Molti osservatori pensavano che la tribolata CSDDD (o CS3D) non sarebbe riuscita a passare l’approvazione dei parlamentari distratti dalle prossime elezioni. E invece sì, sebbene ridimensionata nella sua portata, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive è stata approvata dal Parlamento europeo lo scorso 24 aprile, che ancora dovrà essere formalmente adottata dall’Unione.
La direttiva imporrà obblighi legali senza precedenti alle aziende in relazione a questioni ambientali e tutela dei diritti umani nella loro catena di fornitura. La versione finale della CSDDD, quella approvata, ha subito significative modifiche rispetto alla proposta originaria (che era già il frutto di diversi anni di contronti), a seguito di ostracismo da parte di alcuni Stati e alcune lobby, per le quali gli impegni in capo alle aziende sarebbero davvero troppo elevati per quanto teoricamente giusti.
L’obbligo per le aziende di identificare, valutare, prevenire, mitigare, affrontare e rimediare agli impatti sulle persone e sul pianeta – che vanno dal lavoro minorile e dalla schiavitù all’inquinamento e alle emissioni, alla deforestazione e ai danni agli ecosistemi – nella loro catena di approvvigionamento a monte e in alcune attività a valle come la distribuzione e il riciclaggio rappresenta il contenuto della CSDDD.
Il compromesso che è stato trovato nella versione approvata dal Consiglio lo scorso marzo è stato di ridurre il numero di società obbligate, innalzando le soglie di quelle coperte dalla nuova legislazione ad aziende con almeno 1.000 dipendenti, prima era 500; e a quelle con ricavi superiori a 450 milioni di euro, prima era 150 milioni. Le nuove soglie ridurrebbero di circa due terzi il numero di società che rientrano nel campo di applicazione della CSDD. Sono state eliminate anche le soglie più basse che erano state introdotte per i settori ad alto rischio.
Ulteriori modifiche di compromesso hanno previsto l’introduzione graduale della direttiva, a partire dalle aziende con più di 5.000 dipendenti e ricavi superiori a 1,5 miliardi di euro nel 2027, seguite da quelle con più di 3.000 dipendenti e 900 milioni di euro di ricavi nel 2028, e per tutte le altre aziende che rientrano nell’ambito di applicazione della legge nel 2029.
La revisione della CSDDD ha inoltre eliminato l’obbligo per le aziende di promuovere l’attuazione dei piani di transizione climatica attraverso incentivi finanziari. Le aziende dovranno comunque sviluppare e attuare obiettivi climatici e piani di transizione per allineare la loro strategia e i loro modelli di business all’obiettivo di 1,5°C dell’Accordo di Parigi.
I nuovi requisiti di due diligence si applicano non solo alle azioni dirette dell’azienda, ma anche alle sue filiali e alla sua catena di approvvigionamento. Le aziende con sede nell’UE, così come le aziende extra-UE che conducono un determinato livello di attività nell’UE, potrebbero diventare responsabili delle azioni dei loro fornitori.
Prossimi passi sono il passaggio senza danni al Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, noto come COREPER, che voterà il 15 maggio. Il 23 maggio si terrà la votazione finale da parte del Consiglio Competitività, noto come COMPET. Una volta adottata dall’UE, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale europea, gli Stati membri avranno due anni di tempo per attuare la direttiva a livello nazionale.
Il WWF ha invitato gli Stati membri dell’UE in seno al Consiglio a concedere rapidamente l’approvazione finale, aprendo la strada all’entrata in vigore della legge. “L’appoggio convinto dei parlamentari di tutta l’UE e dei vari gruppi politici riflette la necessità impellente e l’ampio sostegno della società e delle imprese alla legge sulla due diligence”, ha dichiarato Uku Lilleväli, responsabile delle politiche per la finanza sostenibile presso l’Ufficio per le politiche europee del WWF.
Foto di copertina: Johannes Pokorn su Unsplash