La plastica continua a essere prodotta senza sosta tanto che, secondo i dati Eurispes 2020, la sua produzione negli ultimi cinquant’anni è aumentata di 20 volte.
Il 47% di quella ritrovata in mare è composta da film, sacchetti e involucri e secondo il National Geographic nel 2050 nuoterà negli oceani più dei pesci.
L’Italia detiene il triste primato, almeno in termini di salvaguardia ambientale, di maggior produttore al mondo di beni di consumo di questo materiale: nel nostro paese spopola tra gli imballaggi di frutta e verdura al supermercato. Secondo Eurispes, ogni anno ne usiamo 2,1 tonnellate, di cui il 76% è destinata al settore Food & Beverage. Se prestiamo sempre più attenzione all’acquisto dei prodotti e ai loro involucri, non possiamo trascurare quel che succede dopo aver consumato la spesa con la conservazione dei cibi. Circa l’80% dei materiali per avvolgere gli alimenti presenti nelle nostre dispense è, infatti, in plastica non recuperabile. Pertanto riciclare non è più sufficiente: è necessario azzerare, o quantomeno limitarne, l’uso dei prodotti usa e getta. Anche di fronte alla priorità di eliminare lo spreco alimentare, non è l’impiego dei “cellophane” la strada giusta da percorrere, ma è necessario trovare alternative. Da sempre i contenitori di vetro sono una risposta ecologica per sigillare, da un lato perchè si possono utilizzare per un tempo illimitato, dall’altro perché evitano il rilascio di tossine nei cibi con cui entrano in contatto.
La soluzione innovativa: bioplastica intelligente
Tra le possibili soluzioni plastic free che si smaltiscono nel bidone dell’umido troviamo le pellicole in bioplastica. I ricercatori del centro ENEA di Brindisi hanno sviluppato addirittura delle biopellicole “intelligenti” che cambiano colore in caso di deterioramento di cibo o che, addirittura, ne prolungano la scadenza. Vengono prodotte con materiali 100% biodegradabili e compostabili ricavati dalla trasformazione degli zuccheri contenuti nel mais e nelle barbabietole.
Come funziona la bioplastica intelligente
Queste bioplastiche sono ricavate dalla trasformazione degli zuccheri contenuti nel mais e nelle barbabietole, mentre i biocompositi sono stati ottenuti aggiungendo alla bioplastica additivi provenienti dagli scarti di lavorazione dei settori agroalimentari. Oltre a essere biodegradabili e compostabili, sono in grado di fornire una risposta specifica all’ambiente con cui il contenitore viene a contatto. Con l’aggiunta di olio di cardanolo (dall’anacardo) e di una molecola, quale la porfirina, queste bioplastiche presentano spiccate proprietà anti-ossidanti e antifungine, molto utili per il packaging alimentare, oltre ad essere in grado di segnalare il deterioramento del prodotto che ricoprono. Sono in grado di avere una reazione attiva con l’atmosfera che li circonda cambiando colore a seconda dell’ambiente acido-base con cui vengono a contatto, diventando così indicatori dello stato di conservazione del prodotto.
Non solo, utilizzando ossido di zinco e alluminio sono state sviluppate biopellicole dalle proprietà antimicrobiche particolarmente adatte per prolungare la scadenza dei prodotti, rimanendo in linea con gli obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari dell’Agenda ONU 2030.
Queste bioplastiche sono un nuovo materiale che per il momento esiste solo nei centri di ricerca dell’Enea e attende di essere trasformata in un prodotto commerciale.
Bioplastiche sul mercato
Negli ultimi anni sono davvero molte le aziende che hanno investito in imballaggi sostenibili che usano materie prime naturali e che non provocano danni né all’uomo né all’ambiente.
Una menzione particolare va a APEPAK, start up che produce l’omonimo tessuto naturale, composto da fibra di cotone (certificato Global Organic Textile Standard, o riciclato dagli avanzi dei laboratori italiani), olio di jojoba, resina di pino e un ingrediente speciale, la cera d’api.
L’involucro è adatto ad avvolgere panini, verdure, ricoprire i barattoli di sugo, teglie, formaggi snack, merende, tuttavia non è utilizzabile per carne cruda e pesce perché il rilascio dei loro succhi rischia di danneggiare la struttura della pezza. E’ malleabile: basta scaldarlo con il calore delle dita per fargli prendere la forma desiderata e adattarlo agli alimenti. Apepack può sostituire la pellicola, la carta paraffinata, i sacchetti per il congelatore, i fogli di alluminio; è lavabile, riutilizzabile fino a 100 volte – dura almeno un anno – e biodegradabile al 100%. Grazie alla cera d’api, naturalmente antibatterica, e alle proprietà dell’olio di Jojoba, che fa respirare gli alimenti, questo panno riesce a migliorarne la conservazione e contribuisce a ridurre gli sprechi.
La storia di Apepak
Il progetto parte nel 2018 da Massimo Massarotto e la moglie Molly Knickerbocker, appassionati di ecologia e di cucina.
Lei americana, lui veneto vivono in California dove la filiera sostenibile è un trend percorso da molti anni. Da oltreoceano nasce l’idea di fondare un’azienda tutta italiana che li ha visti lavorare per due anni a stretto contatto con 200 famiglie e cooperative sociali. Oltre ad essere eco-friendly, infatti, il business di Apepak è etico: la produzione – realizzata a mano – è gestita dalla Cooperativa Sociale L’Incontro Industria 4.0 che impiega persone svantaggiate o in difficoltà: i suoi dipendenti hanno la possibilità di riguadagnare un ruolo sociale nella comunità, producendo un bene che aiuta l’ambiente e riduce gli sprechi nelle nostre case.
Ma quali sono i reali effetti di questo imballaggio plastic free nell’impatto sull’ambiente?
In numeri, Apepack fa risparmiare 1 metro quadrato di plastica al giorno e ogni suo involucro può durare oltre 3 rotoli di pellicola. Legambiente nel 2019 gli ha riconosciuto il premio “Buone pratiche per l’innovazione” per il fatto di essere un prodotto facile da utilizzare, completamente riciclabile e in grado di far risparmiare al pianeta chilometri di plastica, inserendosi con semplicità nelle abitudini di tutti i giorni.
Infine l’azienda sostiene gli apicoltori, divenuti ormai garanti della sopravvivenza delle le api, specie fondamentale per la tutela della biodiversità che dal 2010 continua a subire uno sterminio, anche a causa dell’uso dei pesticidi in agricoltura.
Apepak è acquistabile sul sito dedicato o nei punti vendita di articoli ecologici e che condividono il tema della sostenibilità. L’esperienza di questa giovane start up testimonia come un piccolo cambiamento delle consuetudini quotidiane può certamente contribuire a un’economia circolare, e al sostegno del lavoro etico, se non addirittura essere motore di una possibile rivoluzione dell’industria alimentare nell’eliminare la plastica monouso.