Il nome Kering forse non dice molto ai consumatori finali, ma Gucci, Balenciaga, Bottega Veneta, Alexander McQueen, Saint Laurent, Pomellato, Stella McCartney, Puma, sì.
Kering è la società francese proprietaria di tutti i marchi del lusso sopra menzionati, e altri altrettanto noti. E’ la terza più grande multinazionale del lusso dopo LVMH e Richemont, e fattura all’anno oltre 13 miliardi di euro. Una vera potenza che sta cercando di diventare il gigante della moda etica, sostenibile e circolare.
Un obiettivo impegnativo e che richiederà anni: la moda è accusata di essere una delle industrie più inquinanti al mondo, quella che rispetta poco i diritti umani e animali, quella produce più sprechi e microplastiche. Un capo di abbigliamento ha una filiera lunga e complessa, spesso distribuita su diversi Paesi, non è facile controllarla completamente.
Ma, giustamente, anche la moda è chiamata quindi a fare la sua parte nella transizione ecologica, anche perché sono gli stessi consumatori a chiedere sempre di più ai brand di essere ecosostenibili.
Kering dal 2017 ha adottato una strategia strutturata (che naturalmente coinvolge tutti i suoi marchi) che la porterà a diversi miglioramenti e alla riduzione dell’impronta di carbonio del 40% entro il 2025, facendo leva soprattutto sull’innovazione, per favorire la circolarità, l’upcycling, il riciclo e la rigenerazione.
Kering è stato anche il promotore del ‘Fashion Pact‘, una grande coalizione dei brand della moda e del lusso voluta dal presidente francese Emmanuel Macron e il presidente e amministratore delegato di Kering François-Henri Pinault. Una coalizione transnazionale di aziende del settore moda e tessile per fermare il riscaldamento globale, ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani. È stato presentato ai capi di Stato al vertice del G7 a Biarritz il 12 dicembre 2020. Tra i firmatari ci sono tanti marchi, come il gruppo Armani, Prada, Adidas, Puma, ecc.
La società aderisce anche a un altra importante iniziativa volta a ridurre l’impatto della moda sul Pianeta, il Fashion For Good. In particolare, questo progetto intende ridurre l’impatto ambientale della lavorazione dei materiali attraverso uno schema chiamato D(R)YE Factory of the Future.
La lavorazione dei materiali, secondo Fashion For Good, è infatti responsabile del 52% delle emissioni create nella catena di approvvigionamento della moda. Il processo include processi ad alta intensità chimica come il pretrattamento, la colorazione e il finissaggio dei tessuti. La collaborazione mira a far progredire le tecnologie di lavorazione a secco, come i trattamenti al plasma e al laser, la tintura a spruzzo, la tintura in schiuma e la CO2 supercritica.
Con un minimo o nessun rilascio di tossine nell’acqua, le innovazioni ridurranno l’impatto ambientale del pretrattamento e della colorazione di cotone, poliestere, miscele, lana e denim dell’89% per le emissioni e dell’83-95% per il consumo di acqua. Fashion for Good prevede di pubblicare un rapporto alla fine del 2022.
Intanto seguiamo anche gli avanzamenti di Kering che si è impegnata a eliminare la pelliccia da tutti i suoi marchi dall’autunno 2022.
Come spesso diciamo nei nostri articoli, dietro le aziende, anche quelle più grandi che appaiono imprenetrabili con i loro imponenti organigrammi, ci sono persone. La persona decisiva dietro Kering si chiama François-Henri Pinault, dal 2005 Presidente e CEO di Kering, che ha non solo rafforzato il gruppo nell’industria del lusso, ma impresso la svolta sostenibile, perchè la sua visione del lusso moderno e quella di un ‘lusso responsabile’ autentico, e il cui successo sia destinato a durare nel tempo prorpio perché ancorato a valori etici.
Tra le cause che ha più a cuore un profondo impegno a favore delle donne all’interno delle società del Gruppo, nel mondo delle arti – vedi l’iniziativa ‘Women in Motion‘ – e attraverso la Fondazione Kering, fondata nel 2009 per combattere la violenza contro le donne.