Valentina Dell’Arciprete, Chiara Maggio, Paolo Meola e Serena Moro sono i fondatori di Green Vibes, società innovativa che ha da poco lanciato una linea di prodotti green dedicati alla sessualità, dai sex toy riciclabili ai preservativi vegani. Il loro motto è ‘rendere sexy la sostenibilità e sostenibile la sessualità’.
Il mondo dei sex toy è in pieno boom a livello globale, sdoganato anche da media, influencer e serie TV, un settore che oramai vende circa 500 milioni di pezzi all’anno (la pandemia ha dato una mano), generando anche moltissimi rifiuti: si arriva quasi a 150mila tonnellate di rifiuti prodotti da vibratori, dildo, lubrificanti e preservativi. Si può fare qualcosa?
“Green Vibes nasce proprio dalla domanda “Perché gli stili di vita sostenibili vengono spesso associati a fatica, noia, difficoltà? Perché la sostenibilità non può essere sexy?”. Per risolvere la questione alla radice, abbiamo pensato che una possibile soluzione fosse associare la sostenibilità a ciò che era sexy per antonomasia: i sex toys. – ci racconta Chiara Maggio, una delle fondatrici, psicologa – Per questo abbiamo creato il concetto-pilastro della “sextainability” e iniziato la ricerca di prodotti sostenibili nel campo dell’erotismo, scoprendo quanto quel mercato impattasse negativamente sia a livello ambientale, che sociale. I materiali che compongono la maggior parte dei sex toys sono inquinanti e non riciclabili, le loro componenti non separabili (impedendone la possibilità di riciclo a fine vita, anche nei casi in cui dovessero avere materiali adatti a farlo) e le filiere di produzione non controllate, senza tutele né per i lavoratori, né per il territorio. Inoltre, nemmeno al consumatore sono garantiti degli standard accettabili, poiché, in moltissimi casi, non viene data sufficiente attenzione alla sicurezza medico-sanitaria dei materiali.
Dall’altro lato, conoscendo bene le difficoltà della nostra società a superare il tabù della sessualità e a concederne una libera discussione e divulgazione, volevamo partecipare ad un cambiamento anche in quel campo. Abbiamo previsto dunque di costruire una comunicazione a due vie che esplora sia i temi della sostenibilità ambientale, sia quelli più psicologico-emotivi della sessualità, dell’accettazione di sé e della libera espressione dei propri desideri (che ci piace immaginare possa condurre verso una forma di “sostenibilità psicologica”).
Per questo, stiamo costruendo una community in cui divulghiamo contenuti scientifici e psicologici, accompagniamo le persone in un percorso di maggiore consapevolezza ed esplorazione di sé, e dove chiunque può comunicare in totale libertà i propri dubbi, paure, esperienze, ricevendo supporto”.
La sfida di creare un’azienda insieme è nata quasi per caso, dall’incontro dei quattro fondatori a Milano, nell’ambiente innovativo delle startup.
“Il mondo delle start-up offre molte possibilità di networking, sia online che offline. Si collabora a progetti condivisi e ci si dà una mano reciprocamente. Così è nato il nostro incontro: da amicizie in comune, contesti di lavoro intrecciati, aiuto reciproco, passioni e idee condivise. – continua Chiara – E’ nato il desiderio di costruire insieme qualcosa di nuovo, che rispecchiasse i nostri interessi e valori, avevamo la sensazione che si potesse dare un contributo diverso e che ci fossero linguaggi e campi non ancora esplorati che meritavano la nostra attenzione. Avevamo ognuna diverse competenze: la sostenibilità, la psicologia, il marketing, l’innovazione e tutto ha trovato spazio sotto ad un unico cappello, quello della sextainability“.
In che modo i vostri prodotti sono sostenibili?
“In questa prima fase di progetto, stiamo studiando i bisogni di chi utilizza giochi sessuali e di chi per la prima volta si avvicina al mondo dell’autoerotismo per entrare in contatto con il proprio corpo. Ci stiamo chiedendo: quali sono i loro reali bisogni? Come risponde e cosa propone il mercato?
Ad oggi, sul nostro sito è presente una selezione accurata di oggetti esistenti sul mercato dei sex toy, in linea con la nostra filosofia di libertà di espressione e incentivo all’esplorazione e presa di coscienza del proprio desiderio e corpo.
Abbiamo individuato i prodotti secondo un criterio di valutazione basato su test di utilizzo e ricerche atte a identificare quali fossero gli elementi tecnici critici, in termini di qualità e di processi produttivi.
