Sharon Barak è un’ ingegnera chimica di Tel-Aviv. Lavorando in un’azienda che produce additivi per la plastica, Sharon ha potuto comprendere le conseguenze dell’impatto dell’uso della stessa sugli ecosistemi ed ha quindi deciso di dedicare il suo impegno di ricercatrice ad una causa completamente eco-sostenibile. Ne è scaturito un sistema molto interessante per risolvere l’endemico problema della plastica monouso. Così Sharon Barak è diventata anche la mente dietro Solutum Ltd, una società innovativa che fa plastica idrosolubile.
Sharon Barack, per i suoi meriti professionali, è entrata nel 2019 nella lista dei ‘Global shakers’ (lista mondiale di persone che stanno davvero facendo cose importanti per cambiare il mondo).
Un mare di plastica
Il problema della plastica continua a generare dibattito in tutto il mondo, in una fase come questa di grande sviluppo della sensibilità ambientale. Nonostante le molte soluzioni proposte la plastica continua ad invadere i nostri mari, sotto forma di boe, lenze, reti ma soprattutto sacchetti e bottiglie gettate dai consumatori di tutto il mondo.
Nei mari esistono addirittura delle vere e proprie isole di plastica, la prima scoperta nella prima metà degli anni ’70 a largo del Pacifico, estesa più o meno quanto la penisola Iberica, altre segnalate negli ultimi anni e dislocate in varie parti del globo. Per capire la portata del problema basta pensare che ogni anno finiscono in mare 8 milioni di tonnellate di plastica, di cui un 30% rimane a galleggiare in superficie e la parte restante finisce spesso per intrappolare pesci e tartarughe marine o per essere addirittura ingerito da essi. In un circolo vizioso o per un gioco del Karma gli stessi frammenti finiscono nel plancton dei pesci e di conseguenza sulle nostre tavole. Si stima addirittura che entro il 2050 nei mari avremo più plastica che pesci.
L’importanza dei mari per l’umanità è stata riconosciuta anche dalle Nazioni Unite, considerando che uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU si occupa proprio dell’argomento in questione, il Goal 14 infatti si occupa di “Conservare e utilizzare in modo durevole, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.
L’obiettivo delle Nazioni Unite è quello di prevenire e ridurre in modo significativo ogni forma di inquinamento marino, quindi anche quello dei materiali in plastica, entro il 2025.
Soluzione: plastica che si scioglie
Ma come fare per risolvere il problema? È quello che si è chiesta Sharon Barak, che ha deciso di dedicare la sua professione a trovare una soluzione sostenibile alla questione della plastica per salvare i nostri mari. Nel 2017 ha fondato la Solutum Ltd, progetto innovativo con cui ha vinto nel 2018 il primo premio al Mass Challenge Impact, una competizione che individua e sostiene imprese che risolvono grandi sfide dell’umanità.
Dopo tanta ricerca, la soluzione ha visto finalmente la luce nel 2020: un nuovo materiale che sembra plastica ma che in realtà è costituito solo da componenti naturali che si sciolgono in acqua dopo l’utilizzo e che possono addirittura essere bevuti.
Come spiegato sul sito web della società fondata dalla Barak, il team di ingegneri della Solutum ha sviluppato un composto unico ed ecologico, che può essere prodotto attraverso i normali macchinari con cui si produce la plastica, permettendo però anche una riduzione dei costi di produzione che può incentivare imprenditori e produttori. Gli obiettivi della ricerca sono dichiarati esplicitamente dalla Solutum: “sostituire la plastica che inquina l’ambiente circostante, causando danni devastanti alla natura e alla nostra salute” e sul sito web si può leggere anche che per produrre questo materiale innovativo non serve alcun processo particolarmente complesso o che richieda l’utilizzo di prodotti chimici.
Dubbi e domande
Come ogni scoperta rivoluzionaria anche quella della Solutum è stata sottoposta a quesiti e sfide di ogni genere e sicuramente ciò avverrà anche in futuro. In una video-intervista Sharon Barak ha risposto ad alcune domande circa la effettiva utilizzabilità del prodotto. In particolare, una questione che suscita un certo interesse è quella che riguarda l’impiego della nuova plastica per contenere cibi liquidi o bevande. È lecito chiedersi come si possa evitare che il composto del contenitore entri in contatto con i liquidi che contiene, rischiando addirittura di sciogliersi.
Da questo punto di vista la Barak ha dichiarato che sono in corso dei test per valutare l’affidabilità della plastica biodegradabile, che sicuramente può essere utilizzata per i cibi secchi e che al momento c’è anche la possibilità di controllare il tempo di scioglimento del materiale.
Un’altra grande sfida si pone invece a livello industriale, in quanto una scoperta di questo tipo rivoluziona e tocca gli interessi di un intero settore che vale attualmente circa 600 miliardi di dollari.
Una prospettiva per il futuro del pianeta
A ogni modo, una cosa è certa: le iniziative come questa hanno un’importanza enorme per il futuro del nostro pianeta. Non sarà possibile continuare ancora per molto a sfruttare le risorse naturali e al contempo inquinarle come avviene oggi, perché a rischio è il futuro del pianeta Terra.
Ogni anno vengono prodotte circa 350milioni di tonnellate di plastica, il 50% della quale deriva da confezioni monouso.
Di conseguenza, oggi più che mai, è necessario un compromesso virtuoso tra esigenze della produzione industriale ed evidenze scientifiche e chissà che non si possa fare un passo avanti proprio grazie alla “invenzione” di Sharon Barak.
Scritto da Federico Paolini