Tutto e subito. I templi del commercio moderno (da Amazon a Ikea, passando dai centri commerciali) ci hanno abituato all’acquisto istantaneo, spesso compulsivo; ci hanno abituato alla disponibilità immediata di qualsiasi cosa. Questa disponibilità non fa rima con sostenibilità.
Significa produzione di massa e magazzini pieni di scorte, in ultima analisi significa anche spreco e inutile consumo di risorse.
Riscoprire il piacere dell’attesa è un lusso che dovremmo prendere in considerazione in una vita più responsabile e sostenibile. In tanti cominciano a farlo, per esempio i clienti di Mirta, piattaforma di e-commerce dedicata agli artigiani del Made in Italy.
Progetto nato nel 2019 dall’idea di Martina Capriotti e Ciro Di Lanno, giovani ex-consulenti di Boston Consulting Group, oggi imprenditori, Mirta attualmente vende attraverso il proprio sito borse fatte a mano dai migliori artigiani italiani, spesso piccole botteghe tramandate generazione dopo generazione, che solitamente producono per conto terzi, per i grandi brand della moda.
Ho voluto conoscere Martina Capriotti per farmi raccontare meglio la missione sostenibile di questa startup che nell’arco di poco più di un anno ha già raggiunto importanti risultati con una proposta ‘commerciale’ particolare, che ci indica molto chiaramente come stanno cambiando i modelli di consumo, le aspettative di noi consumatori, quali sono i valori che interessano anche quando si tratta di acquistare una borsetta.
“I nostri compratori attendono il prodotto anche per due-tre mesi – esordisce Martina – ma ci dicono ‘ci piace questa attesa’. I riscontri che abbiamo dai clienti e su cui stiamo costruendo Mirta sono molto importanti per noi, e vediamo che stiamo riuscendo a trasmettere loro il nostro messaggio, riusciamo a far capire il perché di quell’attesa: quel tempo è diventato parte del valore del prodotto”.
Martina Capriotti ha cominciato a conoscere il settore moda e tutta la sua filiera qualche anno fa, lavorando per Boston Consulting Group a Milano, Tokyo, Seoul, scoprendo anche la passione del consumatore asiatico per il Made in Italy.
“Un anno fa ho deciso di lasciare la consulenza per fondare qualcosa di mio, portandoci i miei valori, in un settore di cui mi ero appassionata. Con il mio socio Ciro Di Lanno che si è specializzato nel management alla Stanford University abbiamo pensato di concentrarci sui mercati esteri che conoscevamo meglio, quindi Stati Uniti e Asia, più precisamente Hong Kong, Singapore, Giappone e Corea del Sud. – racconta l’imprenditrice.
“Mirta va a braccetto con la sostenibilità, nasce con la missione di riportare in auge il vero laboratorio artigiano, lo small business, il fatto a mano, e va controcorrente rispetto alla mass production che ha comunque preso piede negli ultimi decenni. La nostra idea è di traghettare nel futuro queste piccole realtà, aiutandole a sfruttare nuovi canali e nuovi mezzi digitali per arrivare ovunque nel mondo, ma mantenendo alta la qualità, rispettando il loro metodo artigianale tradizionale. E anche i loro tempi.
Penso che a livello di produzione il nostro principale aspetto di sostenibilità sta nel fatto che cerchiamo di lavorare quanto più possibile secondo un modello che evita gli sprechi, perchè tutto quello che viene prodotto è già venduto. Proponiamo al cliente un’esperienza complessiva che comprende il prodotto e anche la sua attesa”.
La piattaforma Mirta è di fatto una vetrina degli artigiani ai quali offre visibilità con quelli che sono i loro pezzi iconici; il cliente visita la piattaforma e ordina il prodotto, e solo a questo punto l’artigiano avvia la produzione del pezzo apposta per il cliente. “In questo modo, da un lato si dà unicità al prodotto, che al cliente piace tanto, dall’altro si può ottimizzare il lavoro dell’artigiano, che ordina il materiale che gli serve e produce un prodotto che è già stato comprato, evitando tanti sprechi, quelli tipici di oggi nel mondo della moda, che produce tanto, tanto stock, creando anche tanto invenduto. Il cliente apprezza l’attesa, perché sa che c’è un artigiano che lavora solo per lui”.
