Una trasformazione digitale più equa e sostenibile basata su uno spirito “mutualistico” dal sapore antico ma oggi più attuale che mai, in un mondo in cui i modelli di produzione e distribuzione stanno mostrando la corda. Le cooperative italiane sono in prima linea per guidare questo cambiamento. Lo racconta Giancarlo Ferrari Presidente di Fondazione Pico, Digital Innovation Hub di Legacoop Nazionale.
Le cooperative portano avanti una visione di digital transformation in ottica sostenibile ed equa. Ci spiega questa visione e il suo valore aggiunto anche per accelerare le twin transition (verde e digitale)?
La trasformazione digitale è un processo irreversibile e rapido che, se non opportunamente governato, può produrre esternalità negative per la società, le persone e le imprese. Il mondo della cooperazione guarda a questi processi innovativi con grande attenzione perché si rendono necessarie scelte consapevoli. Di fronte all’innovazione si può reagire in tre modi: rifiutarla, conoscerla per difendersi o conoscerla per utilizzarne le potenzialità. Nei primi due casi l’unica differenza sta nei tempi in cui quell’impresa diventerà obsoleta e non competitiva, nel terzo caso – ed è ciò che promuoviamo per le nostre imprese – occorre un radicale cambiamento di cultura imprenditoriale. Anzitutto l’innovazione digitale, per noi, deve avere un segno: progettare nuovi prodotti e servizi, promuovere opportunità disponibili per tutte le persone, migliorare il lavoro e la qualità della vita e sviluppare ambienti e comunità più aperte e pulite. La “twin transition” infatti cambia la finalità dell’agire imprenditoriale di ogni soggetto: non più orientato al solo profitto ma in grado di generare il benessere delle persone e dei territori e di sviluppare una cultura di responsabilità sociale verso le generazioni future e il pianeta. In sintesi, la messa in pratica di valori e principi cooperativi: intergenerazionalità e sostenibilità nelle sue accezioni sociali, ambientali ed economiche.
Il concetto di ‘twin transition’, letteralmente ‘transizione gemella’, fa riferimento ai due temi paralleli della transizione ecologica e digitale che trovano la massima efficacia quando si intersecano.
Il cooperativismo di piattaforma è un’alternativa al capitalismo delle piattaforme: ma è un’opzione davvero possibile? E l’Italia avrebbe le carte in regola?
Intanto partiamo dal significato delle parole: per noi esistono cooperative (soggetti) che fanno uso di piattaforme (strumenti) per realizzare le proprie attività imprenditoriali. Come ha recentemente ricordato il presidente dell’International Cooperative Alliance (ICA) Ariel Guarco – intervenendo in occasione del 41esimo Congresso di Legacoop Nazionale – esistono già molti casi di piattaforme che dimostrano l’efficacia del modello cooperativo applicato al digitale. Proprio le piattaforme digitali rappresentano un esempio del perché l’innovazione vada interpretata in ottica cooperativa: i grandi player internazionali ragionano in ottica estrattiva (in cambio di un servizio reso utilizzano i dati raccolti per scopi privati). Noi invece partiamo dall’idea che il dato è di proprietà di chi lo produce, ossia le persone: un approccio all’uso dei dati che li identifica quali “beni comuni” e che – in quanto tali – devono essere condivisi e utilizzati per finalità pubbliche e mutualistiche. Inoltre, nello specifico cooperativo, sia l’uso dei dati che il funzionamento dell’algoritmo che governa la piattaforma sono parte dell’esercizio dei diritti proprietari di soci e socie, quindi devono essere noti e sottoposti alla loro approvazione per poter essere utilizzati e applicati. Ancora di più: un uso corretto dei dati e della piattaforma potrà migliorare e sviluppare forme nuove e consapevoli di partecipazione alla governance dell’impresa. Un mutamento tanto epocale quanto necessario.
In questo contesto in fermento quale ruolo svolge la Fondazione Pico?
