Fare il meglio con quello che si ha, la svolta green parte dai piccoli gesti

L’intervista a Lara Botta, una delle dieci Tecnovisionarie 2020

Una rivoluzione green. È la promessa con la quale si appresta a iniziare il 2021: maggiore attenzione non soltanto all’ambiente in sé ma soprattutto all’impatto ambientale delle scelte economiche e sociali. Tanto è stato fatto dalle aziende italiane, ma tanto ancora c’è da fare per raggiungere i livelli di sostenibilità auspicati e, nello stesso tempo, per assicurare maggiore competitività a livello internazionale al tessuto produttivo del nostro Paese. La vera rivoluzione sta nell’introdurre una visione a lungo termine, un approccio sistemico al concetto di ciclo di vita dei beni.

Vanno in questa direzione anche le decisioni adottate di recente a livello comunitario e l’impianto tecnico normativo che regolamenta la gestione dei rifiuti. Dal primo gennaio 2021, ad esempio, cambieranno alcune regole sulla classificazione dei rifiuti urbani e la gestione di quelli di attività artigianali e commerciali, ma soprattutto verrà adottato il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti che spingerà i produttori a pensare beni e servizi nel loro intero ciclo di vita (Life Cycle Assessment), superando il concetto “from cradle to grave” (usa e getta). Una buona prassi che diventerà vero e proprio principio di legge. L’obiettivo è di dimezzare la quantità di rifiuto urbano destinata alla discarica entro il 2035, che ora ha un valore medio del 22 per cento.

Sono i pilastri dell’economia circolare che non può prescindere dalla ricerca e dallo sviluppo tecnologico. Quest’anno anche il premio “Tecnovisionarie” di Women&Tech è stato consegnato a donne che si sono distinte nell’interpretazione dell’economia circolare attraverso l’innovazione. Giunto alla 15esima edizione, il riconoscimento internazionale, promosso da Women&Tech, associazione Donne e Tecnologie, viene dato a imprenditrici, ricercatrici, esponenti del mondo accademico, della pubblica amministrazione e del settore della comunicazione che fanno la differenza per la loro visione innovativa e per l’attenzione alla trasparenza, all’etica e alla sostenibilità ambientale e sociale. Sono donne che non aspettano il futuro, ma lo disegnano e si rendono protagoniste.

Abbiamo incontrato una delle tecnovisionarie dell’edizione 2020, per farci raccontare la sua visione di futuro green. Lara Botta, Business development & Innovation manager della Botta Packaging, l’azienda di famiglia che da oltre 70 anni produce scatole e imballaggi in cartone ondulato. Ha iniziato la sua carriera alla Roche, dividendosi tra Londra e la Svizzera, dopo aver conseguito un Master in Sociologia dei generi presso l’Università di Edimburgo. Dopo dieci anni di lavoro all’estero, ha deciso di rientrare in Italia, misurandosi con la difficile sfida di guidare lo sviluppo di iniziative di crescita, di innovazioni tecnologiche, internazionalizzazione e di nuove linee di business in un’azienda a conduzione familiare. Grazie alla sua sensibilità per la sostenibilità e la responsabilità sociale, la Botta Packaging si è specializzata in soluzioni di packaging innovative ed ecologiche, aggiudicandosi il riconoscimento “Italian Eco Pack” del Politecnico di Torino e quello come “Esperti di packaging sostenibile” da Comieco (Consorzio Nazionale Riciclo Carta).

Uno dei progetti di cui Lara va più fiera è Instapack.me, il portale evoluto di e-commerce, grazie al quale l’azienda di Trezzano Sul Naviglio è entrata a far parte delle 11 realtà italiane selezionate nella Europe’s 100 Digital Champions del Financial Times.

Cos’è per te essere una “tecnovisionaria”?