Uno dei fattori più impattanti nel mondo della distribuzione è il packaging. Si tratta infatti di un aspetto che occupa un’altissima percentuale della produzione industriale globale, la cui vita è generalmente brevissima ed è destinato alla dismissione generalmente dopo un solo utilizzo. Ogni anno, vengono prodotte globalmente almeno 330 tonnellate di plastica, di cui più del 40% è dedicato alla realizzazione di packaging primario e secondario. I numeri diventano ancora più sconcertanti quando si considera il consumo di carta e cartone nell’industria della logistica.
Per questo motivo, il nostro sistema di distribuzione prevede imballi ridotti al minimo, composti da materiali certificati al 100% e realizzati con carta riciclata proveniente da filiere controllate. Stiamo inoltre stringendo collaborazioni con fornitori per la logistica che prevedono piani di riduzione delle emissioni e attività di compensazione in base al consumo.
Abbiamo però in serbo un obiettivo ancora più ambizioso: sviluppare una nostra linea di prodotti dedicati al piacere sessuale.
Ci siamo accorti che l’utilizzo di giocattoli per l’esplorazione sensoriale e corporea (che essa sia di natura sessuale o meno) trova una forte similitudine con il mondo dei giocattoli per l’infanzia: gli oggetti dedicati alla crescita più interessanti e funzionali sono quelli che non hanno uno scopo preciso. Non hanno un riferimento semantico definito. Questi permettono al bambino di allenare la creatività e la fantasia, lo accompagnano all’esplorazione piuttosto che imporsi nella loro funzione. Con un solo giocattolo si possono fare più di cento giochi. Non serve una marea di plastica per divertirsi.
Il mondo dei sex toy ha percorso per molti anni una strada diametralmente opposta, piena di stereotipi e prodotti spesso di bassa qualità, a volte anche poco sicuri per il corpo. Il nostro scopo è favorire l’esplorazione individuale e sessuale e, per fare ciò, necessitiamo di risorse sociali e ambientali, e vogliamo utilizzarle consumandone il meno possibile”.
Chi inventa i vostri prodotti e dove li producete?
“La progettazione è gestita interamente all’interno di Green Vibes con un approccio multidisciplinare di ricerca e sviluppo tra le diverse figure professionali presenti in azienda. Questo ci permette di avere un maggiore controllo sui progetti e una maggiore reattività rispetto agli obiettivi che ci siamo prefissati, permettendo una costante crescita conoscitiva all’interno del team.
Stiamo cercando e selezionando fornitori che rispettino le più stringenti normative di sostenibilità sociale e ambientale, richiedendo certificazioni specifiche. Ma più importante del dove è il come verranno prodotti: non sappiamo ancora quali saranno i fornitori definitivi per la produzione. Ci sono molte aziende virtuose che operano fuori dal coro sia in Italia che all’estero, con le quali abbiamo iniziato una prima relazione conoscitiva”.
Quali difficoltà avete avuto a cominciare, a parte i soldi?
“Le maggiori difficoltà sono indubbiamente quelle culturali. In Italia, siamo ancora molto influenzati da vecchi retaggi culturali, che si sono insinuati nella mente delle persone a livello molto profondo e inconsapevole. Pertanto, la stessa attività della ricerca fondi e investimenti si è dimostrata intrecciata con le resistenze e le assurdità culturali: abbiamo ricevuto porte in faccia da banche che hanno dichiarato di non poterci finanziare né concedere prestiti perché escludono la categoria dei sex toy, che viene messa sullo stesso piano di cannabis non legale e armi.
Alcuni servizi di consegna si rifanno a politiche aziendali simili, mai spiegate con cura e sempre accennate con imbarazzo.
Più si sale a livelli “macro”, gruppali, aziendali, istituzionali, più si ingigantiscono e palesano le difficoltà. La verità è che, per quanto vi siano ancora enormi lacune educative e resistenze socio-culturali, le persone iniziano sempre più ad aprirsi sul tema, a volerne parlare, a volere includere quella sessualità – nascosta e negata da sempre – nelle loro vite. Questo sembra ancora impossibile per chi, invece, dovrebbe essere il primo a dare il buon esempio, a educare, a creare le fondamenta per un mondo più consapevole, desideroso, espresso”.
Anche da parte dei potenziali clienti ci sono resistenze culturali?
“Il mercato dei sex toy è in piena fase di espansione, con una previsione di crescita del +9% nei prossimi 5 anni.
