La transizione ecologica e la decarbonizzazione sono costose e richiedono ingenti risorse finanziarie, parliamo di alcune centinai di trilioni di dollari. Chi paga? Uno degli strumenti è la finanza sostenibile. Negli ultimi anni è diventato fondamentale promuovere questi investimenti, la cui vita nei mercati finanziari presenta luci e ombre. E’ diventato pertanto cruciale proteggere gli investitori (spesso risparmiatori) dalla speculazione e dal greenwashing, che, a quanto pare, tocca anche i fondi sostenibili o che si presentano come tali.
I nomi dei fondi, che spesso sono legati al termine sostenibilità, non sono solo etichette: sono potenti strumenti di marketing che possono influenzare enormemente le decisioni degli investitori.
Questi ultimi stanno destinando una parte sempre maggiore del loro capitale a strategie sostenibili, con la legittima aspettativa che i fondi rispettino standard di sostenibilità elevati. Ma non sempre è così.
Approfondisci investitori e fondi.
Investitori e fondi hanno un rapporto simbiotico in cui gli investitori forniscono il capitale necessario per il funzionamento dei fondi, e i fondi a loro volta gestiscono questi capitali al fine di generare un ritorno sull’investimento. I fondi possono essere di diversi tipi, inclusi quelli che si concentrano su specifiche strategie di investimento come la crescita, il valore, o l’investimento sostenibile. Gli investitori possono essere individui o istituzioni, risparmiatori, e la loro scelta di fondi dipende spesso dai loro obiettivi finanziari, tolleranza al rischio e interessi di investimento.
Sotto la pressione del mercato, molte società di gestione del risparmio promuovono oggi investimenti in strumenti finanziari dichiarati sostenibili, spesso senza una verifica adeguata della loro reale sostenibilità o, addirittura, sapendo di mentire.
Secondo uno studio di The Economist, ogni giorno vengono creati in media due nuovi fondi di investimento che affermano di essere ecologicamente responsabili. Tuttavia, in molti casi, questa sostenibilità è solo di facciata, un tentativo di greenwashing per ottenere un vantaggio competitivo.
Diventa fondamentale garantire trasparenza e credibilità nei nomi dei fondi per mantenere la fiducia degli investitori.
Il caso Barclays
Recentemente, il sito di giornalismo investigativo The Bureau of Investigative Journalism (ripreso dalle maggiori testate internazionali) ha portato alla luce che la banca d’affari britannica Barclays è stata accusata di essere “completamente disonesta” da uno dei suoi investitori per aver fatto passare come ‘finanza sostenibile’ i finanziamenti di decine di miliardi di dollari a società di combustibili fossili, tra cui ENI. La banca sostiene di essere molto impegnata a combattere il cambiamento climatico mettendo a disposizione $1 trilione in finanziamenti sostenibili e di transizione entro il 2030, inclusi prestiti e obbligazioni legati alla sostenibilità. Tuttavia, le disposizioni ‘a maglie larghe’ che fino a oggi regolamentano la finanza sostenibile hanno permesso l’uso dei fondi anche per attività per niente sostenibili.
I nuovi ‘paletti’ per la finanza sostenibile
A metà giugno, le ESA – le tre Autorità europee di vigilanza finanziaria (EBA, EIOPA ed ESMA) hanno pubblicato un parere congiunto sul regolamento SFDR – Sustainable Finance Disclosure Regulation, attualmente la bibbia dei gestori di fondi e consulenti finanziari per la trasparenza nella rendicontazione dei prodotti finanziari.
L’idea, alla luce delle preoccupazioni sul greenwashing finanziario, è di rendere il quadro regolatorio più preciso, più stringente, più coerente, tenendo conto delle sfide della transizione e della tutela dei consumatori.
Le autorità suggeriscono di introdurre categorie semplici e chiare per i prodotti finanziari.
La distinzione tra ‘sostenibile’ e ‘di transizione’
Un primo imprtante distinguo è tra la categoria per prodotti finanziari “sostenibili” (che investono in attività economiche/beni già sostenibili dal punto di vista ambientale e/o sociale) e “di transizione” (che investono in attività economiche non ancora sostenibili, ma che migliorano la loro sostenibilità nel tempo).
L’obiettivo è quello di facilitare la comprensione degli obiettivi da parte dei consumatori (e investitori) e ridurre i rischi di greenwashing.
Una proposta chiave è l’introduzione di un indicatore di sostenibilità per classificare i prodotti finanziari. Un indicatore che si basi su criteri chiari e oggettivi per garantire trasparenza e affidabilità agli investitori.
Le autorità propongono anche di rivedere la coesistenza dei concetti di “investimento sostenibile” e “investimento allineato alla tassonomia” e di mettere mano al completamento e all’estensione della tassonomia dell’UE alla sostenibilità sociale.
Le ESA suggeriscono inoltre di includere altri prodotti nell’ambito di applicazione della SFDR. Il fine è garantire un’informativa armonizzata e valutare l’introduzione di informazioni sui principali indicatori di impatto negativo (PAI).
La Commissione Europea, che ha realizzato una consultazione sul regolamento SFDR, sta valutando le risposte delle parti interessate per migliorare il quadro europeo per la finanza sostenibile.
