Un’altra lunga, interminabile giornata è finita. Anche oggi non sono riuscita ad andare al lavoro; i dolori erano troppo forti e non ho nemmeno trovato la forza di vestirmi. Chissà cosa avranno detto i miei colleghi “Anche oggi Erika non c’è”, “Avete visto Erika? ah, no sarà sicuramente a casa”. Queste sono le battute più frequenti che circolano al lavoro, la mia amica e collega Annalisa inizialmente mi raccontava sempre tutto, ma dopo aver capito quanto tutto questo mi facesse stare ancora più male, il racconto delle cattiverie su di me si è trasformato in una serie tv comica/sentimentale sulle sue avventure amorose.
Ogni tanto vorrei proprio rispondere ai miei colleghi: “Sì, vero. Sono ancora a casa, ma sapete una cosa? Vorrei tanto essere lì, al lavoro, ad arrabbiarmi per cose che sembrano gigantesche, ma che, alla fine, sono quasi tutte risolvibili con il tempo. Invece, no. Sono a casa, sì, sono a casa, a letto. Sono a casa a letto perché non riesco ad alzarmi dal letto, perché la mia testa sembra incollata al cuscino, pesante; scendere dal letto per andare in bagno è impegnativo, stancante…sì, sono a casa e non vorrei esserci.” Questo è quello che vorrei dire loro.
Ormai è passato qualche anno da quando mi hanno diagnosticato questa sindrome, ancora non completamente riconosciuta, sconosciuta a molti e nota a pochi (e forse questi pochi la conoscono solo a seguito della dichiarazione di Lady Gaga)…la FIBROMIALGIA.
Ricordo esattamente com’è cominciato. Una mattina di aprile mi sono svegliata con il mal di testa, ho pensato che fosse il cambio di stagione, magari avevo dormito male, al lavoro era un periodo stressante, ma stava finendo e io dovevo andare in ufficio. Ho preso la mia solita pastiglia per poter affrontare la giornata, ma l’effetto è stato solo parziale. Ho pensato “Capita, l’importante è arrivare a fine giornata, far finire questo periodo, e, dopo una bella dormita, domani sarò come nuova!”, ma così non è stato. Per essere sicura, ho preso un altro antinfiammatorio prima di andare a dormire. La mattina seguente il mal di testa era ancora presente e a questo si erano aggiunti dei forti dolori muscoloscheletrici. Passavano i giorni e i dolori non miglioravano.
Ormai erano due mesi che avevo male ovunque. A volte era come se mi pugnalassero, nei giorni “migliori” era un dolore profondo e continuo. Non riuscivo più a capire se alcuni dolori fossero dovuti al ciclo o se fossero ormai costanti. Ho provato a lavorare anche da casa, per evitare spostamenti, ma anche la concentrazione era scarsissima, a volte non mi ricordavo quello che avevo appena letto, ero confusa. Ormai mi sembrava di non avere più il controllo sul mio corpo. Mi sono decisa, quindi, a rivolgermi al mio medico di base, che mi ha prescritto alcune cure. Niente. Nemmeno con quelle riuscivo a stare meglio. A seguito del fallimento delle diverse cure consigliate, quindi, il medico mi ha prescritto innumerevoli esami per cercare di capire quale fosse l’origine di tutti quei dolori.
Con mia grande sorpresa, ma forse non quanto quella del mio medico, tutti gli esami erano perfetti!
Ed è così che sono diventata per tutti la “malata immaginaria”. Oltre a dover combattere praticamente con me stessa, dovevo combattere con tutti coloro che pensavano che non avessi voglia di lavorare, di fare quello che mi chiedevano, che avessi problemi psicologici, di stress, che mi stavo solo auto condizionando, …ecco una “pazza malata immaginaria”!
Il mio dottore poi mi ha consigliato diversi specialisti e, un reumatologo, nonostante non vi sia alcun esame specifico che permetta di identificare questa sindrome, mi ha diagnosticato la fibromialgia. Il reumatologo mi ha detto che è giunto alla diagnosi premendo su alcuni specifici punti del mio corpo…un dolore indescrivibile. Ogni punto su cui il reumatologo esercitava la pressione mi faceva male, eppure dagli esami non risultava nulla!
Nonostante la spiegazione dello specialista fosse più che esauriente, la mia curiosità mi ha portato a cercare (come ormai fanno tutti nel ventunesimo secolo) più informazioni possibili su questa sindrome.
