ADHD, cos’è e come individuare i primi segnali

Un problema ancora poco diagnosticato che può impedire ai più giovani la possibilità di frequentare la scuola e affrontare lo studio. Alcuni consigli su come affrontarlo

L’ ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), in italiano DDAI (Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività) è considerato un disturbo del neurosviluppo che si manifesta nell’infanzia e può proseguire nell’età adultà: disattenzione, impulsività e iperattività motoria sono i principali sintomi.

Si stima che ne soffrano il 5% dei bambini e il 2,5% degli adulti. Si ritiene anche che l’ADHD venga sotto-diagnosticato, pertanto i numeri potrebbero essere più elevati. Il 20-60% circa dei bambini con ADHD presenta disturbi dell’apprendimento che interessano la lettura, la matematica o la lingua scritta, e la maggior parte ha problemi scolastici come scarso rendimento dovuto a disorganizzazione o mancato svolgimento dei compiti a casa (capacità esecutive).

Intercettare prima possibile questo disturbo è molto importante, poiché esso può diventare un grande ostacolo allo sviluppo cognitivo, comportamentale e affettivo del bambino, per il suo benessere, fino a impedire che la sua vita anche in età adulta possa esprimersi nel migliore dei modi.

Sintomi dell’ADHD

I sintomi principali sono: disattenzione, disorganizzazione, iperattività. Sono marcati in modo differente a seconda dell’età.

In generale, un bambino affetto da ADHD mostra incapacità di portare a termine i compiti assegnati, difficoltà a mantenere l’attenzione su un singolo stimolo, anche un gioco, mancanza di attenzione ai dettagli, perde oggetti, si distrae e raggiunge facilmente il livello di noia e anche di stanchezza. L’impulsività è un altro tratto, spesso associata a iperattività, che si può esprimere nella difficoltà a concludere operazioni complesse, aspettare il proprio turno, incapacità di rimanere fermi e di valutare le conseguenze di azioni pericolose, interruzione o intromissione verso gli altri, eccessiva loquacità, difficoltà a mantenere il contatto visivo, movimenti agitati e scomposti di mani e piedi.

(fonte ISS)

Iperattività

L’iperattività è certamente il primo marcatore della sindrome ADHD nell’età pre-scolare, mentre già nella scuola elementare emerge maggiormente il disturbo dell’attenzione. Nell’adolescenza, l’iperattività si può trasformare in agitazione, una sensazione più interna di nervosismo, irrequietezza o impazienza. In età adulta, si manifesta più in forma di impulsività e unitamente a disattenzione e irrequietezza, può assumere connotati problematici. Ecco una lista di comportamenti riconducibili a iperattività secondo l’ISS:

  • non riuscire a star fermi
  • agitarsi continuamente
  • parlare troppo
  • non rispettare il proprio turno
  • agire impulsivamente
  • interrompere le conversazioni degli altri
  • alterato senso del pericolo

Disturbo dell’attenzione

Molto spesso è quando un bambino entra alle elementari che viene identificato un disturbo dell’attenzione, caratterizzato da difficoltà soprattutto di attenzione prolungata, concentrazione e capacità di portare a termine le attività, si annoia facilmente. Il bambino farà fatica a seguire le lezioni – specialmente le classiche lezioni frontali – e a svolgere le attività richieste, da solo o in gruppo. Probabilmente sarà spesso richiamato e tenderà a disturbare la lezione.

Sono riconducibili al disturbo dell’attenzione (fonte: ISS):

  • attenzione ridotta e facile distraibilità
  • smemoratezza e attitudine a smarrire gli oggetti
  • incapacità di svolgere compiti noiosi o che richiedano molto tempo
  • incapacità di ascoltare o eseguire le istruzioni
  • cambiare continuamente attività
  • difficoltà nell’organizzazione dei compiti

Questo sintomo può stabilizzarsi un po’ nella prima adolescenza, in alcuni casi, però, può presentarsi un peggioramento, con la comparsa di comportamenti antisociali.

ADHD cause

Le cause non sono ancora del tutto note, ma questo disturbo è considerato multifattoriale, cioè dovuto a più fattori, sia genetici sia ambientali.