Indubbiamente stiamo assistendo ad un’apertura nella concezione e nel modo di vivere la sessualità, che ha preso tante differenti direzioni: c’è un focus maggiore sulla ricerca del piacere (anche da parte delle donne), si è più disposti alla sperimentazione, sia insieme che da soli, si sono sdoganate le dating app, aumentando il ventaglio di scelte possibili tra esperienze e partner. Questo è stato reso possibile anche dai sex toy, usati sempre più frequentemente sia da singole persone che da coppie (capita spesso che i partner se li regalino a vicenda per usarli insieme). Complice il lockdown, in molti si sono approcciati per la prima volta ai prodotti per il piacere, riscoprendo una dimensione di maggior contatto con se stessi, e i propri bisogni e desideri autentici. Per le donne, l’acquisto e l’utilizzo dei sex toy sta diventando un atto di autodeterminazione ed emancipazione dai canoni stereotipati della sessualità femminile.
Ma all’aumento del desiderio di conoscenza delle infinite sfaccettature relative al mondo della sessualità deve corrispondere l’aumento dell’educazione sessuale. E così non è.
Nelle scuole, le ore di educazione sessuale sono ancora limitate a pochi interventi sporadici, tenuti solo nel 20% dei casi da professionisti della salute medica, sessuale e psicologica. Per accompagnare gli adolescenti (e le normali paure della loro fase di vita) in un campo così emotivamente complesso e delicato servono strumenti professionali e persone che li possiedano.
Invece, nel restante 80% delle volte, gli incontri sono tenuti dai professori e si focalizzano su anatomia, gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili. L’argomento del piacere, così come quello del consenso, è accuratamente evitato, soprattutto se femminile (della clitoride ancora non si fa cenno).
Siccome parte dello stigma che accompagna ancora oggi i sex toy è dovuto ai tabù e alla vergogna che ruotano attorno alla masturbazione femminile, così come all’assenza di educazione all’inclusività, si deve educare la società ad un’autentica accettazione del diritto al piacere delle donne e di tutte quelle categorie finora ignorate.
Per questo, Green Vibes si propone di fare la sua parte nella lotta al cambiamento della narrazione sessuale, facendo tanta divulgazione e aprendo un canale di comunicazione libera sui temi della sessualità, dell’affettività, delle emozioni, del consenso, dell’inclusività, restituendo al piacere e alla consapevolezza i ruoli da protagonisti che meritano”.
Quali sono attualmente i sex toy più inquinanti?
“Uno dei principali fattori che rende un sex toy particolarmente inquinante è la breve durata del suo ciclo di vita. Per questo, uno degli scopi fondamentali nella progettazione della sostenibilità di prodotto è quello di ritardare il più possibile i costi ambientali ed energetici di dismissione di un manufatto, così da non “sovraccaricare” il consumo di risorse disponibili sul nostro pianeta in un periodo di tempo ridotto.
I sex toy che risultano più inquinanti sono spesso vibratori a basso costo con struttura morbida. Questi ultimi vengono comprati quasi come se fossero degli strumenti usa e getta, a fronte del loro altissimo costo sociale e ambientale (messo a confronto con tutti gli altri giocattoli sessuali). Generalmente, questi prodotti sono composti da siliconi inerti all’ambiente, e difficilmente smaltibili. Le batterie utilizzate per ottenere la vibrazione sono ottenute tramite processi complessi e, al loro interno, sono presenti metalli altamente inquinanti. Lo smaltimento controllato e il riciclo delle batterie sono oggi sempre più diffusi, ma allo stato dell’arte richiedono risorse economiche ed energetiche ancora molto alte.
Si aggiungono al problema, anche i meccanismi base dei sistemi di vendita e marketing, che inducono il consumatore a credere di avere necessità e bisogni irrealistici. Questo porta ad una saturazione del mercato e a scelte di acquisto non consapevoli.
Possiamo quindi dire in sintesi, che il sex toys più inquinante è il classico vibratore misura XL, acquistato per puro scherzo a 1 euro su qualche sito esotico, come regalo ad un addio al nubilato/celibato”.
Chi sono i vostri principali acquirenti?
“I nostri principali acquirenti sono donne nella fascia di età tra i 20 e i 45 anni, tra cui, in particolar modo, spicca la generazione Millennials. Si tratta sia di persone che approcciano per la prima volta i sex toy, sia di utenti molto più esperte in materia, che sanno già cosa desiderano trovare. Vi sono anche uomini che ricercano regali per le partner, da lasciare usare a loro individualmente o da introdurre all’interno della sessualità di coppia. Inoltre, l’offerta di prodotti per la cura di sé e del proprio corpo, così come di libri divulgativi sui temi della sessualità, dell’empowerment e dell’emancipazione, permette a chiunque di trovare elementi di interesse per sé o per idee regalo ad altre persone”.
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