Quando si parla di sostenibilità nella grande distribuzione, il confine tra realtà e strategia comunicativa è spesso sottile. Tuttavia, negli ultimi anni, qualcosa sembra essersi mosso: alcune aziende hanno scelto non solo di raccontare il proprio impegno, ma di vincolarlo giuridicamente e renderlo misurabile, assumendo lo status di Società Benefit.
È il caso di Carrefour Italia, che nel 2023 ha intrapreso questo percorso, diventando – in ordine temporale – la prima grande catena del settore GDO a livello nazionale a farlo. A distanza di due anni, il secondo Report d’Impatto pubblicato dall’azienda offre un’occasione utile per interrogarsi non tanto sul “chi”, ma sul “come”.
Misurare l’impatto, concretamente
Il documento segue quattro finalità dichiarate di beneficio comune: transizione alimentare, lavoro dignitoso, valore per la filiera e riduzione dell’impatto ambientale. Al di là della formula, ciò che conta sono i dati.
Alcuni, come la riduzione del 55% degli sprechi alimentari rispetto al 2016, o il 99% di collaboratori formati, indicano un orientamento stabile. Altri mostrano margini di sviluppo, come la progressiva sostituzione dei packaging (oggi l’87% è riciclabile o compostabile) o il coinvolgimento di fornitori italiani nella “Food Transition Pact” (67 aziende aderenti su 500 attesi entro il 2026).
Molto positivo, in termini di attenzione alla salute, anche il dato di -42 tonnellate di sale e zucchero nei prodotti a marchio rispetto al 2023.
Nel complesso, l’impressione è che la volontà di misurare l’impatto non sia solo formale. Il dato non è perfetto, ma tracciato. Ed è un punto di partenza non banale, soprattutto in un settore ancora lontano da standard condivisi.
“Essere una Società Benefit significa agire ogni giorno con responsabilità, trasparenza e visione. In Carrefour Italia crediamo che il nostro ruolo vada oltre la distribuzione alimentare: vogliamo contribuire in modo concreto alla costruzione di un modello più sostenibile, per le persone e per il pianeta. Il 2024 è stato un anno decisivo: abbiamo ridotto gli sprechi, potenziato l’offerta a marchio e rafforzato il coinvolgimento di partner e collaboratori nella nostra strategia di transizione alimentare” – commenta Christophe Rabatel, CEO di Carrefour Italia.
La sostenibilità nella GDO: una sfida per il sistema
Il caso Carrefour mostra quanto sia complesso integrare sostenibilità e innovazione in un modello distributivo basato su larga scala, margini stretti e abitudini consolidate. La grande distribuzione è spesso accusata di eccessiva concentrazione del potere contrattuale, di filiere opache, di pratiche promozionali poco sostenibili. Ed è proprio per questo che l’adozione di strumenti come relazioni d’impatto, se ben costruiti, può rappresentare un segnale di discontinuità.
La rendicontazione consente infatti di rendere trasparente non solo ciò che si è fatto, ma anche ciò che resta da fare: sui diritti delle lavoratrici (oggi il 35% dei manager è donna), sulla qualità delle relazioni con i piccoli fornitori, sull’effettiva accessibilità del “cibo sano per tutti” che resta, ancora, una promessa più che una realtà.
Non basta dichiarare, bisogna dimostrare
Che l’impatto si possa (e si debba) misurare è forse il messaggio più interessante che emerge dal report. In un periodo in cui il greenwashing è all’ordine del giorno, strumenti come la Relazione d’Impatto delle Società Benefit, così come i Report di Sostenibilità, – se usati con rigore – aiutano a fare chiarezza.
Nel caso di Carrefour, si tratta di un test importante: non tanto perché “primi”, ma perché operano in un comparto dove il cambiamento non può essere solo simbolico, ma deve incidere su logiche consolidate, filiere lunghe e migliaia di punti vendita.
La sostenibilità nella GDO non è un esercizio di stile. È una sfida concreta, misurabile e sistemica. E se oggi Carrefour – con i suoi limiti e i suoi progressi – mette sul tavolo dati e obiettivi, il valore sta proprio lì: nell’esporsi al giudizio pubblico e nel legare la performance economica a quella sociale e ambientale. Non è garanzia di perfezione, ma un passo necessario verso modelli più credibili.