Restituire alla società e al territorio parte del proprio fatturato, creando così un circuito virtuoso in cui ci guadagnano aziende, dipendenti e ambiente. Non è utopia, è quello che gli inglesi chiamano ‘giveback’, letteralmente “restituire o dare indietro”. Ispirandosi a questo concetto nasce ComeBack (parola sinonimo di giveback, ma meno frequente), una società innovativa che mette a disposizione una piattaforma digitale per gestire queste somme di denaro che “ritornano” dalle aziende ai lavoratori e alle associazioni che si occupano del benessere sociale. L’idea è semplice: attraverso il sito online, completamente gratuito, si mettono in comunicazione clienti di diversi settori con i loro fornitori ai quali viene chiesto di restituire l’1,5 per cento dei ricavi (chiamato ComeBack) sugli importi degli ordini. Cosa accade con questa percentuale? L’azienda che richiede il ComeBack usa questa somma per finanziare iniziative di welfare aziendale* oppure per dare fondi ad associazioni e fondazioni.
*Welfare aziendale: insieme di iniziative, servizi, benefit dell’azienda a favore dei propri dipendenti
Come funziona Comeback
Facendo un esempio pratico, se un’azienda informatica compra 10 mila euro di software da un suo fornitore registra l’ordine sulla piattaforma e gli chiede di restituire l’1,5 per cento dell’ordine, quindi 150 euro. Accumula così un salvadanaio che può utilizzare per finanziarie il welfare aziendale oppure per sostenere associazioni benefiche. Il fornitore del software potrà a sua volta chiedere il comeback ad altre aziende con le quali ha relazioni commerciali, innescando un circuito virtuoso. Il cliente che ha comprato il software pagherà una fattura a ComeBack pari allo 0,3 per cento dell’importo dell’ordine (30 euro). Ma anche la piattaforma contribuisce a questa economia di scambio: donerà un sesto (5 euro) a un’associazione a sua scelta.
Comeback è una società benefit
Comeback è nata poco prima della pausa forzata imposta dalla pandemia, tra Cernusco sul Naviglio e Sesto San Giovanni, e il suo percorso per diventare società benefit era già segnato fin da subito, così a giugno 2021 ha ottenuto lo status giuridico. “È stata una pura formalità – ha spiegato il fondatore e amministratore delegato Domenico De Liso – abbiamo soltanto dato una forma giuridica al nostro scopo di business. Il nostro focus è sempre stato di portare valore al territorio, trasferire parte delle ricchezze delle imprese nel contesto in cui operano, attraverso due canali: il welfare aziendale e le donazioni alle associazioni. La piattaforma ComeBack fa da punto di unione e di dialogo tra aziende e la catena di fornitori, da tramite per il trasferimento di denaro al territorio e alla società”.
Come è nata l’idea di Comeback?
“Per 18 anni ho fatto il direttore commerciale in ambito metalmeccanico – spiega De Liso – nel quale esiste una pratica consueta che si chiama year-end-rebate (la richiesta di uno sconto a fine anno, di solito intorno al 3-5 per cento di tutto il fatturato da parte del fornitore). Ho sempre considerato questa formula antipatica, poco etica, perciò ho deciso di darle uno scopo più elevato e di digitalizzare questa procedura attraverso una piattaforma unica in Europa. Ho deciso di chiedere poco a tutti, anziché tanto a pochi, e creare un circuito virtuoso che può alimentare le buone pratiche di welfare e finanziare associazioni e fondazioni. Ho un fratello con disabilità e conosco bene il mondo delle associazioni benefiche che hanno sempre grandi problemi di liquidità”.
Come è stata accolta l’idea dal mercato? Qual è stata la risposta dei clienti?
“L’anno 2020 è stato un anno particolare per la pandemia – aggiunge l’amministratore delegato – e sono saltati i nostri piani marketing. A novembre 2020, però, abbiamo vinto il Premio Change The World Startup 2020, indetto da Fortune Italia, come migliore startup in ambito innovazione sociale sul tema lavoro. Questo ci ha dato molta visibilità e tante aziende si sono interessate alla nostra piattaforma. A fine 2020 abbiamo ottenuto l’adesione di Engie Italia, il primo grande cliente in ambito energia, da lì si sono creati 1.500 contatti in meno di 6 mesi. Attualmente sono circa 60 tra clienti e fornitori iscritti sulla piattaforma, mentre oltre 100 le aziende con le quali è aperto un dialogo, la maggior parte delle quali sono grandi imprese”.
Il fattore etico può essere, quindi, un elemento di competitività e business?
“Per fortuna si sta capendo sempre più l’importanza delle relazioni – conclude Domenico De Liso – con i propri dipendenti, che si ottengono investendo sul welfare aziendale, con i propri fornitori, attraverso la fidelizzazione, con il territorio e l’ambiente circostante, contribuendo a finanziare attività benefiche. Il nostro sistema può essere un’alternativa ai tradizionali strumenti di pubbliche relazioni (eventi, fiere) che ora sono stati sospesi, oppure agli omaggi aziendali, vietati dalla maggioranza delle policy delle imprese. Mettiamo a disposizione un sistema innovativo e in linea con le nuove normative. Inoltre, il cliente è incentivato anche dalla detrazione dalle tasse, perché si configura come attività di sponsorizzazione. L’idea di dare indietro parte di quello che si produce può davvero fare la differenza nel business”.
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