Pechino 2022, Olimpiadi in bilico tra Covid e diritti umani negati

Sotto i riflettori accuse pesantissime alla Cina ma anche l'ipocrisia del Comitato Olimpico

Sono appena finite le Olimpiadi di Tokyo 2020, ma nel mondo dello sport è già ora di pensare al domani, che visto lo slittamento di un anno dei Giochi giapponesi è un domani veramente vicino. Il 4 febbraio 2022, cioè tra soli sei mesi, scatteranno i Giochi Olimpici invernali di Pechino 2022, ma l’evento è già al centro di tante polemiche e molti dubbi.

I secondi sono dovuti, ancora una volta, all’emergenza Covid 19 e ai protocolli previsti dalle autorità cinesi. Come ha sottolineato pochi giorni fa Carlo Mornati, capo delegazione del Team Italia a Tokyo, infatti “i Giochi di Pechino 2022? E’ complicato, la Cina è chiusa non solo per noi ma per tutti. Sarà molto difficile fare quello che abbiamo potuto fare in Giappone. Non ci sono voli, c’è la quarantena per andare e al ritorno. Le due federazioni dello sci e del ghiaccio dovrebbero andare per fare i Test event a due mesi dai Giochi. Lo Sci non vorrebbe andare ad oggi. Se si deve fare la coppa del mondo nessuno può andare. Se non cambiano regole di ingaggio, con questo protocollo non va nessuno”.

La Cina e i diritti umani, un problema “scoperto” solo oggi

Ma è un altro tema a tenere soprattutto banco. La Cina, infatti, è un regime non democratico e già la scelta di Pechino (o Beijing) per ospitare le Olimpiadi invernali (dopo quelle estive del 2008 sempre a Pechino, ndr.) era stata vista con molte perplessità da tanti. Ma negli ultimi anni c’è un tema che ha avuto un’evoluzione preoccupante e tragica e che in questi giorni è stata riportata all’attenzione del Cio (Comitato Olimpico Internazionale) e della stampa. Ed è il genocidio perpetrato ai danni degli Uiguri, una comunità musulmana presente in Cina.

Le accuse nei confronti del regime comunista cinese sono pesantissime. La Cina è accusata di aver utilizzato il lavoro forzato uiguro, aver gestito un programma di sorveglianza di massa, aver detenuto migliaia di persone nei campi di internamento, aver effettuato sterilizzazioni forzate della popolazione e aver distrutto intenzionalmente il patrimonio uiguro. Non solo, perché un rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblicato a gennaio ha affermato nero su bianco che si tratta di un genocidio.

Al termine dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020, nella conferenza stampa del presidente del Cio Thomas Bach, è stato chiesto al numero 1 dello sport mondiale se il Comitato Olimpico avesse intenzione di denunciare l’internamento dei musulmani uiguri in Cina e il genocidio. Una domanda che non ha avuto risposta, con il portavoce del Cio Mark Adams che ha dichiarato che la conferenza stampa sarebbe stata incentrata su Tokyo 2020 e che l’organizzazione avrebbe risposto alle domande quando tornerà a Losanna, la città svizzera dove ha sede il CIO. Una scelta di comodo, evidentemente, e che sposta nel tempo la resa dei conti.

Pechino 2022, e la proposta di boicottare i Giochi invernali

Il silenzio di Bach e del Cio ha scatenato le reazioni di associazioni per la difesa dei diritti umani, in primis il World Uyghur Congress e il Tibet Action Institute. Zumretay Arkin, rappresentante del World Uyghur Congress, ha dichiarato che “l’incapacità del CIO di difendere i diritti umani durante il genocidio in corso contro gli uiguri e le gravi violazioni dei diritti umani in Tibet, Hong Kong, Mongolia meridionale e Cina continentale note in tutto il mondo. Sport e politica saranno sempre interconnessi”. Gli ha fatto eco Lhadon Tethong, direttore del Tibet Action Institute. ”Il CIO ha scelto di ignorare il fatto che la Cina non è un Paese ospitante adatto per i Giochi Olimpici, il che non lascia scelta a governi, sponsor e persino agli atleti di farsi avanti e l’unica linea d’azione rimasta; boicottare Pechino 2022”.

