Orto urbano condiviso, il caso Isola a Milano (e come replicarlo)

Perchè non trasformare un tetto di cemento in un ambiente agro-social dove tornano anche le api?

Milano, quartiere Isola, uno dei nuovi centri della riqualificazione urbana e della movida milanese, nel cortile di una palazzina in Via Porro Lambertenghi al numero 28, è presente un orto urbano piuttosto speciale: è stato realizzato sul tetto piano, in cemento armato, del luogo di culto della Chiesa Evangelica Metodista di Milano, localizzata al di sotto del piano stradale (e, anche per questo, più volte allagato, nell’ultimo decennio, dalle ripetute esondazioni del fimi Seveso e Lambro).

Un esempio di orto urbano condiviso, pratica che sta riscuotendo grande successo in tante città del mondo e anche d’Italia, e che ha avuto un vero e proprio boom durante il lockdown. I motivi alla base di questa nuova tendenza sono di diverso tipo e vanno dalle esigenze di salute (stare all’aria aperta, alimentarsi con cibi sani, scaricare lo stress) alle esigenze di socialità e solidarietà (cooperare all’interno della comunità, creare occasioni di inclusione, rafforzare le relazioni e la vicinanza).

L’orto urbano condiviso creato in Via Porro Lambertenghi è un esempio di tutto questo.

Chi coltiva e gestisce l’orto-giardino?

La comunità dei fedeli – caratterizzata da una forte connotazione multietnica e multiculturale (cinesi, filippini, africani sub-sahariani, ecc.) – ha abbracciato subito, con entusiasmo l’idea di uno spazio di aggregazione sociale, aperto anche al quartiere, partecipando attivamente all’allestimento dell’orto, insieme ai ragazzi stranieri accolti nei locali della chiesa metodista e seguiti dalla Diaconia valdese. Diversi gruppi facenti parti della Chiesa Metodista, si sono divisi gli spazi, rimodulabili secondo le esigenze, racconta Giulietta: «In una zona, abbiamo coinvolto alcuni condomini dello stabile, incuriositi dal progetto, e ne siamo molto contenti perché grazie a questa attività, persone che prima non si parlavano e non si conoscevano ora si incontrano, si scambiano idee, appianando anche alcune divergenze, tipiche degli ambiti condominiali. Un’altra parte è seguita dalla scuola domenicale dei nostri bambini e bambine, un’altra da un gruppo di filippini della comunità, recentemente si è aggiunto il gruppo dei ghanesi».

In ultimo, uno spazio è stato riservato anche ai partecipanti alla scuola di italiano, per minori stranieri non accompagnati e ricongiunti, organizzata all’interno dei locali della Chiesa Metodista dall’Associazione no-profit “Asnada”, nell’ambito del progetto “Spazio Aperto”, che da diversi anni, viene portato avanti, per farsi parte attiva a sostegno del prossimo e dell’incontro tra le persone.

Proprio perché realizzato con l’obiettivo di avere uno spazio verde condiviso e partecipato, di incontro e relazione anche con il quartiere e realtà esterne alla Comunità, l’orto-giardino ha permesso di iniziare a creare nuove sinergie e reti di scambio e conoscenza reciproca, con altre realtà della città come, ad esempio, con il vicino e storico giardino “Isola Pepe Verde”, il locale Comitato Quartiere Cittadino Isola, la partecipazione ad una delle edizioni della Green Week, la manifestazione promossa dal Comune di Milano e organizzata insieme ai soggetti pubblici e privati, che collaborano alla cura e gestione del verde in città.

In conclusione, l’iniziativa dell’orto-giardino si è rivelata vincente anche dal punto di vista sociale, essendo riuscita a creare momenti di aggregazione tra diverse fasce di cittadini, favorendo le relazioni tra le persone coinvolte, e consentendo anche ai più piccoli, di vedere crescere diversi ortaggi e fiori “dal vivo”, anche divertendosi.

Un progetto sostenibile: come è stato realizzato l’orto urbano

L’orto-giardino è completamente costituito da pallet in legno del tipo EUR-EPAL, appaiati tra loro, per ottenere fioriere e aree di coltivazione, insieme ai necessari camminamenti pedonali, per spostarsi da un punto all’altro.