“Avere una visione, cercare di guardare oltre, capire dove sta andando il mercato, utilizzare la tecnologia e tutto quello che è disponibile per arrivare dove gli altri non ci sono ancora e più velocemente. Essere al passo, non solo con la tecnologia, ma anche con persone e settori integrati. Vedere al di là del proprio naso. Bisogna mettere in conto che dietro al successo ci sono anche tanti insuccessi, perciò bisogna avere una visione a lungo termine e onnicomprensiva”

Cosa ci vuole per passare dalla visione all’innovazione? Quanto è difficile la realizzazione di un’idea?

“È sicuramente difficile per tante aziende piccole perché vedono l’innovazione come una barriera, creata dalle disponibilità di budget. Uno dei concetti a me più cari e che cerco di applicare è quello del frugal innovation (trovare soluzioni improvvisate e geniali per risolvere problemi o circostanze avverse con strumenti semplici e quotidiani, ndr) che nasce dai Paesi in via di sviluppo dove, non potendo contare su infrastrutture e risorse, ci si affida al pensiero laterale. Ho cercato di portare questo modo di fare innovazione, di fare il meglio con quello che si ha, anche nelle piccole e medie imprese italiane e nella mia azienda di famiglia”.

La tua è il tipico esempio di Pmi italiana a conduzione familiare. Quanto è stato difficile introdurre un modo diverso di pensare, soluzioni disruptive?

“Sono andata avanti per la mia strada e ho provato a ricavare il mio spazio. Con la sperimentazione ho cercato di dimostrare agli altri i risultati concreti. Il cambiamento spaventa: un tempo il lavoro era sempre uguale per intere generazioni, ora devi fare innovazione continua, devi evolverti per rimanere nel mercato”.

La prima innovazione che hai portato in azienda?

“Instapack.Me è un progetto di e-commerce avanzato, una specie di magazzino virtuale che sfrutta una tecnologia chiamata RPA che automatizza le attività ripetitive. In pratica abbiamo messo insieme tutto ciò che nel settore imballaggi è già disponibile a livello nazionale e lo offriamo sul nostro portale, consegnando in 24/48 ore in tutta Italia e consentendo la possibilità di personalizzare l’ordine. Così viene efficientata la catena di produzione e distribuzione. Oltre a Instapack.Me ci sono altri progetti che rientrano nell’idea di economia circolare. Noi realizziamo scatole che sono per loro natura sostenibili, ma ci stiamo concentrando anche sulla parte della logistica, dell’imballo e del trasporto affinché siano sempre più green. Tra i servizi che offriamo gratuitamente c’è il “Calcolatore pallet”, un algoritmo che ti permette di sapere in anticipo l’ingombro a magazzino e di ottimizzare spazi e trasporto. C’è una grande attenzione anche alle esigenze del cliente e cerchiamo di offrire soluzioni sempre più sostenibili. La scatola è sempre stata reputata una commodity, adesso, con il boom dell’ecommerce, il packaging ha acquisito una valore maggiore ed è importante sia per il nostro cliente sia per l’utente finale offrire soluzioni all’avanguardia ed ecosostenibili”.

Tutto quello che è accaduto quest’anno, la pandemia, ha fatto sviluppare una maggiore sensibilità verso l’ambiente?

“Per quanto riguarda il nostro settore, la pandemia ha incentivato gli acquisti online e i brand hanno dovuto prestare più attenzione all’imballaggio e questo non può prescindere da una maggiore attenzione all’impatto ambientale”.

Un altro ambito su cui concentri le tue energie è quello della riduzione degli stereotipi di genere. Come porti avanti questa battaglia?

“Faccio parte del gruppo Giovani Imprenditori di Assolombarda e ho ricoperto diversi incarichi fino a diventare vicepresidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria. Ho dedicato un grande impegno a progetti volti alla valorizzazione delle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) nelle giovani ragazze, perché purtroppo sono ancora discipline ad appannaggio maschile, a causa di un retaggio culturale. Sono convinta che ora perdiamo tanti talenti potenziali mentre in questo momento storico abbiamo un grande bisogno di eccellenze. Pensiamo, ad esempio, al settore dell’Intelligenza Artificiale, ci sono ancora poche donne e dobbiamo lavorare affinché queste disparità di genere si annullino”.

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