La situazione dei contagi in Africa è più grave di quanto non abbiano detto i numeri ufficiali fino a oggi. Un nuovo studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mostra che solo il 14,2% – o uno su sette – delle infezioni da COVID-19 viene rilevato in Africa. Si stima che al 10 ottobre 2021 il numero cumulativo di infezioni COVID-19 possa essere di circa 59 milioni, che è sette volte di più degli oltre 8 milioni di casi riportati.
Fino ad oggi, il rilevamento del COVID-19 in Africa si è fatto contando le persone che si presentano alle strutture sanitarie con sintomi, oltre a testare i viaggiatori internazionali in arrivo e in partenza, e questo sistema si è rivelato del tutto insufficiente su larga scala data l’alta percentuale di casi asintomatici nel continente.
Per realizzare questa nuova analisi, l’OMS ha usato un diverso tipo di modello di calcolo sviluppato da Resolve to Save Lives (organizzazione filantropica che si occupa di salute pubblica), che stima le infezioni secondo un modello statistico che combina il numero di casi e decessi riportati con il tasso di mortalità da infezione basato su studi della popolazione.
Inoltre, uno dei più grandi problemi è stata la mancanza della disponibilità di test nel continente: dall’inizio della pandemia al 10 ottobre, circa 70 milioni di test COVID-19 sono stati segnalati dai paesi africani, che è una frazione rispettoa agli 1,3 miliardi di persone del continente. per fare un paragone, negli Stati Uniti, con circa un terzo della popolazione, secondo i dati ufficiali sono stati somministrati 550 milioni di test, mentre nel Regno Unito, con meno del 10% della popolazione dell’Africa, ha somministrato oltre 280 milioni di test.
Come arginare la diffusione del Covid-19 in Africa?
Per invertire questa tendenza e frenare la trasmissione, l’Ufficio regionale dell’OMS per l’Africa ha annunciato una nuova iniziativa per migliorare lo screening comunitario per il COVID-19 in otto paesi. Il programma mira a raggiungere più di 7 milioni di persone con test diagnostici rapidi nel prossimo anno.
“Con test limitati, stiamo ancora volando alla cieca in troppe comunità in Africa. La maggior parte dei test vengono effettuati su persone con sintomi, ma gran parte della trasmissione è guidata da persone asintomatiche, quindi quello che vediamo potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. – ha detto il dottor Matshidiso Moeti, direttore regionale dell’OMS per l’Africa. – Il numero di test è aumentato in Africa, ma questa iniziativa basata sulla comunità è un approccio radicalmente nuovo che dovrebbe aiutare ad aumentare significativamente i tassi di rilevamento. Più test significa isolamento rapido, meno trasmissione e più vite salvate attraverso un’azione mirata”.
I Paesi che partecipano al programma sono Burundi, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Guinea-Bissau, Mozambico, Repubblica del Congo, Senegal e Zambia. Per dare il via all’implementazione, l’OMS ha devoluto 1,8 milioni di dollari agli otto Paesi. L’OMS sosterrà i paesi per interrompere la trasmissione della malattia, attraverso la ricerca attiva dei casi, dispiegando squadre nelle comunità locali per cercare possibili contatti di persone che sono risultate positive al COVID-19 e offrire test di diagnosi rapida dell’antigene.
La strategia ad anello, la stessa usata per il vaiolo
L’iniziativa utilizzerà una “strategia ad anello”, che è stata sperimentata con successo nell’eradicazione del vaiolo nella seconda metà del XX secolo per vaccinare le persone che hanno maggiori probabilità di essere infettate, e durante le recenti epidemie di Ebola in Africa occidentale e nella Repubblica democratica del Congo. L’approccio ad anello prevede che a tutte le persone che vivono all’interno di un cerchio di 100 metri di raggio intorno ad ogni nuovo caso confermato, vengano fatti test di diagnosi, inoltre riceveranno un kit per l’igiene, comprese maschere per il viso e disinfettanti per le mani, e chiunque risulti positivo sarà valutato per la gravità delle sue condizioni per determinare se deve ricevere cure a domicilio o se deve essere trasferito in centri di trattamento designati COVID-19.
Il programma mira ad aumentare la capacità di test in ogni paese partecipante del 40%, assicurando il raggiungimento del benchmark raccomandato dall’OMS di 10 test eseguiti ogni 10.000 persone settimanalmente. Attualmente, circa 20 paesi – più di un terzo dei paesi africani – non raggiungono questo parametro.
Tutti i test saranno eseguiti su base volontaria e saranno condotti utilizzando test diagnostici rapidi basati su antigeni approvati dall’OMS, che possono produrre risultati sul posto in soli 15 minuti e possono essere somministrati con una formazione minima. I test diagnostici rapidi sono considerati altamente accurati per rilevare le infezioni che hanno raggiunto lo stadio trasmissibile.
Pochi vaccini, molti asintomatici
In Africa ci sono stati oltre 8,4 milioni di casi di COVID-19 registrati, compresi 214.000 decessi. Nonostante un calo del numero di casi nelle ultime settimane, i tassi di vaccinazione rimangono bassi, solo il 30% delle 54 nazioni del continente ha vaccinato completamente il 10% della loro popolazione contro la malattia. Nel frattempo, poco meno della metà dei paesi africani che hanno ricevuto i vaccini COVID-19 hanno vaccinato completamente solo il 2% o meno della loro popolazione.
In assenza di un numero sufficiente di vaccini, è necessario aumentare il numero di test per ridurre la trasmissione, considerato anche che una popolazione relativamente giovane contribuisce a un alto tasso di infezioni asintomatiche. Le stime mostrano che tra il 65% e l’85% delle infezioni da COVID-19 in Africa generano pochi o nessun sintomo. Di conseguenza, la maggior parte degli africani infettati dalla malattia non cerca il trattamento nelle strutture sanitarie locali, dove ora avviene la maggior parte dei test. Eppure, gli individui asintomatici giocano un ruolo chiave nel facilitare la trasmissione a individui vulnerabili che possono soffrire di gravi malattie o morire.
“Le autorità sanitarie pubbliche in Africa si sono finora giustamente concentrate sulla gestione dei casi che arrivano nei centri di trattamento e negli ospedali”, ha detto il dottor Moeti, che ha presentato il nuovo programma in questi giorni “Ma ora è il momento di passare all’offensiva contro il COVID-19, e lavorare con le comunità locali per rompere le catene di trasmissione e impedire che si verifichino epidemie più ampie“.
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