Noi vogliamo dare la possibilità a tutto il sistema delle micro, piccole medie imprese cooperative di sviluppare nuovi modelli di business, anche grazie a collaborazioni con le grandi imprese cooperative, di cui conosciamo la propensione alla digitalizzazione e da cui abbiamo imparato molto in questi anni. Promuoviamo così la cooperazione tra cooperative e offriamo servizi gratuiti al sistema delle nostre aderenti, coerentemente con il patto associativo sottoscritto al momento dell’adesione. In questo modo stiamo sfatando miti e pigrizie imprenditoriali: chi lo ha detto che l’innovazione digitale costa tanto e che solo le realtà “grosse” possono farla? Noi pensiamo invece che occorra essere grandi, quindi saperla usare con intelligenza e maneggiarla con cura, poiché come anticipato l’innovazione digitale può comportare anche notevoli rischi. Tutte le nostre iniziative sono dunque rivolte prima di tutto alla creazione di una nuova cultura imprenditoriale innovativa e sostenibile presso le cooperative italiane. Le diffondiamo grazie a una rete di sedi territoriali (i Nodi PICO), attualmente presenti in 14 regioni italiane, oltreché al supporto di 21 partner provenienti prevalentemente dal mondo cooperativo e selezionati sulla base di appositi criteri di comprovata esperienza pluriennale nello sviluppo di tecnologie, progetti e servizi innovativi e digitali.
Quali progetti avete messo in campo?
La Fondazione PICO è il primo Digital Innovation Hub (DIH) cooperativo. In questa direzione, realizziamo attività di: sensibilizzazione sull’applicazione delle tecnologie alla specificità cooperativa; supporto per individuazione di appositi incentivi; formazione di nuove competenze; sviluppo di progetti innovativi su misura. Un risultato importante è stato la creazione di Cooperazione Digitale, progetto realizzato dall’Alleanza delle Cooperative Italiane e sostenuto con un fondo di 3,5 milioni di euro finanziato da Google.org, la divisione filantropica di Google. L’iniziativa, in particolare, è gestita dall’Associazione Economia Sociale Digitale, un Hub partecipato da tre soci rappresentativi del mondo dell’innovazione dell’Alleanza delle Cooperative italiane, inclusa la Fondazione PICO per Legacoop. Insieme, in seguito a una prima call da 1 milione di euro, abbiamo raggiunto 20.000 beneficiari – tra soci e dipendenti – coinvolto 136 imprese e finanziato 75 progetti di trasformazione digitale. Questo lavoro ha dimostrato che sempre più cooperative, incluse le più piccole, sono in grado di popolare il mercato con servizi innovativi e tecnologie anche complesse, rimanendo fedeli alla loro natura mutualistica.
È quello che avete definito “Neo mutualismo digitale”. Ci può dire di più al riguardo?
Per le imprese cooperative i processi di trasformazione digitale hanno delle finalità molto più articolate e complesse rispetto a quelle delle imprese tradizionali: non solo aumentare efficienza e produttività, ma anche innovare e potenziare il cuore dell’identità e del patto mutualistico. Oltre alle attività tipiche di un DIH (Digital Innovation Hub), ci siamo quindi dotati di un Comitato Scientifico con ricercatrici e ricercatori provenienti da oltre 15 Atenei e Centri di Ricerca italiani, al lavoro per portare i valori cooperativi nel digitale. Le loro riflessioni hanno condotto alla realizzazione del “Manifesto del neo mutualismo digitale”; un vero e proprio manifesto per individuare strumenti concreti e permettere a tutte le cooperative di sviluppare nuovi modelli imprenditoriali basati sui principi cooperativi e utilizzare le tecnologie per migliorare la governance di impresa. I prossimi passi saranno: costruire modelli e strumenti per tradurre la trasformazione digitale delle imprese cooperative in statuti e regolamenti, oltre a condurre uno studio per la ricerca sulle migliori pratiche già in uso presso le cooperative italiane, così da favorirne la diffusione e la conoscenza in tutto il mondo cooperativo.