La chiamano ‘tripla crisi planetaria‘ ed è quella che riguarda il clima, la biodiversità e il degrado dei suoli. Secondo il rapporto “Stato della Finanza della Natura” dell’Unep, l’agenzia per l’ambiente dell’Onu, per far fronte a queste emergenze gli investimenti in questa direzione dovranno triplicare da qui al 2030 e quadruplicare al 2050: in 10 anni bisognerà arrivare a 400 miliardi annui, e in 30 anni a 536 miliardi annui, con una spesa complessiva nel trentennio di 8.100 miliardi di dollari.
“La perdita di biodiversità sta già costando all’economia globale il 10% della sua produzione ogni anno. Se non salviamo la natura ora, non saremo in grado di raggiungere lo sviluppo sostenibile”, ha detto il direttore esecutivo dell’UNEP, Inger Andersen.
Da dove arrivano questi soldi?
Tali investimenti sono generalmente per la maggior parte a carico degli Stati, per esempio nel 2020 su un totale investito di 133 miliardi di dollari, l’86% è stato a carico dei governi e il 14% proveniente da finanza privata (18 miliardi). Secondo l’Unep, solo la riforestazione richiederà da qui in avanti 203 miliardi di spesa annua.
Il rapporto sottolinea che solo il 2,5% degli stimoli economici messi in cantiere per il dopo-pandemia riguarda la natura. Per questo l’Unep, si legge nel rapporto “sollecita i governi, le istituzioni finanziarie e le imprese a superare questo gap di investimenti, mettendo la natura al centro delle decisioni economiche nel futuro”.
“Il rapporto è un campanello d’allarme e un appello per i governi, le istituzioni finanziarie e le imprese a investire nella natura – tra cui la riforestazione, l’agricoltura rigenerativa e il restauro del nostro oceano”, ha concluso Inger Andersen.