Ma di chi stiamo parlando? Gli Uiguri sono un’etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, soprattutto nella regione autonoma dello Xinjiang, insieme ai cinesi Han. Gli uiguri costituiscono la maggioranza relativa della popolazione della regione (46%). La comunità uigura combatte da anni per l’indipendenza, una battaglia spesso sfociata nel sangue e nella repressione.

Come detto, la Comunità internazionale ha condannato la Cina per la detenzione di un gran numero di uiguri in campi di “trasformazione attraverso l’educazione”, una detenzione giustificata dal regime per prevenire la radicalizzazione e il terrorismo, ma che secondo gli osservatori internazionali la reale motivazione per il governo del presidente Xi Jinping è fermare una rinascita religiosa nella regione. Dal 2014 la Repubblica Popolare Cinese ha perseguito una politica che ha portato oltre un milione di musulmani (la maggioranza dei quali uiguri) a essere detenuti in campi di rieducazione senza procedimento legale in quella che è ritenuta da alcuni come la più grande detenzione di minoranze etniche e religiose dalla seconda guerra mondiale.

In particolare, è stata evidenziata la concentrazione di uiguri nei campi di rieducazione dello Stato (stimata in 1-3 milioni di persone, su circa 11 milioni di uiguri presenti in Cina), la repressione delle pratiche religiose e culturali uigure, l’indottrinamento politico, i gravi maltrattamenti e le testimonianze di violazioni dei diritti umani, tra cui sterilizzazione forzata e contraccezione (il che ha portato molti media a parlare anche di “genocidio demografico”, visto il forte calo del tasso di natalità in aree della Cina con un’ampia fetta di popolazione uigura).

La questione climatica e l’ipocrisia del Comitato Olimpico

Infine, c’è un terzo ambito di scontro sulla scelta di Pechino a ospitare le Olimpiadi invernali nel 2022. Il Comitato Olimpico, infatti, da alcuni anni ha preteso dalle città candidate (e ospitanti) dei Giochi Olimpici di proporre dei piani sostenibili, sia da un punto di vista economico sia ambientale. Parlando di Parigi 2024, infatti, Bach ha dichiarato che “Parigi 2024 sta sperimentando un nuovo modello per la gestione dei Giochi Olimpici, completamente in linea con l’Agenda Olimpica 2020. Il CIO è particolarmente entusiasta di vedere che Parigi 2024 mira a organizzare Giochi positivi per il clima già nel 2024, stabilendo in questo modo il ritmo per i futuri organizzatori”.

Parole che, però, si scontrano con la scelta di Pechino e della Cina a ospitare le Olimpiadi invernali dell’anno prossimo. Secondo uno studio effettuato dal Rhodium Group, infatti, nel 2019 la Cina ha emesso il 27% del totale dei gas serra prodotti a livello globale, al primo posto al mondo. Non solo, perché la Cina è la nazione con le acque più inquinate al mondo. Il tutto senza una politica reale di contenimento dell’inquinamento, visto che le agenzie cinesi per la tutela ambientale devono fare i conti con una cronica mancanza di fondi, autonomia ma soprattutto potere. Gli interessi del governo e degli imprenditori hanno sempre la meglio sulla protezione degli interessi della natura.

Infine, bisogna ricordare che proprio Pechino è tra le 10 capitali mondiali più inquinate al mondo e la prima se si considerano le grandi potenze economiche mondiali. La capitale cinese, infatti, in classifica segue realtà come Nuova Delhi, che è la capitale con più inquinamento atmosferico al mondo, Dhaka, in Bangladesh e Kabul, capitale dell’Afghanistan. Fuori dal podio ci sono Manama, nel Bahrain, Ulan Bator, capitale della Mongolia, Kuwait City, in Kuwait, Kathmandu, nel Nepal e, infine, appunto Pechino. Insomma, tra Covid, diritti umani e clima l’Olimpiade dell’anno prossimo appare sempre più quella con meno spirito olimpico possibile.


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