Luisa’ – diceva il suo ex, un gran mangione, di fronte a quelle acrobazie culinarie.
Bene, aveva fatto la lista degli invitati per la sua cena, una super cena, erano già 17 ma a tavola le piaceva la simmetria per cui serviva il 18simo…
Considerò diversi elementi: c’erano tre coppie di amici (tra cui Paolo e Miriam, Aldo e Franco, Katia e Gerry), sua madre e la sua amica Rita, due amici di Paolo (uno americano), la sorella di Miriam, i suoi tre compagni di merende nel corso di ‘sushi’; la sua amica Chiara, con suo figlio adolescente e un amico del figlio…ne mancava uno, chi poteva invitare? Negli ultimi due anni tra la pandemia e la separazione da Giorgio, la lista degli amici, di quelli che le andava di vedere, si era via via accorciata e adesso…
Il telefono vibrava nella sua tasca. “Eccomi, scommetto che ti eri dimenticata di me”. – nella pausa che seguì rimbombava quell’accento barese che trovava adorabile.
“Ryan!!!! Non è possibile, è una cosa incredibile che tu mi abbia chiamato, mi stai risolvendo la vita…”
“E dai, non esagerare, ti ho solo portato la tua BravaMask…ma perché non apri la porta?”
BravaMask? Veronica aveva completamente scordato che alcuni giorni prima aveva ordinato la mascherina da Ryan, la super mascherina. E aveva anche scordato che era quello il giorno di consegna. Le venne un’idea.
“Scusa Ryan, non sono a casa, mi sono dimenticata. Senti, forse ti sembrerà strano, ma se ti invitassi a cena? Non solo noi e non lì a casa mia, non farti film, ma a una cena in campagna, stasera, ci saranno dei miei amici, una cosa tranquilla, ma penso divertente…”
“Ok, mandami la posizione, ti porto la mascherina, guarda che sono vegano, a dopo, scusa ma devo accelerare le altre consegne a questo punto”.
Che personaggio, a volte era proprio enigmatico…chissà che cosa stava pensando in quel momento, ma insomma, aveva il suo 18simo invitato. Adesso doveva aiutare sua madre a preparare la cena, intanto avrebbe pensato a come organizzare la serata, non le piacevano molto le serate troppo organizzate, ma stasera ci sarebbero state 17 persone molte delle quali non si conoscevano, tra cui due adolescenti, due senior, un americano.
Avrebbero avuto qualcosa da dirsi?
Non poteva crederci: il primo ad arrivare fu Ryan. Dopo averlo invitato si era quasi pentita, non sapeva assolutamente nulla di quel tipo, aveva quasi sperato che non si presentasse. Ma eccolo lì, e lei in fondo era contenta.
“Lo so, sono in anticipo, un bel po’ in anticipo, ma quando ho visto dove stavi non ho resistito alla tentazione di farmi una scorrazzata, c’è odore di primavera – disse Ryan – andiamo a fare un giro? Hai mezzora e un casco?”
Non era un’idea malvagia, il sole era tiepido, sua madre l’aveva sbattuta fuori dalla cucina e aveva svariati caschi, persino uno vintage che si intonava benissimo alla moto di Ryan. “Ho tutto, andiamo. Non correre però e non fare cavolate”.
Per un attimo pensò se fosse un azzardo un giro in moto considerato che era incinta, ma erano solo due mesi, la ginecologa le aveva detto che stava bene, era in ottima salute e di condurre una vita normale.
“Andremo pianissimo, tra queste risaie cosa vuoi fare? – confermò il suo nuovo amico – Ma sai che ti dico? Andiamo a piedi, ho voglia di passeggiare, sentire il sole e l’aria, senza mascherina…questo è il mio passaporto sanitario” aggiunse mostrando il documento. “A proposito, come mai non me lo hai chiesto oggi quando mi hai invitato?”
“Beh, davo per scontato che ce lo avessi, dato il mestiere che fai”. “Giusto, vedo che sei preparata – disse ridendo. Posò il casco sulla vecchia panca all’ingresso e tolse la mascherina, era la prima volta che lo vedevo senza, in effetti. Non male, più vecchio di quanto pensassi, il che non guastava, poteva avere la mia età. Anche lui non mi aveva mai visto senza mascherina. “Anche tu dovresti chiedere il mio passaporto sanitario – gli dissi – ce l’ho, sono anche incinta, faccio controlli tutte le settimane. Et voilà, la mascherina se ne va”.
La passeggiata tra le risaie a faccia nuda fu la cosa più bella degli ultimi mesi (a parte apprendere che ero incinta e che avevo Cascina Matta tutta per me), quel sole obliquo al tramonto era un’onda energetica che mi faceva sentire in pace, presente.
Mancavano solo Aldo e Franco, come sempre in ritardo e sicuramente persi in qualche strada secondaria. Avevano da poco intrapreso un percorso di digital detox che comprendeva anche la rinuncia al navigatore, il che, mi aveva confidato Franco, era una fonte di eccitazione per Aldo, ma anche di continui smarrimenti.
L’aria era rimasta talmente tiepida anche dopo il calar del sole che avevano deciso di cominciare a sorseggiare l’aperitivo nel patio, l’atmosfera era conviviale e rilassata, i due Gen Z se ne stavano per i fatti loro, tutti gli altri ridevano, parlavano e bevevano.