La ricerca indica che probabilmente l’ADHD è causato da alterazioni dei neurotrasmettitori (sostanze che trasmettono gli impulsi nervosi al cervello). Alcuni altri fattori di rischio sono basso peso alla nascita (inferiore a 1500 grammi), lesioni craniche, infezioni cerebrali, carenza di ferro, apnea ostruttiva nel sonno ed esposizione a piombo, nonché ad alcol, tabacco o cocaina, prima della nascita. L’ADHD è associato anche a eventi traumatici durante l’infanzia, ad esempio violenza, abuso o incuria. (Fonte: Manuale MSD)

ADHD cure

La cura dell’ADHD è un trattamento solitamente combinato di farmaci psicostimolanti e modifica comportamentale (psicotarapia) o solo di quest’ultima. Si parla di trattamento e non di cura, perché non si rimuove la causa dell’ADHD, che come abbiamo visto, non sono del tutto certe. E’ possibile però, tenere sotto controllo il disturbo: i farmaci possono migliorare la capacità di concentrazione, diminuire l’impulsività, favorire il rilassamento e l’acquisizione di nuove abilità. La psicoterapia aiuta la persona affetta da ADHD a gestire la problematica e i comportamenti, a convivere con il disturbo.

ADHD come riconoscerlo

Questo disturbo deve essere diagnosticato da specialisti. Tuttavia, affinché venga fatto il primo passo di rivolgersi a uno specialista, l’osservazione del bambino da parte dei genitori e di altre persone responsabili della sua cura (parenti, insegnanti, baby sitter, allenatori, educatori,ecc), per verificare se certi comportamenti tipici sono presenti in tutti i contesti, è fondamentale. I sintomi devono anche essere qualcosa non di occasionale o sporadico, ma abituali.

L’Istituto superiore di sanità dice di prestare attenzione non solo al comportamento del bambino o bambina, alle situazioni che si vivono in famiglia, ad esempio occhio a questi problemi:

  • difficoltà a portare a letto il bambino la sera
  • prepararsi per arrivare a scuola in tempo
  • ascoltare e eseguire delle istruzioni
  • organizzare un lavoro
  • partecipare a occasioni sociali
  • fare shopping

ADHD come comportarsi

Come genitori, è spesso difficile prendere atto di ‘qualcosa che non va’ nei propri figli e figlie. Determinati comportamenti sono spesso associati a tendenze del tutto naturali quali vivacità, svogliatezza, distrazione. O, d’altro canto, si può essere anche spaventati da una diagnosi scorretta. Cosa fare dunque?

La prima cosa è cogliere i segnali, osservando il bambino in diversi contesti, non minimizzare e non procastinare, perchè, come spiega la dott.sa Carlotta De Chirico, psicologa specializzata in DSA, esperta di tecniche di apprendimento efficace, un intervento precoce può risolvere il disturbo in modo duraturo. “Vorrei contribuire a ridurre lo stigma che circonda questo disturbo e incoraggiare i genitori a rivolgersi prontamente ad uno specialista in caso di sospetto di ADHD. Il primo passo è, infatti, quello di affidarsi ad un professionista, cioè ad un neuropsichiatra o ad uno psicologo specializzato in neuropsicologia o in disturbi dell’età evolutiva, e richiedere una valutazione. È importantissimo ricevere una diagnosi di ADHD tra l’età prescolare (3-6 anni) e l’età scolare (6-12 anni), così da poter intervenire per tempo e in maniera efficace e duratura. In assenza di una valutazione e di interventi precoci e mirati, l’ADHD può, infatti, andare a minare seriamente il percorso di crescita del bambino e avere effetti negativi per tutto il corso della sua vita, quali un rischio più elevato di abbandono scolastico, una compromissione della salute mentale e difficoltà professionali”.

Nei confronti dei bambini bisogna avere un comportamento comprensivo e ricordare sempre che un bambino con ADHD non può fare nulla per controllare il suo comportamento. Rimproverarlo o dirgli di calmarsi, non serve a niente, anzi. Adottare delle routine, definire degli orari precisi, adottare una dieta sana e priva di stimolanti e zuccheri, far fare molta attività fisica sono dei validi ausili.

