Con l’evolversi delle tecnologie digitali anche temi come la democrazia e i suoi strumenti di partecipazione hanno preso una piega ‘tech’: si parla di e-democracy (o democrazia digitale) per riferirsi all’uso di strumenti tecnologici e digitali – come il voto elettronico – per la partecipazione attiva alle scelte politiche e alle consultazioni elettorali. Ad esempio, la nota piattaforma Rousseau utilizzata dal Movimento 5 Stelle ne è un esempio.
Nel mondo se ne sta diffondendo l’utilizzo, in Europa è molto avanti sul tema la Germania, ma il campione assoluto è l’Estonia che è stato il primo paese al mondo a sperimentare il voto elettronico nel 2005, eleggendo i propri rappresentanti via internet.
Quando parliamo di partecipazione attiva, tuttavia, non ci si riferisce solo alle massime consultazioni elettorali, o ai referendum indetti dal Governo, ma a tutte le occasioni anche locali in cui sia necessario avere un parere, un voto delle persone.
Ed è proprio in questi ambiti che comincia a cambiare la cultura e si diffondono le piattaforme: associazioni, aziende, cooperative, università, grandi organizzazioni, trovano molto comodo ed efficace utilizzare sistemi di e-voting per eleggere i propri rappresentati.
Tra i vantaggi che può portare un sistema di e-voting ci sono la possibilità di far votare anche persone lontane senza farle spostare, il che allarga il numero dei votanti e rende più inclusiva e, in ultima analisi, più democratica, la votazione. Come vuole anche l’Agenda 2030, che al Goal 16 – Pace, giustizia e istituzioni forti ai target 16.6 (Sviluppare a tutti i livelli istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti) e 16.7 (Garantire un processo decisionale responsabile, aperto a tutti, partecipativo e rappresentativo a tutti i livelli), pur non citando espressamente i sistemi di voto elettronici, ha un’evidente apertura in questa direzione.
Nel caso nostro sistema, per il diritto di voto previsto dall’art.48 della nostra Costituzione, lo Stato deve adoperarsi affinché l’esercizio di voto sia garantito, e lo fa attualmente con soluzioni ad hoc spesso discutibili, perché a volte non tutti possono recarsi al seggio: pensiamo agli italiani all’estero, agli studenti fuori sede, alle persone negli ospedali o che non possono muoversi, i detenuti, ci sono diverse occasioni che possono ostacolare il voto e che potrebbero essere facilemente superate grazie a un sistema di voto elettronico. Non trascurabile anche il vantaggio ambientale che si potrebbe ottenere riducendo gli spostamenti in queste occasioni, riducendo o eliminando del tutto ogni supporto cartaceo connesso con le votazioni, riducendo i costi e lo sforzo organizzativo che l’approntamento dei seggi richiede.
Irene Pugliatti, Ceo di Eligo, crede molto nel futuro del voto elettronico e lavora affinché ciò avvenga. Eligo è una delle piattaforme digitali più usate in Italia per occasioni di voto all’interno di Università, amministrazioni locali, grandi e medie organizzazioni. Dal 2005 ha gestito una media di 7 elezioni al giorno, raggiunto 18 milioni di votanti, collaborato con centinaia di organizzazioni in ambito pubblico e privato. Secondo lei, i sistemi di voto digitale si stanno già normalizzando in diversi contesti, soprattutto privati. Più lentamente sta penetrando nelle amministrazioni dello Stato.
Irene, le elezioni in futuro saranno quindi con sistemi digitali? E quando prevedi arriverà questo momento?
“Sicuramente sì: le elezioni in futuro saranno con sistemi digitali. Anche se si arriverà a questo attraverso un processo graduale. Nel 2023 in Italia partirà la sperimentazione che riguarda le amministrazioni dello Stato e vedremo la sua evoluzione.
Ciò detto, il digitale è diventato pervasivo, nelle società, nella vita privata, nelle aziende e le tecnologie destinate solo ai tecnici si sono trasformate in qualcosa di fruibile per tutti. Noi digitalizziamo tutte le operazioni di voto e diamo alle persone la possibilità di esercitare il proprio diritto al voto da qualsiasi dispositivo connesso a internet, in estrema sicurezza trattandosi di voti legali. Una flessibilità richiesta a gran voce.
