La fotografia che emerge dal Global Gender Gap Report 2021, stilato dal World Economic Forum, parla di un’altra generazione di donne che dovrà rimanere in attesa della parità di genere, complice anche l’impatto della pandemia Covid-19. Il Report, introdotto nel 2006, fornisce lo stato dell’arte dell’ampiezza e della portata della divario di genere in tutto il mondo anno per anno.
Se da un lato i dati del 2021 sono incoraggianti, dall’altro emerge un quadro sul quale le pennellate da tracciare sono ancora molte.
Cosa prende in esame il Gender Gap Report
Per disegnare uno scenario completo, il Global Gender Gap Index prende in esame quattro dimensioni: partecipazione e opportunità economiche, rendimento scolastico, salute e sopravvivenza ed empowerment politico. Queste sono poi analizzate sulla base dei progressi fatti per colmare i divari di genere.
Nell’edizione 2021, a confronto ci sono ben 156 paesi, per dare una fotografia quanto più ampia possibile, con il solito metodo dei punteggi su una scala da 0 a 100: i punteggi possono essere interpretati come la distanza dalla parità, cioè la percentuale del divario di genere che è stata colmata.
Gender Gap 2021: a che punto siamo
Partendo dalla situazione globale, il Gender Gap risulta colmato per il 68%, quasi un punto percentuale in meno rispetto al 2020. A farsi sentire, un calo delle prestazioni dei grandi paesi che ancora non può essere controbilanciato da quelle dei paesi minori. A ogni modo, questo ci dice che dovranno ancora passare altri 135,6 anni per colmare il divario di genere a livello mondiale.
Tra le dimensioni prese in analisi, il divario di genere nell’empowerment politico rimane quello più profondo: fino a oggi è stato chiuso solo del 22% e anzi si è ulteriormente ampliato dal 2020 di ben 2,4 punti percentuali. Ma cosa significa in soldoni? Nei 156 paesi analizzati, le donne rappresentano solo il 26,1% di circa 35.500 seggi parlamentari e solo il 22,6% di oltre 3.400 ministri. Un dato ancor più allarmante è quello che ci dice che, al 15 gennaio 2021, in 81 paesi non c’è mai stata una donna capo di stato. Al ritmo attuale, il World Economic Forum stima che ci vorranno 145,5 anni per raggiungere la parità di genere in politica.
Subito dopo, il Gender Gap più rilevante è quello della partecipazione e delle opportunità economiche. Secondo i risultati dell’indice di quest’anno, finora è stato colmato solo il 58% di questo divario, che ha comunque visto un miglioramento marginale dal 2020: si stima che per vederlo chiuso del tutto, con i ritmi di miglioramento attuali, dovremo attendere altri 267,6 anni.
Un risultato che sarebbe frutto di due tendenze opposte. Da un lato, fa ben sperare la proporzione di donne tra i professionisti qualificati che continua a incrementare, così come i progressi verso la parità salariale, che comunque procedono a un ritmo meno sostenuto. D’altra parte, permangono le disparità di reddito complessive, così come una persistente mancanza di donne in posizioni di leadership. Un dato su tutti lo mette a fuoco e non necessita di ulteriori spiegazioni: le donne rappresentano solo il 27% di tutte le posizioni manageriali.
Eppure lo aveva cristallizzato bene Carlos Ghosn, Presidente di Renault-Nissan Alliance: “Assumere e promuovere donne di talento è la cosa giusta da fare per la società – ed è un imperativo economico”. Parole che non hanno ancora trovato un’eco concreta nelle politiche aziendali globali.
Buone notizie invece dai divari di genere di istruzione, salute e sopravvivenza, che risultano quasi colmati. Con riferimento all’istruzione, il Gender Gap è stato colmato a livello globale per il 95%, con 37 paesi giunti alla parità. Tuttavia, sembra che quel 5% che manca sia destinato a procedere lentamente. L’indice stima che, stando all’andamento attuale, ci vorranno altri 14,2 anni per colmare completamente questo divario. Fa ancora meglio salute e sopravvivenza, dove il Gender Gap è stato colmato per il 96%. Sebbene i progressi siano maggiori rispetto all’economia e alla politica, su salute e istruzione lo sguardo è rivolto al futuro e agli strascichi della pandemia, che non sono ancora dati a vedere.
Le regioni in crescita
Con uno sguardo alle singole regioni prese in esame, sono tre quelle che hanno migliorato la propria performance di almeno 0,4 punti percentuali. La medaglia d’oro è del Nord America, che registra un incremento di quasi 3,5 punti percentuali. Seguono poi Medio Oriente, Nord Africa ed Europa occidentale, che dall’ultima edizione hanno chiuso rispettivamente di 0,4 e 0,9 punti percentuali il divario interno.
Se si prendono in esame le dimensioni analizzate, nell’empowerment politico i passi avanti più significativi sono stati fatti dal Nord America. L’Asia ha invece segnato il miglioramento più importante in materia di partecipazione e opportunità economiche. Gradino più alto del podio invece per l’Europa occidentale per quanto concerne il livello di istruzione. In termini di salute e sopravvivenza, solo l’Asia orientale e il Pacifico hanno mostrato una crescita rispetto al 2020.
Il gender gap in Italia
Quando la lente d’ingrandimento si sposta sull’Italia, troviamo il nostro Paese fuori dai primi 50, esattamente al 63° posto su scala globale, con un incremento del 14% rispetto al 2020 che si è tradotto in un avanzamento di 13 posizioni.
Un balzo che è soprattutto da ascriversi alla politica, dove il Bel Paese si classifica 41° – 33° se si tiene conto delle donne nell’esecutivo.
L’altra faccia della medaglia è quella che parla di un divario ancora molto forte nel mercato del lavoro, al quale partecipa solo il 56,5% delle donne, con un gender gap del 25%. Va di pari passo una presenza limitata in ruoli senior e manageriali: le donne occupano solo il 27% delle posizioni più elevate disponibili. Lo Stivale è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda la dimensione Partecipazione economica e opportunità, dove il nostro paese registra il valore più basso.
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