Il Global Gender Gap Index (indice globale del divario di genere) è lo studio a livello mondiale che periodicamente valuta lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere in quattro dimensioni chiave (partecipazione economica e opportunità, risultati scolastici, salute e sopravvivenza ed emancipazione politica). Si è cominciato a fare nel 2006 con un campione di 102 Paesi che è sempre rimasto lo zoccolo duro dell’analisi, ma l’ultima edizione ha messo a confronto 146 Stati. Ovviamente vi sono situazioni molto differenti nel mondo, che lo studio misura secondo una serie di criteri e punteggi da 0 a 100, punteggi che possono essere interpretati come la distanza percorsa verso la parità (cioè la percentuale del divario di genere che è stata colmata) e che costituiscono una sorta di classifica. Il confronto tra i Paesi permette di identificare le politiche più efficaci per superare i divari di genere.
Oltre ai dati complessivi, lo studio fornisce anche i dati di ogni singolo Paese partecipante all’indagine.
Dopo anni di tendenza al miglioramento, per quanto lento, gli ultimi anni di crisi globali, pandemia e sue ricadute, hanno rallentato il percorso verso la parità di genere: complessivamente, solo il 68,1% del gender gap è stato colmato, delle 146 economie mondiali esaminate, solo 1 su 5 è riuscita a ridurre il divario di genere di almeno l’1% nell’ultimo anno.
Rispetto all’anno scorso, inoltre, le percentuali sono salite solo minimamente (il divario è passato da 136 a 132 anni). Anche i dati poco confortanti dell’Italia hanno contribuito a questa sistuazione, considerando che le nostre lavoratrici sono state tra quelle che hanno pagato il prezzo più alto della pandemia in Europa.
“Il costo della crisi sta colpendo le donne in modo sproporzionato, dopo lo shock della perdita del mercato del lavoro durante la pandemia e la continua inadeguatezza delle infrastrutture di assistenza. Di fronte a una ripresa debole, il governo e le imprese devono compiere due serie di sforzi: politiche mirate per sostenere il ritorno delle donne alla forza lavoro e lo sviluppo dei talenti femminili nelle industrie del futuro. Altrimenti, rischiamo di erodere definitivamente i guadagni degli ultimi decenni e di perdere i futuri ritorni economici della diversità”, ha detto Saadia Zahidi, Direttore Generale del World Economic Forum.
A livello mondiale serviranno ancora 132 anni per colmare il gap (divario, distacco, disparità) di genere: anche se si tratta di 4 anni in meno rispetto ai 136 stimati nel ranking 2021, l’obiettivo virtuoso è ancora lontano.
Per l’Europa il gap potrebbe essere colmato fra 60 anni, 59 anni per il nord America, mentre la distanza dall’obiettivo è maggiore per altre aree del mondo.
I Paesi più vicini alla parità di genere
Nessun Paese ha ancora raggiunto la piena parità di genere, ma le prime 10 economie mondiali hanno raggiunto almeno l’80% dell’obiettivo, con l’Islanda (90,8%) in testa alla classifica globale che rimane l’unica economia ad aver colmato più del 90% del gender gap. Altri Paesi scandinavi come la Finlandia (86%, 2°), la Norvegia (84,5%, 3°) e la Svezia (82,2%, 5°) figurano nella top 5, con altri Paesi europei come l’Irlanda (80,4%) e la Germania (80,1%) rispettivamente in 9° e 10° posizione. Anche i Paesi dell’Africa subsahariana, Ruanda (81,1%, 6°) e Namibia (80,7%, 8°), insieme a un Paese dell’America Latina, il Nicaragua (81%, 7°), e a un Paese dell’Asia orientale e del Pacifico, la Nuova Zelanda (84,1%, 4°), si posizionano nella top 10. Il Nicaragua e la Germania entrano nella top 10 nel 2022, mentre la Lituania (79,9%, 11°) e la Svizzera (79,5%, 13°) escono quest’anno.
L’Italia e la parità di genere
L’Italia è al 63simo posto della classifica, una posizione non dissimile da quella degli scorsi anni, segno che non ci sono stati progressi rilevanti.
A livello di Europa l’Italia è 25esima su 35 Paesi, laddove le nostre vicine Spagna e Francia risultano rispettivamente 17esima e 15esima, mentre la Germania occupa addirittura la decima posizione a livello mondiale.
Gender gap nel settore del lavoro
La parità di genere a livello globale per quanto riguarda la partecipazione alla forza lavoro è in lento declino dal 2009, secondo il Global Gender Gap Index. Una tendenza, acuita dalla pandemia, tanto che di conseguenza, nel 2022, la parità di genere nella forza lavoro si attesta a 62,9%, il livello più basso registrato dalla prima compilazione dell’indice.
Il quadro è più roseo quando si parla di donne in posizioni dirigenziali nelle organizzazioni. Secondo i dati estratti da LinkedIn relativi a 23 economie leader, dal 2016 le donne sono state assunte in ruoli di leadership in numero crescente. Mentre la percentuale di donne assunte in ruoli dirigenziali era del 33,3% nel 2016 in questo gruppo di Paesi, è aumentata al 36,9% nel 2022. I progressi si sono arrestati durante la pandemia, con la percentuale annuale di donne assunte in ruoli dirigenziali che si è mantenuta al 35% tra il 2019 e il 2020, per poi aumentare al 36% nel 2021.
Questo progresso generale, tuttavia, nasconde differenze tra i vari settori. Tra i settori che hanno assunto la quota più alta di donne in posizioni dirigenziali nel 2021 vi sono le organizzazioni non governative e associative (54%), l’istruzione (49%), il governo e il settore pubblico (46%), i servizi alla persona e il benessere (46%), i servizi sanitari e di assistenza (46%) e i media e le comunicazioni (46%). Al contrario, sei settori assumono un numero significativamente maggiore di uomini rispetto alle donne in posizioni di leadership nel 2021: tecnologia (30%), agricoltura (28%), energia (25%), supply chain e trasporti (25%), produzione (22%) e infrastrutture (21%).
Il report completo è disponibile al seguente LINK.