Con mio grande dispiacere, le uniche certezze erano legate alla mancanza di una vera e propria terapia e il fatto che questa sindrome non fosse riconosciuta come patologia invalidante.
Quindi, in sostanza, ho a che fare con qualcosa di cui non si conosce l’origine, la vita, di cui non si conoscono le motivazioni…insomma, ho a che fare con uno sconosciuto che si è imposto al mio corpo, senza che io abbia la possibilità di oppormi.
La mia vita è cambiata radicalmente, devo programmare le mie attività giornaliere, non posso pensare di sovraccaricarmi di lavoro, di impegni, di cose da fare. Al lavoro ho dovuto ridurre gli orari e resto a casa quando il dolore mi impedisce di alzarmi dal letto.
In realtà ogni tanto credo di sbagliare e di sforzarmi troppo, me ne accorgo perché il giorno dopo non riesco a fare nulla.
Nonostante tutto, grazie al supporto dei miei amici, della mia famiglia e dell’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgia (AISF) ho imparato, anche se con parecchie difficoltà e a fasi alterne, a convivere con questa sindrome.
Ormai, spesso, non ero più autonoma. Il mio corpo apparentemente non ha niente che non vada, ma in realtà, in alcuni giorni non mi permette di fare alcune cose anche banali come andare a fare la spesa, scendere le scale, per non parlare di lavorare.
E’ vero che i miei familiari e i miei amici non mi hanno mai fatto mancare alcun aiuto nel momento in cui ne ho bisogno, ma questo continuo dipendere dagli altri mi pesava.
Poi mi hanno parlato del possibile sviluppo di una App chiamata FibroMiaApp.
Purtroppo, però, poco dopo mi avevano anche spiegato che il progetto era stato interrotto per mancanza di fondi.
Con un po’ di dispiacere, ho raccontato alla mia amica Annalisa di questa opportunità persa e lei mi ha risposto “Ma quale opportunità persa? Proponi all’AISF di attivare una campagna di crowdfunding, vedrai che riuscirete ad ottenere i fondi necessari per finalizzare la App.”…e così, il giorno seguente, ho seguito il suo consiglio.
La proposta è stata accolta con grande entusiasmo e l’associazione ha attivato in pochi giorni una campagna di crowdfunding che, grazie al sostegno di privati ed aziende ha permesso di ottenere la somma necessaria per poter sviluppare la App.
In meno di un mese, la FibroMiaApp è stata resa disponibile a tutte le persone affette dalla sindrome fibromialgica.
[Parentesi: Le terapie digitali, noti anche come digital therapeutic, sono sistemi software utilizzati da soli o in abbinamento a dispositivi connessi o terapie mediche e farmaci, per la cura di determinate patologie e dipendenze. La FibroMiaApp è il primo progetto italiano “strutturato” di Teleassistenza e Telemonitoraggio sanitario per i pazienti con sindrome fibromialgica. In questo modo sarà possibile garantire la corretta diagnosi, le terapie mediche, oltre ai controlli periodici successivi ai trattamenti terapeutici, al fine di migliorare la qualità della vita e la soddisfazione dei pazienti e dei loro famigliari, senza però gravare sul bilancio della sanità pubblica.]
Con questa App vengono controllati i sintomi, programmati i controlli di routine.
Inoltre, in base ai sintomi indicati, e alla soglia del dolore avvertita giornalmente, la App consiglia quali esercizi riabilitativi fare, o anche esercizi di yoga e tai chi.
Posso programmare sedute specialistiche con fisioterapisti, con massaggiatori professionisti, con il reumatologo…
Attraverso la App riesco anche ad avere sconti sulle cure termali…ho scoperto che mi fanno benissimo le terme! e, con la prenotazione dalla App, il centro termale scelto mi mette a disposizione un servizio navetta.
Non solo, con codici generati direttamente dalla App, posso avere la consegna della spesa con precedenza e senza costi aggiuntivi.
Insomma, questa App mi sta rendendo più autonoma e mi sembra quasi di aver ripreso in mano un po’ la mia vita, senza aver sempre bisogno del supporto di qualcuno. Questo fa bene anche al mio umore, a combattere quella depressione in cui mi sembrava di essere caduta quando ho scoperto che questa sindrome aveva scelto me. “Una malattia rara”, di solito le cose “rare” sono preziose, invece questa volta è esattamente l’opposto, ti chiedi perché abbia scelto proprio te, ma grazie a questa App mi sento anche meno sola, mi sento più “coccolata” e quando stai male è la medicina migliore.
Scritto da Bianca Rota, Giampiero Lombardi
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