Questo lo facciamo già da molto tempo per Università, Associazioni, Aziende, Cooperative, in generale per tutte le organizzazioni che hanno votazioni e assemblee previste da statuto e regolamento: fuori dal mondo politico, quindi la democrazia digitale è già molto diffusa. In alcuni Paesi extraeuropei, inoltre, il suffragio digitale, quindi l’uso di sistemi digitali per elezioni politiche e amministrative è già sdoganato, e ha avuto benefit immediati su affluenza, partecipazione, riduzione dell’astensionismo, coinvolgimento delle nuove generazioni. In Europa la sperimentazione è già in atto ed un tema di grande interesse all’interno dell’agenda digitale, quindi immagino che nei prossimi 5 anni potrebbero già esserci cambiamenti radicali in questo senso”.
Quali vantaggi porta per la democrazia?
“Il voto digitale è una tendenza che modellerà il futuro e che avrà un impatto decisivo, destinato a restare. Tale è la forza del cambiamento in atto che siamo tutti d’accordo sul fatto che, al tempo del web, la democrazia vada ripensata in una versione 2.0. È in corso una richiesta di partecipazione da parte dei cittadini alla vita democratica attraverso le nuove tecnologie, originando la cosiddetta e-democracy. Questo perché la democrazia digitale garantisce inclusione sociale, accessibilità immediata alle informazioni, fruibilità a tutti i livelli, trasparenza della governance partecipativa.
Il voto elettronico e online dà alle persone l’opportunità di esercitare il proprio diritto di voto da qualsiasi device connesso a Internet e da qualsiasi luogo si trovino, senza dover obbligatoriamente recarsi a un seggio fisico se impossibilitate. Con gli strumenti digitali la democrazia di certo si irrobustisce.
Più in generale, e questo riguarda sia il pubblico sia il privato, il voto elettronico, per come è organizzato e gestito, è sicuramente uno strumento efficace nel garantire maggiore trasparenza nella governance dei processi elettorali”.
Ogni giorno sentiamo parlare di attacchi informatici, è lecito preoccuparsi che la segretezza del voto e i nostri dati siano a rischio. Che garanzie ci sono nell’uso dell’e-voting?
“I rischi sono quelli più comuni legati all’utilizzo del medium internet. La disciplina della cyber security ha identificato nel tempo tutti gli attacchi che un sistema informatico esposto su internet può subire. Ad esempio attacchi DOS – ossia di interruzione del servizio, di spoofing – cioè la falsificazione di identità, oppure di sniffing – l’intercettazione non autorizzata di dati. Un sistema informatico, in generale, deve garantire la sicurezza e la riservatezza dei dati dei propri utenti.
Un sistema di e-voting, in particolare, ne deve garantire l’anonimato. Sia durante che dopo un processo di voto, non deve essere possibile associare la preferenza di voto con gli utenti, in modo da rendere segreto il voto. Fortunatamente, allo stato dell’arte, siamo in grado di prevenire la quasi totalità delle minacce con l’uso di tecniche consolidate ed efficaci di crittografia e di ingegneria del software”.
Il voto elettronico ha i suoi detrattori, ma sta di fatto che sembra un cambiamento che avrà i suoi tempi ma è inarrestabile. Con il 2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade, la Commissione europea ha indicato la strada per la trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030. Tra gli obiettivi dell’UE rientra quello di garantire che entro il 2030 la vita democratica e i servizi pubblici online siano completamente accessibili a tutti, comprese le persone con disabilità, anche attraverso il voto elettronico che incoraggerebbe una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita democratica.
Da parte degli ultimi Governi italiani c’è stata una timida apertura verso la sperimentazione per esempio la legge di bilancio 2020 ha istituito il Fondo per il voto elettronico, ma con uno stanziamento di 1 milione di euro per l’anno 2020. Il D.L. 41/2022 ha rinviato la sperimentazione dal 2022 al 2023 e disposto un rifinanziamento di un milione di euro per l’anno 2023 del Fondo per il voto elettronico. E’ evidente dalle cifre investite che si tratta di una sperimentazione con il freno a mano tirato e anche un po’ miope, perché i risparmi sui costi di un sistema elettorale classico sarebbero importanti. Le ultime elezioni politiche si stima siano costate allo Stato 400 milioni di euro. E chissà quante emissioni di CO2.