ADHD, come affrontare lo studio

Come coinvolgere e motivare i bambini e gli adolescenti con ADHD ad apprendere in modo efficace e quali strategie possono aiutarli?

Carlotta De Chirico, psicologa specializzata in DSA

Carlotta De Chirico, che è anche tutor della piattaforma di e-learning e ripetizioni online GoStudent, ha stilato una lista di consigli pratici e accorgimenti per aiutare gli studenti con disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività a concentrarsi e a far sì che lo studio risulti più piacevole ed efficace.

1) Dedicare uno spazio specifico e tranquillo allo studio

E’ una buona pratica per qualsiasi studente ma, ancora più per i soggetti con ADHD. Un luogo ordinato, ben organizzato e tranquillo, che aiuti la concentrazione. Si consiglia di optare per una stanza luminosa, con luci calde, muri bianchi e pochi elementi che possano causare distrazioni. Sulla scrivania è importante che ci sia solo il materiale necessario per il compito da svolgere.

2) Stabilire una routine e scandire il passare del tempo con un timer

Bambini e adulti hanno una diversa percezione dello scorrere del tempo. Questo è ancora più accentuato nei soggetti con ADHD, che hanno più difficoltà nel percepire la durata di una mansione o di un’attesa: dieci minuti possono, per loro, valere venti e, quando svolgono un compito, non si rendono conto di quanto tempo occorra per portarlo a termine.

Pertanto creare una routine di studio con tempistiche ben definite è, quindi, importantissimo e l’utilizzo di un timer può essere prezioso: infatti, una rappresentazione visiva dello scorrere del tempo può aiutare il bambino ad acquisirne una corretta percezione. Per i ragazzi piú grandi o gli adulti il timer può, invece, essere uno strumento molto efficace per combattere la noia e mantenere alti il livello di attenzione e la motivazione.

3) Creare uno schema di lavoro o uno ‘storyboard’

I bambini con ADHD faticano più degli altri ad organizzarsi autonomamente nella gestione dello studio e dei compiti pomeridiani. Un aiuto concreto è sicuramente quello di andare a creare uno schema di lavoro (uno ‘storyboard’ come nel cinema), in cui delineare punto per punto lo svolgimento e le tempistiche dell’attività di studio: da quale materia iniziamo, con quale continueremo e con quale termineremo. Uno degli aspetti che spesso scoraggiano gli studenti è, infatti, guardare ai compiti da fare come ad una quantità vaga e indefinita di azioni. Utilizzare degli schemi di lavoro permette al bambino di visualizzare i compiti da svolgere, stimarne il tempo richiesto e identificare i passi necessari per procedere e portare a termine ciascuna attività. Inoltre, la rappresentazione grafica degli obiettivi da raggiungere aiuta lo studente a sentirsi più motivato e lo allena ad affrontare i problemi in modo strategico e ordinato.

È, inoltre, fondamentale inserire sempre un’attività piacevole tra un compito e l’altro dello schema di lavoro, così facendo lo studente si sentirà più incentivato a completare ciascuna mansione per poter ricevere la “ricompensa” che gli spetta.

4) Utilizzare la ‘Tecnica del Pomodoro’

Quella del ‘Pomodoro’ è una tecnica che prende il nome dai tipici timer da cucina a forma di pomodoro che si trovavano in molte case italiane ed è un sistema, una sintesi dei precedenti, che fa leva sulla percezione del tempo e una certa organizzazione del lavoro. In particolare, fissa brevi tempi di lavoro (25 minuti), seguiti da piccole pause (5 minuti).

Con i bambini che presentano ADHD è consigliato, almeno all’inizio, di ridurre il tempo dedicato allo studio ad un massimo di 15-20 minuti e, in alcuni casi, anche di aumentare le pause fino ad una durata di 10 minuti.

