Marine Litter: così si chiamano i rifiuti marini prodotti da pesca e acquacoltura che in Europa si stima contribuiscono all’inquinamento del mare rispettivamente per il 39% e il 14% (boe, reti, contenitori, sacchi per mangimi, guanti, scatolame). La plastica si conferma anche in queso caso, il nemico numero uno.
Oltre agli impatti diretti causati dalle plastiche al mare ai suoi abitanti, vanno tenuti inconsiderazione i potenziali rischi indiretti per la salute umana, generati ad esempio dall’adesione e diffusione di specie microbiche patogene. In Italia, l’allevamento in acquacoltura di mitili (detti a seconda delle regioni muscoli, peoci o cozze) determina il rilascio nell’ambiente di circa una tonnellata di reste in polipropilene (PP), che sono poi quelle retine in plastica nelle quali i mitili sono allevati e a volte venduti.
Per tali ragioni, la mitilicoltura è già da alcuni anni alla ricerca di soluzioni alternative agli attuali materiali, proponendo un ritorno alle vecchie tecniche che utilizzavano reste in fibre naturali oppure ricercando nuovi materiali sostenibili e adatti allo scopo.
Nel mar Piccolo di Taranto, 602 ettari dedicati alla mitilicoltura e Presidio Slow Food dal 2022 per la cozza nera, si è svolto un progetto che ha proprio messo alla prova una nuova soluzione che ha utilizzato delle reste in Mater –Bi, la bioplastica biodegradabile e compostabile (che tutti conosciamo perché di questo sono fatti molti sacchetti per i rifiuti organici). Il risultato del test è stato decisamente un successo, perchè ha permesso di verificare che i mitili crescono più velocemente di quelli innestati nelle reste in polipropilene, con un vantaggio per i mitilicoltori in termini di resa economica.
Una volta in più possiamo dire che la sostenibilità non è un costo, ma spesso un’opportunità!
Lo studio
In questo studio “Acquacoltura: un passo verso la sostenibilità“, condotto dalla Stazione Anton Dohrn con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per Novamont (multinazionale che produce il Mater-Bi), per la prima volta viene applicata l’analisi FT-IR complementarmente alla valutazione della colonizzazione batterica, per valutare cambiamenti superficiali dal punto di vista chimico delle calze in polipropilene ed in Mater-Bi; i risultati hanno mostrato che non sono presenti picchi aggiuntivi nello spettro delle plastiche (PP e Mater-Bi) rispetto al controllo, indicando che non è avvenuta alterazione della composizione chimica a livello superficiale nei campioni sottoposti al periodo di stabulazione. Inoltre dai test effettuati su terreni selettivi per la ricerca di microrganismi patogeni, non è stata evidenziata presenza di batteri patogeni o potenzialmente pericolosi per l’uomo.
Questi risultati ci consentono di affermare che l’impiego delle reste in Mater-Bi durante l’intero ciclo produttivo dei mitili può essere una valida alternativa all’utilizzo della plastica convenzionale, grazie alle buone prestazioni in termini biologici, meccanici e ambientali emerse durante l’esperimento.
Un successo di cui anche i miticoltori sono giustamente entusiasti, visto che le nuove normative vietano l’utilizzo di materiale plastico per l’allevamento dei mitili nel Golfo di Taranto.
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