Qui si fa la storia, ecco il Trattato Onu per salvare gli Oceani

Ci sono voluti quasi vent'anni di negoziati affinchè 'la nave raggiungesse la riva' per dirla con l’ambasciatrice Rena Lee, presidente della Conferenza internazionale sulla biodiversità, nell'annunciare ai delegati degli Stati membri delle Nazioni Unite il raggiungimento del Il Trattato Globale sugli Oceani

Persino Greenpeace, solitamente non incline ai compiacimenti, ha definito l’accordo raggiunto all’Onu – chiamato Trattato Globale sugli Oceani – una ‘vittoria monumentale’.

Oggetto del trattato è l’Alto Mare, quella parte di mare fuori dalle acque territoriali, che è di tutti e di nessuno, e che copre quasi la metà del pianeta.

Un Trattato multilaterale e giuridicamente vincolante, che ogni Stato si impegna a rispettare e recepire. L’ultimo documento internazionale di pari livello risale alla Convenzione Onu sul diritto del mare sottoscritto nel 1982.

Come si è arrivati alla firma del Trattato

Dopo circa due decenni, e una spinta finale di 38 ore di negoziati e una non-stop di discussioni durata 24 ore, gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno finalmente raggiunto un accordo per proteggere l’Alto Mare.

Punto dolenti delle trattative sono stati la decisione sulla condivisione delle risorse genetiche marine (il genoma di coralli, spugne, batteri) e gli eventuali profitti generati dalla loro commercializzazione in farmaci e cosmetici o altri usi; e la procedura per la creazione di zone marine protette.

Per il momento, è stato formalizzato un quadro giuridico di riferimento per istituire zone marine protette e prevista una conferenza delle parti (Cop) che si riunirà periodicamente per discutere di biodiversità e governance. L’accordo riguarda quasi i due terzi degli oceani oltre le acque territoriali dei Paesi.

“La nave ha raggiunto la riva”, ha annunciato la presidente della conferenza Rena Lee, che ha guidato con determinazione l’assemblea per raggiungere una decisione, nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York, poco prima delle 21:30 di sabato ora locale (le 3:30 di domenica in Italia) tra gli applausi dei delegati.

Gli ecosistemi oceanici producono la metà dell’ossigeno che respiriamo, rappresentano il 95% della biosfera del pianeta e, assorbendo l’anidride carbonica, sono il più grande pozzo di carbonio del mondo. Norme fino a oggi inesistenti o molto frammentarie e inapplicate, hanno reso queste aree estremamente sfruttate, ciò unito ad altre condizioni di crisi ecologica (come l’inquinamento da plastica), hanno portato a una gravissima perdità di biodiversità e di vitalità degli ecosistemi oceani. Si stima che tra il 10% e il 15% delle specie marine è già a rischio estinzione. 

Che cos’è l’Alto Mare

L’Alto Mare è l’area di mare che si trova al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale – oltre le 200 miglia nautiche dalla costa, se gli Stati hanno dichiarato la EEZ – e occupa circa due terzi dell’oceano. Questa zona fa parte delle acque internazionali, quindi al di fuori delle giurisdizioni nazionali, in cui le persone e le organizzazioni di ogni provenienza possono fare attività di pesca, trasporto, ricerca, navigazione e quant’altro.

In Alto Mare nessuno Stato può imporre leggi ed esercitare giurisdizione, solo poche norme frammentarie e chiunque, senza troppi vincoli, se non la propria coscienza, poteva fino a oggi pescare, navigare, fare ricerca e, di fatto, qualsiasi cosa (vedi sfruttamento minerarario). E nessuno Stato si era mai assunto la responsabilità della protezione e salvaguardia di queste acque. E’ necessario un ‘governo’ collegiale e per questo motivo il trattato delle Nazioni Unite era in lavorazione da anni e ha raggiunto adesso, con la spinta dell’urgenza nell’azione climatica, una prima, storica approvazione da parte di tutti i delegati.

Il Trattato è grande vittoria anche della diplomazia internazionale che ha coinvolto tutti gli stati membri dell’Onu. “Questo successo è una vittoria del multilateralismo e degli sforzi globali volti a contrastare le tendenze distruttive che affliggono la salute degli oceani, ora e per le generazioni a venire”, ha dichiarato il presidente delle Nazioni Unite Antonio Guterres tramite il suo portavoce nella tarda serata di sabato.

Le acque internazionali sono le aree indicate in blu scuro in questa mappa – Fonte: Wikipedia

Cosa prevede il Trattato Globale sugli Oceani

Con il Trattato Globale sugli Oceani tutti gli Stati dell’Onu firmatari si assumono la responsabilità di proteggere la salute degli oceani e assicurare una gestione sostenibile delle risorse. L’accordo, secondo Greenpeace, dà una possibilità concreta all’obiettivo 30×30, stabilito dai Paesi alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità di dicembre (COP15), di proteggere un terzo del mare (e della terraferma) entro il 2030. Senza un trattato, questo obiettivo non può essere raggiunto poichè non ci sarebbero strumenti e condizioni per la creazione di una sorta di ‘autorità’ per la gestione dell’Alto Mare.

Il testo può essere ancora migliorato secondo Greenpeace e sta adesso ai governi di ratificare al più presto il trattato e quindi metterlo in pratica in modo rapido, efficace ed equo. Cosa che necessiterà anche di investimenti.

L’Unione europea ha messo sul tavolo 40 milioni di dollari per facilitare la ratifica e l’attuazione iniziale dell’accordo.


   

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