Decarbonizzazione: il 2030 fuori portata, serve realismo climatico

Un rapporto del Politecnico fa il punto su uno scenario scomodo: gli obiettivi climatici al 2030 sono fuori portata. In tale contesto, se lo slogan del legislatore comunitario degli ultimi mesi è stato “Stop the clock”, cioè rinviare gli obblighi e alleggerire la pressione normativa, il vero bisogno oggi sarebbe un approccio opposto: Start the clock, far scattare davvero il tempo della transizione, senza altre proroghe. Ma affinando le strategie

Il 22 settembre 2025, negli spazi del Politecnico di Milano, è stato presentato lo Zero Carbon Policy Agenda 2025, un documento strategico che lancia un segnale forte e scomodo: i target climatici al 2030 non sono più realistici, almeno non alle condizioni attuali.

A proporlo è l’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che con questa pubblicazione fotagrafa lo stato dell’arte e sollecita un cambio di passo deciso da parte delle istituzioni, delle imprese e della società civile.

Ne parla in un articolo Andrea Ronchi di CO2Advisor, partner e contributor del Gruppo di lavoro. “Il conto della decarbonizzazione in Italia e in Europa è insostenibile: oltre 11.000 € per tonnellata di CO₂ evitata. – dice. – Servono neutralità tecnologica e geografica, non solo a parole, un ETS, riportato al suo DNA “cap & trade”, e l’uso pragmatico dei crediti di CO₂ per salvare il salvabile”.

ETS e il nodo dei costi reali

Uno dei punti centrali delle strategie di decarbonizzazione riguarda il sistema ETS (Emission Trading System) europeo, il meccanismo che assegna un prezzo alle emissioni di CO₂ e che dovrebbe incentivare e agevolare le imprese a decarbonizzare. “Il problema oggi – ci spiega Andrea ronchi – è che il sistema, nato come di mercato, con le aste è diventato più simile a una carbon tax a prezzo variabile e questo affievolisce moltissimo le performance, per due ordini di motivi: primo, viene a perdersi il principio di prioritizzazione delle tecnologie con il costo marginale di abbattimento della CO2 più basso, ovvero una volta che i proventi da aste finiscono nelle mani dello Stato, questi vanno a finanziare politiche che hanno un costo per riduzione di CO2 molto alto; secondo, i soldi non rimangono più all’interno del perimetro dei soggetti coinvolti dalla normativa (prima i costi dell’azienda A erano o ricavi dell’azienda B)”.

Anche il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), pensato per difendere la competitività europea, rischia di generare tensioni commerciali senza incidere in maniera proporzionale sulla riduzione globale delle emissioni.

Neutralità tecnologica e geografica

Un concetto chiave in una nuova strategia di decarbnizzazione ‘accelerata’ dovrebbe essere, secondo CO2Advisor, la neutralità tecnologica e geografica. Non si tratta di scegliere una tecnologia “salvifica”, ma di garantire che tutte le soluzioni – dall’elettrificazione alle rinnovabili, dai biocarburanti all’idrogeno – possano contribuire secondo logiche di efficacia e costo. Puntare tutto su un’unica strada rischia di rallentare la transizione e di aumentare i costi complessivi.

Stessa cosa dicasi per la ‘geografia’: non limitarsi a pensare che la riduzione delle emissioni debba avvenire solo “in casa nostra” (Italia o UE). Le emissioni di CO₂ sono globali, quindi ridurle in Brasile, India o Kenya ha lo stesso effetto sul clima che ridurle a Milano o Berlino.

Se un’impresa o uno Stato vuole ridurre le emissioni in modo più rapido ed economico, può finanziare progetti in Paesi dove esistono opportunità a basso costo: riforestazione, agricoltura rigenerativa, impianti rinnovabili, efficienza energetica.

In questo modo, si ottiene una riduzione reale e certificata delle emissioni globali, e al tempo stesso si sostiene lo sviluppo sostenibile dei Paesi ospitanti (occupazione, infrastrutture, accesso all’energia pulita).

Una nuova strategia: start the clock

Le proposte di CO2Advisor, a commento del rapporto del Politecnico, non sono quelle di abbassare le ambizioni, ma di riallineare le politiche con la realtà, costruendo una roadmap credibile da attuare da subito, con un approccio industriale. L’idea è di agire con urgenza per non compromettere definitivamente anche i target al 2050.

L’agenda individua cinque priorità operative per il decisore pubblico: introdurre obblighi normativi di decarbonizzazione per i settori più impattanti; eliminare i sussidi alle fonti fossili; trasformare la Pubblica Amministrazione in un motore attivo della transizione; garantire una transizione giusta per territori e lavoratori; e soprattutto, avviare un sistema di monitoraggio trasparente e indipendente dei progressi annuali.

Non è più il tempo degli slogan né delle soluzioni parziali: serve uno “shock positivo delle politiche”, un reset concreto e radicale che restituisca credibilità all’azione climatica.

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