Jack, l’amico americano, sembrava attirare parecchio l’attenzione in quel momento: sembrava uscito da un film noir anni ’40, aveva persino una specie di Borsalino in testa, camicia bianca, gilet, cravatta, non mancava nulla per fare di lui un investigatore alle prese con qualche omicidio. Parlava italiano (un po’ strano) perché sua madre era friulana, e proprio in Friuli, in vacanza, lo aveva conosciuto Paolo quando erano piccoli. Avevano legato parecchio, ma vivendo così lontani, si erano poi persi, e da qualche anno ritrovati. Mi avvicinai, stava raccontando qualcosa di molto intimo. “Lavoro in una conceria, ma di numeri me ne intendo, credetemi. Quando ero a casa coi miei genitori ero io a gestire l’economia domestica, anche perché i miei erano un disastro in questo, più volte mia madre dovette ricorrere al monte dei pegni, prima che io prendessi le redini della situazione. Io ero obiettivamente a pezzi quando conobbi Melvin…“. Era di se stesso che parlava Jack.
Leggi la storia ‘L’amico americano’
Il mio sguardo incrociò quello di Paolo, che mi fece segno di spostarci.
“Forte il tuo amico” – gli dissi.
“Non so quante volte ho già sentito questa storia da quando è qua – rispose Paolo – ma si è forte, sta lottando contro la depressione e per lui riuscire a raccontare questa storia di sé, in questo modo, è una specie di terapia. Ma sapessi, mica è l’unico caso che abbiamo stasera, anche l’altro mio amico Ernesto, ne sta uscendo adesso”.
“Sai che faceva anche il calciatore, no? Lui ha avuto il Covid, nemmeno tanto brutto sul momento, ma la fase del post-Covid è stata devastante. Non riusciva più a fare nulla, piangeva sempre, menomale ha scoperto un sito e un’app che lo aiutano, come Jack d’altronde”.
Leggi qui la storia di Ernesto – Long Covid dot com
“Poveretto, ne ho sentito parlare tanto del Long Covid, un misto di malessere fisico e depressione, sono contenta che ne stia venendo fuori. Ma tuo padre invece? Miriam mi ha detto che la sua memoria è peggiorata notevolmente. Dai accompagnami a finire di mettere tavola, così mi racconti”.
“Beh, una decina di giorni fa è piombato a casa alle 8 di sera per fare colazione con me, come al solito, era convinto fosse mattino. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il suo medico curante dice che potrebbero essere i primi segnali di demenza senile, o di Alzheimer, non è che ci sia granchè da fare a livello medico, ma è chiaro che non possiamo lasciarlo vivere da solo, troppo pericoloso. Ma non vuole badanti, non vuole venire da noi…ma sai che l’amica tua, Miriam, è una potenza a scovare nuovi servizi in ambito medico…”
“Eh se lo so!” – era il mio punto di riferimento per ogni faccenda medico-sanitaria e si era appena palesata.
“Ho sentito dire Miriam, sparlate di me? – disse – Adesso ti racconto io come abbiamo risolto per Mario, hai presente quel film ‘Robot and Frank’ che ci era piaciuto tanto? Uguale”.
Leggi la storia di Mario – Il treno delle 7.10
La tavola era stupenda e mia madre, la magica Luisa, ai fornelli si era superata: Ryan, vegano, era conquistato senza mezze misure dalla sua cucina vegertariana, l’amico americano non poteva credere che nell’insalata ci fossero fiori e negli spiedini non ci fosse carne. Il risotto primavera, poi, aveva dei colori psichedelici che solo lei sapeva da dove arrivavano.
Aldo e Franco erano riusciti a raggiungerci che eravamo al secondo, ma dal momento che erano tutti invitati a dormire in Cascina, la notte era ancora lunga pure per loro!
Erika, la sorella di Miriam, aveva legato tantissimo con Francesca, la mia nuova amica conosciuta al corso di sushi.
Ero molto contenta perché Francesca era un po’ ansiosa, ma davvero una persona positiva, sempre col sorriso, ed Erika aveva bisogno di nuovi amici. Come si dice, quando c’è da far baldoria son tutti amici, lei era sempre stata molto estroversa e pronta a far festa, sempre circondata da tante persone; ma da quando aveva cominciato ad avere problemi di salute, alcuni mesi prima, si era creato un gran vuoto intorno a lei. Gli amici veri che le erano rimasti si contavano sulle dita di una mano, ma forse era meglio così, certa gente è meglio perderla che trovarla.
Leggi la storia ‘Erika non è più sola’
Mi avvicinai a loro, si erano sedute davanti al caminetto. “Allora, vedo che anche voi adorate il caminetto accesso, per me non c’è stagione per un bel fuoco, estate, inverno, va bene sempre. Scalda il cuore prima ancora che il corpo, concilia le chiacchiere, vero?”
“Vero – disse Francesca – a parte che io oramai sono diventata come una vecchietta che ha sempre freddo. Da quando ho avuto quella brutta bronchite, ti ricordi Veronica, che facevo le lezioni di sushi in video chiamata? Mamma mia, che cosa ho passato, mi faceva impazzire quella fame d’aria…”
“Ma avevi il Covid? – chiese Erika.
“No, avevo tutti i sintomi, ma alla fine non era Covid, era una brutta bronchite, ne ho sempre sofferto anche da piccola. E menomale non fumo…”
Leggi la storia ‘Pensa se fossi una fumatrice incallita’
Tra una chiacchiera e l’altra si erano fatte le 4 del mattino. Io ero così felice, mi ero addormentata davanti al camino come facevo da piccola. Sul divano i due ragazzi adolescenti, sfiancati da un poker con Katia e Gerry, due impuniti delle carte. Ryan era sull’amaca in giardino, gli avevo messo sopra una coperta.
Sembrava quasi che la pandemia non ci fosse mai stata.
<Episodio precedente – Ep. 3_Paolo non fuma