Dopo aver preparato uno schema di lavoro o un elenco dettagliato di tutte le attività e aver stabilito le tempistiche precise con cui andranno ad alternarsi lavoro e momenti di svago, si imposta il timer. Durante questo lasso di tempo è importante che il bambino non sia soggetto a distrazioni e che l’attenzione sia rivolta esclusivamente ai compiti. Questa tecnica permette al bambino di concettualizzare e quantificare il tempo e di sapere che non sarà vincolato allo studio in modo indefinito. Inoltre, l’alternanza studio-svago, fa sì che i momenti dedicati allo studio, seppur brevi, risultino più efficaci e che le pause vengano percepite dal bambino non solo come attimi in cui riposarsi e ricaricare le batterie, ma anche come gratificazioni per essersi applicato e aver dimostrato concentrazione e impegno.

5) Adottare un approccio allo studio più dinamico e coinvolgente

La noia è il principale nemico degli studenti affetti da ADHD. Il classico “leggi e ripeti” è poco stimolante e inefficace con questi bambini e ragazzi. Per questo è fondamentale che sia gli insegnanti che i genitori si ingegnino per rendere il momento dello studio quanto più dinamico e coinvolgente possibile. In questo senso può rivelarsi molto utile fare ricorso ad elementi visivi, come immagini, filmati e mappe colorate, oppure ad attività interattive e giochi.

Anche le nuove tecnologie o le app educative e di gamification possono contribuire a far sì che l’apprendimento risulti più interessante, stimolante ed efficace. Nel caso dell’utilizzo di computer o tablet, si consiglia di inserire la modalità aerea e di eliminare le notifiche da tutti quei programmi o applicazioni non attinenti allo studio, così da evitare che i dispositivi possano diventare fonte di distrazione, invece che un utile alleato all’apprendimento.

Infine, è bene ricordare che studiare in modo serio non implica necessariamente l’utilizzo di una metodologia “seriosa”. Si possono, infatti, apprendere temi seri, impegnativi e importanti anche in modo piacevole e divertente.

6) Ricorrere ad un supporto esterno individuale e “su misura”

Spesso la scuola tradizionale – caratterizzata da classi molto numerose – non è strutturata per offrire a ogni studente un approccio adattivo e personalizzato. Sono proprio gli studenti più fragili o con difficoltà di apprendimento, come nel caso di bambini o ragazzi con ADHD,  a risentire maggiormente di questa mancanza di personalizzazione nella scuola.

Una soluzione a questo problema, che sul lungo termine può provocare frustrazione nei soggetti con ADHD e portarli persino ad abbandonare gli studi, è affidarsi ad un supporto esterno. Ricorrere ad un tutor privato nel doposcuola – di persona o online – è sicuramente un ottimo modo per permettere agli studenti, anche e soprattutto a quelli con esigenze particolari, di apprendere in modo più efficace, flessibile e stimolante.

7) Premiare i comportamenti positivi

È fondamentale rinforzare e premiare il comportamento adeguato, affinché questo possa ripetersi con più frequenza. Molto importante è anche la formulazione di un feedback preciso: un generico “bravo, molto bene” non aiuta il soggetto a capire quali comportamenti abbia messo in atto correttamente e non spiega al bambino il motivo per cui lo si stia premiando. Quando il genitore o l’insegnante fornisce un feedback è, quindi, bene che espliciti le azioni positive che il bambino ha compiuto, così che questi possa associare una certa azione al gesto di approvazione da parte dell’adulto e migliorare le capacità di autocontrollo–autoregolazione.

8) Lavorare sulla motivazione e l’autostima

Con i bambini affetti da ADHD è fondamentale mostrarsi sempre empatici e non minimizzarne mai gli sforzi: quella che per altri potrebbe essere un’azione banale, per i soggetti con ADHD può essere una conquista e implicare grande fatica e impegno. Per questo è importante gratificarli e celebrarne ogni successo, nella quotidianità così come nella vita scolastica. Ad esempio, essendo impulsivi, disordinati e poco organizzati, i bambini con ADHD hanno spesso difficoltà con la preparazione della cartella e del materiale didattico. Stilare una “check-list”, avvalendosi anche di immagini, può aiutare il bambino a ricordare i vari passaggi e ad imparare a svolgere questa mansione in completa autonomia. È importante partire sempre da azioni semplici e dare ai bambini obiettivi ben definiti e raggiungibili. Riuscire a completare un’azione in modo efficace e senza l’aiuto di un adulto farà sentire il bambino soddisfatto di sé, con effetti positivi sulla motivazione e l’autostima.

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