Unilever negli ultimi anni ha raddoppiato gli investimenti nella ricerca e sviluppo di imballaggi sostenibili per ridurre l’uso di plastica vergine, la stessa Ellen MacArthur Foundation (EMF) lo ha individuato come suo partner strategico nella promozione dell’economia circolare della plastica.

L’azienda sta sviluppando nuovi materiali riciclabili e compostabili attraverso il programma “Future Flexibles” e aumentando l’uso di plastica riciclata nei loro prodotti. Unilever sta anche lavorando per eliminare imballaggi non essenziali e sviluppare alternative alla plastica per imballaggi flessibili. L’obiettivo finale è ridurre l’inquinamento da plastica entro il 2035, collaborando con partner e settori per raggiungere questi obiettivi.
Gli obiettivi sulla plastica di Unilever
Unilever è una delle principali multinazionali al mondo per i prodotti per la bellezza e la cura della persona, della casa, degli alimenti e le bevande. Ha più di 30 marchi, tra cui Dove, Knorr, Rexona, Hellmann’s, Lipton, Wall’s, Lux, Magnum, Axe, Sunsilk, Hellmann’s, Cif, ecc. Unilever ha la sua sede centrale nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, ma i suoi prodotti sono venduti in oltre 190 Paesi, raggiungendo circa 2,5 miliardi di consumatori al giorno. Per mettere i suoi prodotti nelle mani dei consumatori, il packaging, ossia l’imballaggio, è fondamentale, e per lungo tempo si è basato sull’utlizzo della plastica.
Quindi, il tema degli imballaggi è, per questo grande gruppo, uno dei più critici sul piano della sostenibilità, ma è anche il più complesso, tanto è vero che alcuni mesi fa la multinazionale anglo-olandese ha rivisto al ribasso gli obiettivi ambientali al 2025 riguardo all’utilizzo di plastiche riciclate, fissati nel 2017 nell’ambito del programma Sustainable Living Plan, con un’operazione al limite del greenrinsing. I nuovi target, definiti dalla società più realistici, prevedono la riduzione del 30% dell’utilizzo di plastica vergine nei packaging entro il 2026 e del 40% entro il 2028, da raggiungere incrementando l’utilizzo di rigenerato, alleggerendo le confezioni e ampliando formati e materiali impiegati.
Ed è per questo che sta facendo molti investimenti per raggiungere un packaging sempre più sostenibile.

Come si vede nell’immagine, c’è un primo obiettivo al 2026 di riduzione del 30% nell’uso di plastica vergine, che andrà ad aumentare nel 2028, raggiungendo il 40%. Questi obiettivi saranno raggiunti aumentando l’uso di plastica riciclata, alleggerendo gli imballaggi e introducendo nuovi formati, materiali e modelli commerciali alternativi.
Il secondo grande obiettivo è raggiunegere il 100% degli imballaggi in plastica riutilizzabile, o riciclabile o compostabile, entro il 2030 per la plastica rigida ed entro il 2035 per quella flessibili (due tipi di plastica differenti che richiedono soluzioni diverse).
‘Per quanto riguarda la plastica rigida, che costituisce circa il 70% del portafoglio Unilever di materie plastiche in termini di peso, abbiamo fatto buoni progressi progettando circa l’87% del nostro portafoglio per il riciclo. Ora ci concentreremo sui componenti non riciclabili più impegnativi, come tappi, attuatori per aerosol e pompe per bottiglie. – spiega Pablo Costa, il manager che guida il settore packaging a livello mondiale.
‘Per i flessibili difficili da riciclare, come le bustine, stiamo lavorando a una serie di soluzioni per ridurne l’uso e sostituirli con materiali, formati e modelli alternativi. Rispetto ai rigidi, questo richiederà più tempo, poiché svilupperemo e scaleremo nuove tecnologie. Ad esempio, il nostro team di esperti di packaging di livello mondiale, scienziati dei materiali e modellatori digitali sta sviluppando materiali per imballaggi flessibili di nuova generazione’.
Il terzo obiettivo, quello più a breve termine, è utilizzare il 25% di plastica riciclata nei nostri imballaggi entro il 2025. Il quarto è raccogliere e trattare più imballaggi in plastica di quelli che vende entro il 2025.
Il programma Future Flexible
Le soluzioni in ambito packaging sostenibile che negli ultimi anni si stanno affacciando al mercato, sulla spinta di normative, strategie di sostenibilità, ecodesign, sono moltissime e comprendono spesso nuovi materiali o innovativi coating (cioè sostanze di rivestimento) per la carta, l’unico materiale da imballaggio ampiamente riciclabile e compostabile sul mercato, ma che da sola non è funzionale in tanti casi, bisogna applicare una ‘barriera’.

Unilever, oltre a puntare sulle collaborazioni con altre aziende, ha scelto di potenziare anche l’impegno della propria divisione interna di Ricerca & Sviluppo: 5.000 esperti che lavorano in 60 Paesi, tra cui sei laboratori globali e dieci hub regionali.
Oltre a sperimentare e verificare come utilizzare una quantità crescente di plastica riciclata negli imballaggi, gli esperti in questi centri ricercano nuovi materiali a ridotto impatto ambientale in grado di sostituire quelli usati attualmente.
Tra i programmi di ricerca più interessanti c’è il “Future Flexibles” : nuovi materiali per sostituira buste e sacchetti, oggi di plastica, che siano sia riciclabili (cioè, compatibili con i sistemi di riciclaggio) che compostabili (naturalmente biodegradabili).
“Il confezionamento di prodotti liquidi come il detersivo per il bucato e lo shampoo nella carta è una delle sfide tecnicamente più complesse che stiamo affrontando nella ricerca e sviluppo”, spiega Pablo Costa. “Hanno requisiti di barriera più elevati rispetto ai prodotti secchi. La soluzione consiste nell’eliminare lo strato di film plastico, sviluppando materiali alternativi in grado di sigillare l’imballaggio e di fornire una protezione barriera, senza compromettere la riciclabilità e la naturalità del prodotto.
La strategia di Unilever punta sull’innovazione, quindi, ma anche sulla circolarità della plastica, cioè su trovare metodi e processi che permettano alla plastica di allungare il suo ciclo di vita prima di essere buttata definitivamente generando quel drammatico problema che tutti abbiamo sotto gli occhi.
Sono necessarie misure urgenti per porre fine all’inquinamento da plastica. L’attuale ciclo di vita della plastica rimane principalmente lineare – prendere, produrre, smaltire – e le statistiche dell’OCSE sono eloquenti: dal 2000 al 2019, la produzione di plastica e i rifiuti di plastica sono più che raddoppiati, mentre solo il 9% della plastica viene infine riciclata.