Good Sustainable Mood è una startup di moda sostenibile nata a Parma da poco più di un anno che propone non solo prodotti più green, ma un intero sistema di shopping intelligente e produzione zero waste.
“Good” ha incentrato il proprio brand sulla ricerca di tessuti innovativi a basso impatto ambientale, l’economia circolare e la produzione 100% Made in Italy. Un esempio è proprio la T-shirt in fibra di latte, un materiale completamente ecologico brevettato negli anni ’30 che attraverso le moderne tecniche di lavorazione si trasforma in un tessuto particolarmente confortevole al tatto e dalle proprietà benefiche per il corpo.
Parallelamente, il nuovo brand di moda sostenibile guarda al rapporto con il consumatore in ottica di circular economy, come spiega il fondatore Elena Prestigiovanni.
“Siamo impegnati in prima linea nella circular economy. Il primo lancio della t-shirt di latte ha registrato il sold out in brevissimo tempo sul nostro sito. Ma con il nostro sistema di pre-order possiamo stimare quanti pezzi venderemo da un unico prodotto: produciamo ciò che vendiamo secondo il principio della sufficienza dell’economia circolare. In un sistema moda caratterizzato dal problema dei deadstock, vere e proprie rimanenze invendute che alimentano lo spreco nella filiera, noi andiamo in una direzione diversa, impedendo che ciò accada. Crediamo nella bellezza come punto di ri-partenza per una nuova armonia tra ambiente e persone, una bellezza che scorre nel design essenziale e senza tempo dei nostri capi”.
Perché la fibra di latte è sostenibile
La produzione di latte e l’intero settore lattiero-caseario sono un patrimonio inestimabile del nostro Paese che vale circa 15 miliardi di euro, conta oltre 3.535 imprese che danno lavoro a oltre 44.000 addetti, ma ha purtroppo anche un alto impatto ambientale. L’intera industria del latte è responsabile – come si legge in questo articolo di Green Planner – di almeno il 4% di tutte le emissioni di gas serra, tra cui il famigerato biossido di carbonio (CO2), e di queste più della metà è dovuta al solo trasporto.
Inoltre consuma anche tanta acqua, nella proporzione di 1.020 l/kg.
L’economia circolare, però, può aiutare a compensare questo impatto dando valore agli sprechi, in particolare quei sottoprodotti che normalmente vengono buttati.
La fibra di latte è stata inventata nel 1933 dall’ingegnere Antonio Ferretti, venne commercializzata con il nome di Lanital, tra il 1937 e la fine della seconda guerra mondiale.
Lanital viene classificata come una fibra proteica ed ha una struttura molecolare molto simile alla lana, con risultati vicini anche per calore, morbidezza e mano tessile. Presenta anche il vantaggio di essere poco attaccabile dalle tarme. È tuttavia poco resistente all’usura. Lo sviluppo delle fibre chimiche nel dopoguerra in primo luogo dell’acrilico, fece uscire dal mercato le fibre caseiniche, ma negli ultimi anni invece, questo materiale è stato riscoperto soprattutto per le sue qualità anallergiche, per la fabbricazione di prodotti per primissima infanzia o per chi ha forme di intolleranza per la lana e per le fibre sintetiche.
I tessuti a base di latte non solo ‘riciclano’ il latte sprecato e inutilizzabile, ma risparmiano l’acqua: si utilizza solo un litro di acqua per realizzare un chilo di fibra di latte, a fronte dei 50 litri utilizzati per il cotone.
Tra le giovani società che realizzano capi con le fibre di latte ci sono l’italiana Duedilatte, la giapponese Uniqlo (nel suo tessuto Heattech), la californiana MI Terro.