I cambiamenti climatici hanno un notevole impatto sul Mar Mediterraneo e sugli ecosistemi marini. Uno studio recente mostra un aumento dell’acidificazione e della temperature delle acque. Insieme alla perdita di nutrienti e all’invasione di specie aliene mettono a rischio il Mare Nostrum.
Come rispondono gli ecosistemi marini al cambiamento climatico
L’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, OGS, insieme alla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, CNCC, hanno appena pubblicato i dati di una ricerca che indaga l’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini.
I dati raccolti a partire dal 2005 sono stati messi in relazione con previsioni che vanno fino al 2095. Attraverso proiezioni ad alta risoluzione del Mar Mediterraneo si immagina lo scenario dei prossimi decenni in seguito ai cambiamenti climatici in atto, soprattutto ad opera delle attività dell’uomo.
Gli scienziati e studiosi del clima si sono chiesti: come risponderanno gli ecosistemi marini al cambiamento climatico? Per rispondere a questa complessa domanda hanno preso in considerazioni due possibili scenari sul futuro: uno più drastico e preoccupante, l’altro più ottimista.
Il primo scenario di previsione è quello peggiore. Si ipotizza che l’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera sia costante e ininterrotto. A fine secolo arriverebbe a toccare il valore di 1200 ppm, ovvero parti per milione, un’unità di misura che descrive la concentrazione della CO2 in atmosfera.
Nel secondo scenario, siamo riusciti a tagliare le emissioni di anidride carbonica e a stabilizzare la concentrazione di CO2 atmosferica, rimanendo nel valore di 500 ppm.
Futuro del Mediterraneo: due scenari, tanti cambiamenti
I risultati dello studio ci dicono che, in entrambi i casi, il Mar Mediterraneo subirebbe danni enormi e si possono riassumere in cinque punti:
– Acidificazione delle acque
– Aumento della temperatura del mare
– Minore disponibilità di ossigeno
– Meno sostanze nutrienti disciolte
– Una colonna d’acqua più acida.
Il primo scenario porterebbe danni maggiori, ma anche nel caso delle previsioni più ottimistiche solo alcune variabili dell’ecosistema marino potranno recuperare i loro valori e tornare in parte allo stato che avevano all’inizio del ventunesimo secolo.
Gli studiosi che hanno realizzato questa ricerca confermano che il Mar Mediterraneo è un hotspot dei cambiamenti climatici. Gli hotspot, o zone calde, sono quelle aree del Pianeta nelle quali il cambiamento climatico avrà effetti più seri e devastanti.
Un mare con un bacino relativamente piccolo e con scarso ricambio di acqua: per questo il Mediterraneo è soggetto all’aumento della temperatura delle sue acque. Un altro fattore di rischio è l’arrivo di specie nuove da altri mari e oceani.
L’acidificazione del Mar Mediterraneo e i danni egli ecosistemi marini
Cosa intendiamo quando parliamo di acidificazione del mare? La misura dell’acidità è il pH. Il pH assume valori da zero a quattordici. Sette è il valore neutro, mentre i valori inferiori a questo numero ci dicono che siamo in un ambiente acido.
L’acqua di mare ha valori di pH tra 7,7 e 8,3. In questi anni il pH del Mar Mediterraneo è pari a 8.1. Nello studio che stiamo considerando, realizzato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, OGS, insieme alla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, CNCC, si prevede che tra 50 anni il valore del pH potrebbe diminuire fino a 7.9
Sembra una diminuzione piccola, ma in realtà il suo effetto è elevato perché la scala è logaritmica. Dunque, quando il pH diminuisce l’acqua diventa più acida.
Questo crea effetti gravi sulla flora e fauna marina e sul potere che ha il mare di assorbire l’anidride carbonica atmosferica.
Il 30% della CO2 atmosferica viene assorbita dall’acqua dei mari e aiuta a rendere l’aria più pulita. In mare, questa sostanza diventa carbonato di calcio e protoni che rendono l’acqua più acida.
Il carbonato di calcio è un componente essenziale delle conchiglie: se diminuisce, poterebbero scomparire tutti quegli animali marini dotati di conchiglia.
Inoltre un mare più acido ha come conseguenza lo sbiancamento dei coralli che formano le barriere coralline e che potrebbero estinguersi per sempre.
Il Mar Mediterraneo sarà più caldo e più acido e perderà la capacità di assorbire anidride carbonica. La relazione tra i due fenomeni è un circolo vizioso: meno carbonato di calcio è sciolto in acqua, meno anidride carbonica il mare è in grado di assorbire.
Il Mar Mediterraneo è il più invaso al mondo di specie aliene
Oltre alla precedente ricerca dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, OGS, insieme alla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, CNCC, anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche si è occupato del Mar Mediterraneo.
Qualche giorno fa è stato pubblicato uno studio sulla rivista Global Change Biology, studio coordinato dal CNR di Ancona. Il risultato della ricerca mostra come nel Mar Mediterraneo, negli ultimi 130 anni, sono arrivate oltre 200 specie aliene, tra cui il granchio blu: questo arrivo è dovuto al cambiamento climatico.
Le specie aliene sono quelle che vengono trasportate dall’uomo, in modo volontario oppure accidentale, al di fuori della loro area di origine. Centinaia di specie esotiche hanno colonizzato il Mar Mediterraneo che ora è la regione marina più invasa al mondo.
I canali di ingresso di queste specie sono geografici:
– attraverso il Canale di Suez arrivano specie dal Mar Rosso
– dallo Stretto di Gibilterra passano specie provenienti dall’Oceano Atlantico.
A questi canali si aggiungono quelli dovuti alle attività umane: molti pesci e organismi marini sono rilasciati in mare dalle navi, da chi si disfa degli acquari domestici o da chi commercia, spesso illegalmente, animali e cibi esotici.
La biodiversità mediterranea è a rischio
Il principale effetto dell’arrivo di specie aliene nel Mar Mediterraneo è la perdita di biodiversità. Molto spesso, infatti, le specie nuove arrivate entrano in competizione con quelle originarie del nostro mare, che sono chiamate specie endemiche. Il risultato di questa competizione è per lo più a vantaggio dei nuovi arrivati.
Anche gli habitat naturali vengono fortemente deteriorati tanto che questa invasione viene considerata come un esempio di globalizzazione degli ambienti marini che possiamo ritrovare anche negli oceani di tutte le aree geografiche del Pianeta.