La musica è la cura (cit.4088 posse)

Ognuno di noi ha il potere di cambiare il mondo. L’esperienza di un educatore, Gabriele Caporali, con la passione per la musica cambia il futuro dei ragazzi che incontra

Da quasi trent’anni la Fondazione Aquilone Onlus opera nel quartiere di Bruzzano, a nord di Milano, adoperandosi in molteplici aree di intervento: far fronte alla solitudine di tanti anziani, fornire servizi e supporto alle persone con disabilità, rispondere al malessere di tanti ragazzi e delle loro famiglie. A tale proposito, nel 2013 un educatore della Fondazione, Gabriele Caporali, ha pensato di mettere la sua passione per la musica al servizio di un percorso di crescita e di integrazione per tanti ragazzi.
Grazie alla disponibilità dell’oratorio San Luigi, è così nato il Centro di Aggregazione Giovanile “Abelia” che, fra le molteplici attività pensate per loro, ha messo a disposizione uno spazio che è diventato una vera e propria sala prove. È qui che vengono accolti i ragazzi che, attraverso la musica, riescono ad aprirsi e a trovare un nuovo linguaggio con cui relazionarsi con gli altri.

La musica, un’altra lingua

“La musica è proprio un’altra lingua”, ci racconta Gabriele, che nella sala prove ha incontrato oltre un migliaio di giovani, la maggior parte con problematiche di disagio, abusi o microcriminalità: non nega che c’è sempre un po’ di timore da parte sua nel riuscire a creare un dialogo, specie con chi viene per la prima volta. Ma questa potenziale barriera si sgretola quando poi inizia la conoscenza e i ragazzi trovano qualcuno disposto ad ascoltarli. Le loro problematiche non vengono quasi mai espresse verbalmente, ma il più delle volte lo fanno con il testo di un brano che hanno ascoltato, oppure che loro stessi hanno scritto e che vorrebbero cantare.

“Nel tempo ho avuto la conferma che l’intuizione da cui ero partito era corretta: la musica mi permette di parlare con i giovani, di conoscerli, di ascoltarli e capirli”, spiega l’educatore, “sia in questo contesto che nella comunità psichiatrica dove ho fatto esperienza: questo è un altro ambito, protetto, in cui alcune ragazze minorenni si raccontano attraverso una canzone, con cui riescono a esprimere il proprio disagio”. Si passa pure dal fare musica per il semplice svago fino all’estremo opposto, in cui brani non propriamente educativi siano portati a modello, perché rappresentano “lo status” di qualcuno che ce l’ha fatta e verso il quale identificarsi. Questo è un altro momento cruciale, dove parlare con un adolescente dei valori su cui fondare la propria vita e portarlo a riflettere, a scavare più in profondità, per andare oltre ciò che appare.

Un momento in sala prove

La musica come percorso

Ci sono poi situazioni dove la musica fa parte di un vero e proprio percorso: è il caso dei ragazzi segnalati dal tribunale dei minori che, con il supporto di un’altra educatrice, sono chiamati a prendersi un impegno, a portarlo avanti fino al raggiungimento di un risultato. Con qualcuno si sta infatti cercando di scrivere più canzoni per narrare una storia, quasi degli episodi di un racconto, che danno continuità: tutto ciò si concretizza poi nel realizzare dei singoli o dei veri e propri album, oltre che nei video che vengono montati all’interno della sala prove, per essere poi pubblicati sul canale YouTube di Abelia Music Records.


Qui l’obiettivo non è tanto la qualità del prodotto finale, ma piuttosto l’efficacia del percorso, che ha evidentemente una valenza terapeutica, soprattutto nel lavorare in gruppo, relazionandosi con gli altri per raggiungere insieme la meta comune.
Purtroppo, una delle difficoltà più frequenti è proprio l’ambito comunitario, del confrontarsi con qualcun altro: i giovani faticano a uscire dal loro isolamento e spesso preferiscono arrivare in sala prove con una base registrata, che al limite è stata preparata da un amico, e cantarci sopra da soli. Non è facile aiutare costoro a uscire da quella che ritengono la loro comfort zone: va cambiata la visione dell’altro, che non è colui dal quale aspettarsi un apprezzamento o un like su Facebook, ma piuttosto una persona con cui collaborare. Per questa ragione è spesso Gabriele che realizza le basi per ognuno di loro, è un primo passo per aprirli al confronto, che non è una sfida né un contesto in cui si viene giudicati.

Produrre musica per venire fuori: il rapper 33

Lo studio musicale del C.A.G. Abelia è nato da un’idea che Caporali è convinto andrebbe percorsa con più decisione, anche da parte delle istituzioni, che con un presidio educativo potrebbero riuscire davvero a rispondere efficacemente al disagio di ancora troppi ragazzi. Non a caso è stato chiamato dalla Fondazione Exodus per iniziare una collaborazione analoga, a conferma della validità del progetto.
Un progetto che ha incrociato la storia di William – 33, un giovane rapper che ha conosciuto il carcere a 16 anni e la cui storia è stata raccontata nel novembre 2021 dalla giornalista Elisabetta Santon su TV7: qui non è azzardato parlare di riscatto, della risalita dal baratro del non senso per affrontare la vita in modo diverso.

William, in arte 33, durante la registrazione del suo disco.

“Non ho mai espresso un giudizio verso un ragazzo che arriva qui, a me interessa lui da qui in avanti”, conclude Caporali, “perché è l’unico modo per instaurare un dialogo, schietto e sincero, da cui ho sempre visto emergere due valori importanti: il rispetto e la costanza nel mantenere un impegno”. Anche chi ha un passato violento e trova nella musica qualcosa che gli interessa, impara a relazionarsi con gli altri con un’attenzione nuova, scoprendo atteggiamenti che talvolta ha lui stesso insabbiato. La continuità nell’impegno è forse la sfida maggiore per l’attuale “generazione multitasking”, ma è necessario insistere affinché ogni ragazzo arrivi a gustare la gioia di raggiungere un obiettivo, con le sue forze e le sue capacità.

Scritto da Luca Zaninello

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