L’idea progettuale di base è stata: coniugare i valori religiosi e quelli laici della sostenibilità nella creazione di uno spazio verde, condiviso, “aperto” dove – oltre alla coltivazione vera e propria – poter anche organizzare momenti di incontro, di scambio e di confronto culturale, bellezza e natura, nel centro di una grande metropoli. Tutto ciò, “studiando” e ispirandosi anche ad alcune tra le innumerevoli esperienze di orti condivisi, di cui Milano (più ancora che altre città), è assai ricca.

Perchè si usano i pallett in legno?

Per la costruzione, sono stati utilizzati nr. 151 nuovi bancali in legno “modello EUR-EPAL”, riparabili e riciclabili, grazie alla possibilità impiegarli, sia come contenitori della terra per la coltivazione, (posizionati sul lato “rovescio”), sia come camminamento pedonale (posizionati sul lato “diritto”). L’impiego dei pallet, costituisce un sistema modulare estremamente versatile – che ne permette il facile spostamento – e di bassissimo impatto ambientale (il legno è il materiale riciclabile per eccellenza, e i pallet non sono stati trattati con alcuna sostanza protettiva) e facilmente smaltibili. Di non secondaria importanza è anche il loro costo economico assai contenuto, soprattutto rispetto ad altre soluzione (meno sostenibili).

Essendo presenti delle potenziali criticità nei manti di impermeabilizzazione e dell’area in oggetto (danni alla stessa per trascinamenti dei pallet), si è reso necessario applicare a tutti i pallet utilizzati, degli speciali “piedini di plastica“, che hanno anche ridotto la possibile superficie di trascinamento dei pallet stessi. Sul fondo dei pallet da coltivazione, sono state assicurate una rete plastica (di quelle utilizzate per la rasatura degli intonaci murali) in abbinamento con “tessuto non tessuto”, aventi una duplice funzione, pur lasciando filtrare l’acqua piovana e/o di irrigazione: contenere e sostenere il terriccio e non perderne per dilavamento, e come protezione anti-radice, per evitare che le piante radicassero anche sulla guaina impermeabilizzante, rischiando di danneggiarla seriamente. Per ogni coppia di pallet, si ottengono due “vasche di coltivazione” profondi circa 20 cm). Completa il tutto, un sistema automatico di irrigazione a goccia il quale, oltre a garantire la corretta quantità di acqua alle diverse piante, permette anche di ottimizzarne i consumi, riducendo praticamente a zero gli eventuali sprechi di acqua. La progettazione e il coordinamento, sono stati realizzati da due architetti milanesi, Giulietta Mazzotta e Aurelio Giacomelli, entrambi membri della Comunità, che hanno anche collaborato alla realizzazione dell’orto-giardino, con l’aiuto fondamentale di un gruppo di volontari e volontarie multietnico (Vedasi la galleria fotografica delle diverse fasi di realizzazione dei pallet).

Cosa si coltiva nell’orto urbano?

Nell’orto-giardino, crescono ortaggi (soprattutto zucchini, ravanelli, cetrioli filippini, insalate, finocchi e cipolle), erbe aromatiche (timo, alloro, basilico, rosmarino, sedano, salvia, ecc.), fragole, piccoli alberi da frutto (un paio di limoni, un mandarino e due melograni), alcune palme (Yucca) e molte varietà di fiori, che danno luogo ad una piccola oasi naturalistica, che richiama farfalle e altri insetti, tra le quali, soprattutto le api (anche grazie all’adesione al Progetto “Api e Orti Urbani”), che non si vedevano più da tempo immemore. L’iniziativa si inserisce, infatti, nel percorso di attenzione al verde intrapreso dalla città di Milano, come spiega la progettista Giulietta Mazzotta: «Abbiamo deciso di seguire questa linea piantando lavanda, zenzero e altre piante adatte. Vedere le api posarsi sui nostri fiori, là dove un tempo non c’era niente, è stato emozionante! Al di là di quello che si può raccogliere in un orto piccolo come il nostro, è sicuramente un valore aggiunto, per l’ambiente e il benessere».

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