Xylella fastidiosa, arrivano i cani che la fiutano

Il fiuto dei cani aiuta l’uomo in molti settori. In Puglia, adesso, i cani sono addestrati a riconoscere gli ulivi malati di Xylella. E' la squadra degli Xylella Detection Dogs

Milioni di piante di ulivo – anche secolari – abbattute, milardi di danni per le perdite economiche e un nemico alieno: la xylella.

Cos’è la Xylella, patogeno che colpisce le piante di ulivo

Xylella fastidiosa è un patogeno che colpisce le piante di ulivo. In Italia è conosciuto perché ha distrutto gran parte degli ulivi nel Sud, in particolare in Puglia e sembra sia arrivato fino a noi attraverso le piante di caffè importate dall’America Latina.

Le specie di Xylella sono più di cento e colpiscono numerose piante: il pesco, gli agrumi, i mandorli, i ciliegi e anche gli oleandri. Si tratta di un batterio dei Gram Negativi che vive e si riproduce nella linfa delle piante. La linfa è il nutrimento delle piante ed è composta da acqua e sali minerali. I vasi che la trasportano dalle radici alla pianta intera sono i vasi xilematici e sono proprio questi ad essere infestati da questo batterio patogeno.

Xylella fastidiosa è una specie particolare che infesta le piante di ulivo. È stata trovata in Italia verso il 2008 e da allora ha distrutto intere coltivazioni in prevalenza nelle zone del Salento, in Puglia.

Diagnosticare la xylella

Le infestazioni da Xylella sono difficili da diagnosticare e da fermare perché spesso i sintomi sono nascosti e appaiono solo quando non c’è più nulla da fare per la pianta. In questo modo, questo batterio patogeno è in grado di diffondersi rapidamente all’interno di un terreno coltivato, nelle zone con numerose piante di ulivo.

Questa infestazione crea un grave danno ambientale per la perdita di numerose piante secolari ed economico perché colpisce i produttori di olio di oliva che da secoli vivono e lavorano in Puglia. La Puglia, infatti, produce più della metà dell’olio italiano e la Xylella si stima abbia colpito un terzo dei sessanta milioni di alberi di ulivo, quelli che si contano nell’intera regione.

I cani addestrati a fiutare la Xylella

L’idea nasce da un’intuizione di Nicola Di Noia, agronomo che ha lavorato per anni come carabiniere a contatto con i cani addestrati a rilevare sostanze quali droghe o esplosivi. Come racconta in un articolo su Futuroprossimo, quale direttore di uno dei più grandi consorzi italiani di produttori di olio di oliva non poteva restare a guardare questo patogeno mentre divorava interi appezzamenti di ulivi.

Dalla sua esperienza di lavoro con i cani, conoscendo le grandi potenzialità del loro olfatto, Di Noia si è messo alla ricerca di una soluzione. In America ha trovato uno studio condotto sui cani per individuare i batteri sulle piante di agrumi. Visto che la famiglia di batteri della Xylella colpisce diversi generi di piante oltre agli agrumi, ha pensato che si poteva provare a fare degli esperimenti anche sugli ulivi.

Con l’auto dell’ENCI, Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, insieme a studiosi del CNR, Centro Nazionale delle Ricerche, ha messo in piedi una squadra di cani per fiutare la Xylella sugli ulivi. Così è nata la Xylella Detection Dogs.

Sappiamo come i cani sono particolarmente dotati se ci riferiamo al senso dell’olfatto. I recettori presenti sul naso del cane sono in grado di rilevare numerose molecole presenti nell’aria e mandare questi segnali al loro cervello.

I cani hanno un numero di recettori olfattivi che è venti volte quello umano e quindi sanno riconoscere numerosi odori che al nostro olfatto passano inosservati.

Il loro meccanismo di respirazione, che permette al cane di annusare l’aria in modo costante e continuo, è tale che ben poco sfugge all’olfatto di un cane.

Ma come insegnare al cane a riconoscere l’odore del batterio di Xylella presente nella pianta di ulivo? Qui entra in gioco l’addestramento, come nel caso dei cani che ricercano sostanze chimiche stupefacenti o esplosive. Allo stesso modo serve un addestramento particolare per i cani dedicati al salvataggio di persone in mare, in montagna o in caso di eventi naturali estremi quali terremoti, slavine o inondazioni.

Di questa fase delicata dell’addestramento si è occupata Serena Donnini, un’esperta addestratrice cinofila dell’ENCI. Per prima cosa, ha scelto alcune razze di cani che, a suo parere, potevano essere più indicate per questo tipo di riconoscimento. Si tratta del pastore tedesco, del cocker spaniel e dello springer spaniel, oltre al labrador.

Come sempre, il cane si diverte, per lui è un gioco e l’addestratore fa leva proprio sul meccanismo del premio e della ricompensa. All’inizio si fa cercare al cane un particolare gioco in gomma che lui predilige. Poi la gomma viene tolta un po’ alla volta e sostituita con concentrazioni crescenti della sostanza che si vuol fare trovare. In questo caso il bersaglio sono le piante già infette da Xylella.

I cani che aiutano a fiutare la Xylella: Xylella Detections Dogs

Il percorso della squadra Xylella Detections Dogs è solo all’inizio ma ha già suscitato l’interesse della BBC che ne ha parlato nei suoi notiziari.

La squadra di cani anti-Xylella è stata presentata nel dicembre 2021 con un articolo del CNR. Il progetto “Addestramento ed impiego di unità cinofile nel rilevamento precoce della Xylella fastidiosa” è un percorso iniziato nel giugno 2021 con otto unità cinofile. Inizialmente si sono fatte annusare ai cani delle colture di cellule di laboratorio per poi passare alle piante infette.

Cani amici dell’uomo, oggi più che mai

I cani sono ora impegnati a riconoscere la Xylella nelle serre e nei vivai, ma presto potrebbero entrare in azione su larga scala direttamente negli appezzamenti di ulivi.

Questo interessante progetto potrebbe aiutare a combattere il patogeno infestante che in dieci anni ha devastato le coltivazioni di ulivi nelle aree del nostro Sud Italia. Un esempio che ci conferma come gli animali, specie quelli da compagnia come i cani, sono nostri compagni di vita e alleati anche nella lotta ai patogeni e possono aiutarci nel preservare i giusti equilibri ecologici del Pianeta.

A suo tempo il CNR, nel suo articolo di presentazione del progetto, aveva ribadito come i cambiamenti climatici e la globalizzazione provocano un grande spostamento di merci e di specie animali e vegetali. Patogeni sconosciuti si affacciano ogni anno nelle nostre regioni e dovremo essere in grado di prevenire nuove infestazioni oltre a preservare la biodiversità e il nostro patrimonio agricolo e alimentare.

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