Lontani dagli obiettivi: il rapporto di Clarity AI
Il parere congiunto pubblicato dalle ESA deriva da una chiara presa di coscienza dello scenario attuale della finanza sostenibile. Il report pubblicato a maggio da Clarity AI (una piattaforma tecnologica per la sostenibilità) ce ne offre una esaustiva descrizione.
Dall’analisi di circa 430.000 fondi globali emerge che il 44% di questi fondi è investito in attività che non rispettano i criteri di esclusione del Paris-aligned benchmark (PaB).
Paris-aligned benchmark (PaB)
l Paris-aligned Benchmark (PaB) sono parametri o indici climatici che mirano ad allineare con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015 gli investimenti.
I fondi di investimento che utilizzano termini che richiamano la sostenibilità, termini ambientali e d’impatto e non rispettano i nuovi criteri delle linee guida dell’ESMA, dovranno rivedere l’uso di tali termini o disinvestire da alcune attività per conformarsi alle linee guida. I risultati dell’analisi suggeriscono inoltre che la lista dei criteri e dei termini a oggi regolamentati potrebbe non essere esaustiva.
Dal documento “Study: implicazioni of ESMA’s. New guidelines of fund names” risulta che di questi fondi, quasi la metà (44%) investe in società che non rispettano i PAB.
Quasi un terzo dei fondi (28%) è esposto a più società che violano i criteri di esclusione del PAB. I criteri del PAB più frequentemente violati includono la soglia del 10% dei ricavi dal petrolio, che riguarda oltre 1.000 fondi d’investimento. Il limite del 50% dei ricavi dal gas interessa 875 fondi che hanno una denominazione legata alla sostenibilità e all’ESG. Infine, ben 574 fondi (più del 17%) contengono attività che superano i requisiti sul carbone, e una percentuale poco inferiore investe in attività legate ad armi controverse.
Una seconda indagine di Clarity AI, di prossima pubblicazione, esaminerà le esclusioni relative alle violazioni delle norme globali come i principi del Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC) e le linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali.
Questi requisiti aggiungono ulteriore complessità all’attuazione delle regole dell’ESMA sulle denominazioni dei fondi. La cifra reale dei fondi che violano le linee guida potrebbe essere ancora più alta del 44% inizialmente stimato.
Le linee guida ESMA
L’indagine di Clarity AI, è stata condotta per verificare come e quanto avrebbero dovuto lavorare le nuove linee guida pubblicate da ESMA. A maggio 2024 l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati ha infatti pubblicato le linee guida per combattere il greenwashing nel settore degli investimenti.
Le nuove regole mirano a proteggere gli investitori da dichiarazioni ingannevoli sulla sostenibilità dei fondi e forniscono criteri chiari per i gestori patrimoniali su come utilizzare termini legati alla sostenibilità. Ecco i principali punti su cui si articolano.
Criteri minimi
I fondi che utilizzano termini ESG o di sostenibilità nei loro nomi devono garantire che almeno l’80% dei loro investimenti sia allineato a specifiche caratteristiche ambientali, sociali o obiettivi di investimento sostenibili.
Criteri di esclusione e salvaguardie minime
L’ESMA ha separato i criteri per gli investimenti ambientali (E), sociali (S) e di governance (G) per le diverse priorità e strategie:
- I fondi che utilizzano termini legati a ESG o sostenibilità nei loro nomi devono rispettare i criteri di esclusione per i Paris-aligned Benchmarks (PAB) e i Climate Transition Benchmarks (CTB). Questo include l’esclusione di aziende legate ai combustibili fossili, armi controverse, tabacco, e violazioni dei principi del Global Compact delle Nazioni Unite e delle linee guida OCSE.
- I termini ambientali (E) devono essere utilizzati solo dai fondi che applicano le esclusioni PAB. I termini sociali (S) e di governance (G), invece, possono applicare solo le esclusioni CTB, permettendo una maggiore flessibilità e evitando limitazioni eccessive dovute all’esclusione dei combustibili fossili.
- Quando i termini ambientali sono combinati con quelli di transizione, si applicano le esclusioni CTB.
- L’uso di termini come “impatto” è riservato ai fondi che soddisfano soglie quantitative misurabili e salvaguardie minime.
- Tutti i fondi devono rispettare le salvaguardie minime specificate nel Regolamento Delegato sui Benchmark, garantendo una base solida e credibile per i loro investimenti.
Termini di transizione
L’ESMA introduce una nuova categoria per i termini legati alla transizione.
Questa categoria richiede che almeno l’80% degli investimenti riguardino asset sostenibili, ma applicando solo le esclusioni CTB. L’obiettivo è non penalizzare gli investimenti in aziende che ancora generano parte dei loro ricavi dai combustibili fossili, incentivando invece strategie di transizione verso un’economia più verde. Termini come “miglioramento”, “progressione”, “evoluzione” e “trasformazione” rientrano in questa categoria, suggerendo un progresso positivo verso gli obiettivi di sostenibilità. I gestori di fondi devono dimostrare che gli investimenti legati alla “transizione” seguono un percorso chiaro e misurabile.
Tempi
I nuovi criteri entrano formalmente in vigore tre mesi dopo la pubblicazione da parte dell’ESMA, a metà agosto 2024. I fondi esistenti hanno un periodo transitorio di sei mesi per conformarsi alle nuove linee guida, mentre i nuovi fondi devono aderire immediatamente.