Buone notizie per l’ambiente: Levissima, uno dei principali marchi di acqua in Italia, facente parte del Gruppo Sanpellegrino (Nestlè) lancia la prima bottiglia realizzata con il 100% di R-PET, cioè plastica riciclata.
Perché, non era già così? Potrebbe dire qualcuno. In realtà no, perché una disposizione legislativa datata 2010, il decreto ministeriale n. 113, stabiliva che le bottiglie e vaschette per alimenti in polietilentereftalato, comunemente noto come PET, dovessero contenere almeno il 50% di materiale vergine.
Una disposizione di forte freno, e senza giustificato motivo, alla green economy e all’economia circolare in ambito plastica, che è stata finalmente superata nei mesi scorsi con l’approvazione di un nuovo provvedimento di legge che permette la realizzazione di bottiglie e altri imballaggi con plastica riciclata al 100%.
Levissima ha colto immediatamente questa opportunità che le permette di avvicinarsi più velocemente ai propri obiettivi di sostenibilità: nel 2010 era stata la prima azienda italiana a usare il 25% di plastica riciclata per la bottiglia da Litro, presentando poi nel luglio del 2020 una gamma di 5 prodotti con il 30% di R-PET, ma il suo impegno è quello di raggiungere il 50% di PET riciclato all’interno di tutta la gamma dei suoi prodotti entro il 2025.
“Questo nuovo traguardo è possibile grazie alla nuova normativa – ha detto Stefano Marini, Ceo Sanpellegrino Group, in un’intervista ad Adnkronos – che ha rimosso il limite del 50% e ci permette di realizzare bottiglie al 100% in plastica riciclata. Le caratteristiche di queste bottiglie sono di essere identiche al PET vergine nella qualità, sicurezza e resistenza, permettendoci così di portare l’acqua sulla tavola dei nostri clienti con il miglior contenitore possibile. L’altra caratteristica, fondamentale, è che la produzione di R-PET ci permette di abbassare i valori dell’impronta di Co2 della produzione, di circa il 30-50%, rispetto al PET vergine e di ridurre il consumo di energia anche del 60%.”.
Le attività sulla plastica PET delle sue bottiglie, rientrano nel piano di sostenibilità sociale (corporate social responsability) del marchio che si chiama Regeneration, un progetto che la vede impegnata su più fronti ambientali, come la tutela dei ghiacciai, la gestione responsabile della risorsa acqua, il rispetto della biodiversità. Nel progetto non manca nemmeno l’attenzione alla ricerca di innovazioni per la riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti, degli imballaggi e dei sistemi produttivi e alla promozione presso i consumatori di stili di vita sostenibili in una logica di economia circolare sostenendo l’importanza dell’uso responsabile delle risorse e la cultura del riciclo.
“Siamo orgogliosi di essere i primi realizzare una bottiglia fatta con il 100% di plastica riciclata (R-PET), che rappresenta un grande passo avanti per Levissima e un impegno concreto per un mondo più sostenibile, nei confronti di coloro che hanno a cuore il riciclo e l’utilizzo delle risorse – sottolinea in una nota stampa Stefano Marini – Un traguardo che si lega al progetto Regeneration, il piano di sostenibilità con cui Levissima coinvolge le persone in un percorso di consumo responsabile e di tutela dell’ambiente, a partire dall’educazione al corretto riciclo. La plastica, se adeguatamente riciclata, non è un rifiuto, ma una risorsa da cui possono nascere nuove bottiglie o oggetti utili per la comunità.”
Il termine R-PET (Recycled polietilene tereftalato) indica un polimero ottenuto attraverso processi di recupero e riciclaggio del comune PET post consumo utilizzato per contenere alimenti. Si tratta di un materiale identico per qualità, sicurezza e resistenza al PET tradizionale, che è uno dei materiali migliori in grado di mantenere inalterate le caratteristiche uniche di purezza originaria dell’acqua minerale, garantendo che arrivi sulle tavole dei consumatori così come sgorga alla fonte. Il R-PET, inoltre, come il PET vergine, può essere riciclato un numero di volte quasi infinito. La produzione di 1 tonnellata di R-PET consente di risparmiare cinque barili di petrolio ovvero di 1,6 tonnellate di CO2.
Photo by Matéo Burles