“Questo è abbastanza innovativo rispetto a come lavora attualmente l’industria della moda che lavora a stock, – spiega Martina – quindi con tanto spreco, accelerando la delivery dei prodotti. Noi invece recuperiamo e trasferiamo al cliente il concetto del fatto mano, cosa che richiede i suoi tempi, ma il cliente quando ne ha capito il valore è disposto ad aspettare, anzi sembra quasi che il tempo stesso dell’attesa sia parte del valore complessivo di quel prodotto. Il tempo di attesa ovviamente non è un tempo ‘vuoto’: teniamo costantemente aggiornato il cliente con update settimanali sullo stato di lavorazione del suo ordine, gli facciamo conoscere l’artigiano, gli mandiamo foto e video del processo di lavorazione, gli raccontiamo passo passo la creazione della sua borsa”.
“Con i nostri update è tranquillo sul fatto che stiamo lavorando per lui, ma non solo: ha modo di conoscere meglio la storia dell’artigiano, cosa c’è dietro una creazione artigianale, di vivere passo passo con l’artigiano la realizzazione della sua creazione, e questo è molto importante perché gli permette di cogliere il valore reale di quell’oggetto”.
“Così trasformiamo l’acquisto online in una esperienza più culturale, completa, coinvolgente e trasmettiamo ai nostri clienti tutta l’emozione e i valori dell’autentico made in italy. Noi vogliamo portare davvero il cliente dall’artigiano e attraverso lo storytelling creare quella relazione umana che ha volte manca nell’ecommerce”.
Attualmente Mirta conta una cinquantina di artigiani nel suo network, ma portare i primi a bordo non è stato semplicissimo. “Molti artigiani all’inizio erano scettici, perché la nostra proposta implica di cambiare, almeno in parte i loro processi e modi di lavorare: oggi questo tipo di artigiani lavorano molto per conto terzi, per altri brand. Abbiamo risolto il problema puntando sulla relazione umana, andando a conoscerli uno per uno, entrando nelle loro botteghe, spiegando con entusiasmo il nostro progetto, che non era solo vendere i loro prodotti ma far conoscere le loro storie, che sono un patrimonio culturale del nostro Paese. Dopo aver convinto i primi artigiani, con i successivi è stato più semplice. Inoltre, negli ultimi mesi il Covid ha reso chiaro a tutti che l’online, l’ecommerce, sono qualcosa di cui non potranno fare a meno in futuro, questo ha spinto tanti artigiani a provare questo nuovo canale di vendita dei loro prodotti”.
Da febbraio a maggio 2020, in pieno lockdown, Giappone, Corea del Sud e Hong Kong sono i mercati esteri in cui le vendite sulla piattaforma hanno registrato crescite maggiori. Nel solo mese di maggio, le vendite verso il paese del Sol Levante hanno infatti visto un aumento del 240% rispetto al mese precedente, seguite da Corea del Sud (+108%), Hong Kong (+80%) e Singapore (+20%). Negli Stati Uniti, in costante crescita mese su mese, vendite aumento del 127% in pieno lockdown nel mese di aprile, arivate al 197% nel mese di maggio.
Insomma, la proposta di Mirta sembra quella giusta, tanto è vero che la vetrina potrebbe presto allargarsi ad altri prodotti artigianali italiani.
“Siamo partiti dalle borse perché volevamo iniziare con un prodotto specifico e nei mercati esteri in cui vendiamo pelletteria e borse sono gli articoli maggiormente identificati con il made in Italy – spiega Martina – Ma ora stiamo guardando ad altre categorie perché vogliamo valorizzare altri settori artigiani eccellenti del nostro Paese, in cui ci sono anche tanti sprechi, come la seta a Como o la lavorazione del cashmere“.
“Inoltre, per le borse, ci interessa anche continuare a esplorare su materiali diversi dalla pelle, anche se bisogna dire che i nostri artigiani usano tutti la pelle conciata in Toscana, dove si segue uno dei processi più sostenibili al mondo per la concia, perché si usano solo sostanze vegetali”.
“I valori che abbiamo messo in Mirta – conclude Martina Capriotti – sono quelli in cui crediamo, che fanno parte di noi fondatori. Mi sento portatrice in prima persona di tali valori e ci tengo molto a trasferirli anche ai nostri clienti. C’è tanto da fare per far comprendere l’importanza di muoversi verso modelli di sostenibilità. Noi cerchiamo di portare avanti una nostra piccola rivoluzione”.