Lo scorso 24 aprile, il Parlamento europeo ha adottato la Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR), un regolamento volto a favorire la riduzione degli imballaggi (e conseguente crescita dei rifiuti), una maggiore circolarità degli stessi e l’armonizzazione delle norme del mercato interno UE.
Ovviamente, il nuovo PPWR sconvolgerà senza dubbio il settore degli imballaggi e della logistica europea, e avrà ripercussioni negative o positive sull’industria di plastica, bioplastica, carta, alternative sostenibili alla plastica (che è il materiale prevalente degli imballaggi).
Anche in questo caso, come avvenuto per la CSDDD, si potrebbe dire che l’elefante ha partorito il topolino: dopo anni di confronti, gli obiettivi di riduzione degli imballaggi (soprattutto quelli in plastica) a cui si è giunti sono niente di più che il 5% entro il 2030, 10% entro il 2035 e 15% entro il 2040.
Meno del tasso di incremento dei rifiuti da imballaggio (+ 27%) visto negli ultimi 10 anni.
Per avere una misura, ogni europeo ha generato 188,7 kg di rifiuti di imballaggio nel 2021, una cifra che si prevede aumenterà a 209 kg nel 2030 senza ulteriori misure.
Dalla Direttiva al Regolamento
C’è una differenza fondamentale tra direttiva e regolamento europeo: le prime sono vincolanti per gli Stati membri negli scopi che vogliono raggiungere, quindi devono essere recepite dallo Stato con una propria normativa. Ciò comporta che, oltre ad allungarsi i tempi, ogni Paese recepisce a modo suo e nel suo insieme il mercato unico ne risulta indebolito nella efficiacia dell’azione.
Per questo il legislatore uropeo ha scelto di passare al Regolamento: questo è direttamente applicabile negli Stati membri senza bisogno di recepimento, diventando subito vincolante per gli Stati e le aziende, all’indomani della pubblicazione in Gazzetta ufficiale europea.
Fine degli imballaggi spropositati
Tra le indicazioni che vengono promosse con la PPWR c’è un rapporto massimo di spazio vuoto del 50% per gli imballaggi assemblati, per il trasporto e per l’e-commerce; i produttori e gli importatori dovranno anche garantire che il peso e il volume degli imballaggi siano minimizzati.
Saranno vietati determinati tipi di imballaggi in plastica monouso a partire dal 1° gennaio 2030. Questi includono imballaggi per frutta e verdura fresca non lavorata, imballaggi per alimenti e bevande riempiti e consumati in caffè e ristoranti, porzioni individuali (ad esempio per condimenti, salse, cremore, zucchero), imballaggi miniaturizzati per prodotti da toeletta e sacchetti di plastica molto leggeri (sotto i 15 micron).
Una vittoria importante: stop ai PFAS, i forever chemicals
Per prevenire effetti nocivi sulla salute, il testo include un divieto sull’uso dei cosiddetti “forever chemicals” (cioè i PFAS) oltre certe soglie negli imballaggi a contatto con alimenti.
I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) sono una classe di composti chimici sintetici noti per la loro capacità di resistere al calore, all’acqua e all’olio, motivo per cui sono stati ampiamente utilizzati in una varietà di applicazioni industriali e prodotti di consumo, tra cui rivestimenti per pentole e imballaggi per alimenti. Sono molto dannosi per la salute perchè non si degradano facilmente e possono accumularsi nel corpo umano e negli ecosistemi.
Una sfida per alberghi, ristoranti, bar
In particolare per quanto attiene la ristorazione, il regolamento intende incoraggiare le opzioni di riutilizzo e ricarica per i consumatori. I distributori finali di bevande e cibi da asporto dovranno offrire ai consumatori l’opzione di portare il proprio contenitore. Saranno inoltre tenuti a sforzarsi di offrire il 10% dei prodotti in un formato di imballaggio riutilizzabile entro il 2030. Il dibattito su questo fronte è stato ed è tuttora molto acceso focalizzandosi spesso sul cosiddetto ‘single-use’ (monouso). Infatti, sebbene il packaging riutilizzabile sia una soluzione sostenibile in molti campi di applicazione, ad esempio una mensa scolastica, non è altrettanto scontata la sostenibilità in altre circostanze, poichè il sistema del riutilizzo dei contenitori comporterebbe, oltre a molta complessità di gestione, dei processi di pulizia e sanificazione ancora più impattanti per l’ambiente rispetto al rifiuto stesso.
Questo significa che, sul fronte degli imballaggi alimentari, l’alternativa migliore dovrebbe essere un packaging monomateriale (per favorire il riciclo) e monouso (per garantire sicurezza sanitaria), ma utilizzando materiali 100% sostenibili e plastic-free.
Imballaggi riciclabili, migliore raccolta dei rifiuti, ecodesign
Secondo le nuove regole, tutti gli imballaggi (ad eccezione di quelli in legno leggero, sughero, tessuto, gomma, ceramica, porcellana e cera) dovranno essere riciclabili soddisfacendo criteri rigorosi. Tre gradi e soglie di riciclabilità – A, B e C – aumenteranno gradualmente la pressione sui produttori nei prossimi anni.
Le misure includono anche obiettivi minimi di contenuto riciclato per gli imballaggi in plastica e obiettivi minimi di riciclaggio per peso dei rifiuti di imballaggio.
Inoltre, gli imballaggi dovranno essere progettati per favorire il riciclo dei materiali (dal 2030). In futuro, gli imballaggi con un grado di riciclabilità inferiore al 70% non saranno considerati riciclabili e non potranno essere immessi sul mercato.
Green claims
Nel PPWR si parla anche di “dichiarazioni verdi” o green claim. Tali dichiarazioni sugli imballaggi potranno essere fatte solo se superano i requisiti minimi applicabili stabiliti nel PPWR. Le dichiarazioni devono specificare se si riferiscono all’unità di imballaggio, a una parte dell’unità di imballaggio o a tutti gli imballaggi immessi sul mercato. La conformità a questi requisiti deve essere dimostrata da una dichiarazione tecnica. Questa indicazione è coerente con la nascente proposta di “Green Claims Directive” e la direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde (UE) 2024/825, adottata il mese scorso.
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