Mobilità, una questione di genere

La maggior parte dei sistemi di trasporto sono sviluppati considerando le esigenze di un cittadino neutro, uomo, caucasico, eterosessuale e lavoratore a tempo pieno. Ma non è lui che prende i 'mezzi'. Un report ci racconta come la mobilità delle persone sia influenzata dal genere e altre condizioni personali. La politica dovrebbe cominciare a pianificare il sistema dei trasporti da una diversa prospettiva, soprattutto guardando i dati

Il genere è una delle caratteristiche più importanti nelle scelte di mobilità delle persone, che a loro volta incidono sull’accesso all’istruzione, all’occupazione, alla salute e al benessere generale. Motivo per cui serve una pianificazione che ne tenga conto. Partendo da questa prospettiva il gruppo parlamentare The Left del Parlamento europeo ha promosso lo studio Mobility for all. How to better integrate a gender perspective into transport policy, realizzato dalla Fondazione Giacomo Brodolini, secondo cui è necessario un approccio “di genere” nelle politiche relative ai trasporti con l’obiettivo di garantire non solo la sostenibilità economica e ambientale del settore, ma anche di migliorare l’inclusione sociale.

Come evidenzia l’eurodeputata Elena Kountoura (Syriza), componente della Commissione Trasporti e Turismo “per troppo tempo i responsabili politici hanno ignorato le esigenze delle donne nei trasporti, sia come utenti che come lavoratrici. È arrivato il momento di affrontare la discriminazione di genere per riformare la pianificazione e le politiche dei trasporti. Azione che va di pari passo con la sostenibilità”.

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Come si spostano uomini e donne?

I dati raccolti dalle ricercatrici della Fondazione Brodolini, Roberta Paoletti e Silvia Sansonetti, evidenziano come il 53% degli spostamenti degli uomini avvengano per motivi di lavoro mentre per le donne gli spostamenti si dividono tra lavoro (23%) e famiglia. E il 20% dei loro “movimenti” quotidiani è legato al lavoro di cura, come accompagnare bambini o anziani, soprattutto effettuati con mezzi pubblici e principalmente nelle zone di residenza o limitrofe. Gli uomini, al contrario, compiono tragitti più lunghi e lineari spesso in auto.

Ed è proprio il modello di spostamento maschile a influenzare maggiormente la pianificazione dei trasporti che – rileva lo studio – spesso non riesce ad andare incontro alle esigenze di un’utenza che è per la maggior parte femminile.

L’età e la disabilità

Lo studio affronta anche la questione dell’età e della disabilità come fattori che impattano sulla fruibilità dei trasporti, con un’incidenza maggiore nelle donne. Secondo i dati, infatti, solo 7 donne over 75 su 100 hanno a disposizione un’auto e la maggior parte di esse si affida al partner o a un componente del nucleo familiare per spostarsi. Se a questo si aggiungono eventuali disabilità, dovute all’età o a patologie, è chiaro come sia necessario “un approccio intersezionale all’organizzazione del servizio di trasporti perché tutti possano continuare a muoversi in autonomia”, si legge nello studio.

Sostenibilità: donne più sensibili

Per quanto riguarda la sensibilità ambientale, le donne sono più informate circa i rischi ambientali legati all’inquinamento e ne vengono influenzate nelle loro scelte anche di mobilità. Lo studio riprende i dati di Eurobarometro, secondo cui il 79% delle donne considera il climate change un grave rischio a fronte del 76% dei maschi. Inoltre l’80% della donne è convinto che la questiona ambientale abbia un impatto diretto sulla salute nonché sulla vita quotidiana delle persone. Infine il 69% – gli uomini sono il 66% – pensa che i governi non stiano mettendo in campo strategie efficaci per arginare il cambiamento climatico.

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Violenza e molestie sessuali

Le molestie sessuali nei confronti delle donne, sia che camminino per strada, in autobus o in treno, sono un problema, come di continuo i fatti di cronaca ricordano. l comportamenti di viaggio delle donne sono quindi influenzati anche da considerazioni di sicurezza e dalla paura di subire aggressioni.

Anche la comunità LGBTQIA+ è esposta alle stesse problematiche.

La raccolta dati su questo tema in ambito europeo è eterogenea, ma per dare idea della portata del fenomeno, come riportato da uno studio del Parlamento europeo su donne e trasporti, si stima che 220.000 donne sono state molestate sessualmente sui mezzi di
trasporto pubblico nella sola Francia in un periodo di due anni.

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La dimensione della povertà

La mobility poverty è un altro fenomeno analizzato. Secondo lo studio una limitata mobilità determina forme di esclusione sociale ed economica perché impedisce di fruire dei servizi, di cogliere offerte di lavoro nonché di vivere la dimensione sociale e culturale dei centri abitati. Anche in questo caso gli effetti negativi si fanno sentire in particolar modo sulle donne, maggiormente esposte a precarietà lavorativa anche a causa del carico del lavoro di cura che, spesso, gestiscono sole laddove il welfare non arriva in sostegno.

Una guida per i policy makers

Il report non si limita a scattare la fotografia dello stato dell’arte ma delinea un metodo nonché azioni concrete che governi e soggetti coinvolti nella pianificazione dei trasporti possono mettere in campo, tenendo conto delle necessità degli utenti rispetto al genere e adottando un approccio intersezionale nel ridisegnare i servizi.

Come metodo, si deve garantire una reale partecipazione della società civile, soprattutto alle organizzazioni delle donne, specie se femministe e transfemministe, alla pianificazione e gestione dei trasporti in tutte le fasi.

Inoltre è cruciale adottare anche un approccio data driven: di qui l’invito a raccogliere sistematicamente dati disaggregati per genere per definire la pianificazione in maniera più efficace.

Per quanto riguarda le azioni concrete, si accendono i riflettori sulla necessità di prendere in considerazione aspetti come la coerenza di orari e connessioni con la giornata tipo delle famiglie con bambini, l’efficacia dei trasporti all’interno dei quartieri, e sottolinea l’importanza di verificare l’esistenza di percorsi protetti, servizi di scuolabus, connessioni, l’accessibilità e la disponibilità di informazioni.

“L’invito è anche quello di considerare la sostenibilità come questione sociale: non dovrebbe spettare ai più deboli sostenere i costi della transizione verde – spiegano inoltre Paoletti e Sansonetti – Per questo è importante che si introducano azioni per rendere meno onerosa la decarbonizzazione sia offrendo alternative per la mobilità, sia attraverso servizi verdi che però prevedano costi calmierati”.

Rispetto alla disabilità, la guida oltre a richiamare al rispetto dei requisiti di accessibilità e informazione imposti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, suggerisce ai policy maker di considerare aspetti specifici di genere.

Sul fronte mobility poverty è necessario che le amministrazioni mappino le zone di attrazione maggiori per il lavoro e valutino se i trasporti soddisfino i bisogni di collegamento e se esistano strumenti per agevolare l’accesso al trasporto pubblico delle persone meno abbienti.

“Un sistema di trasporti ben funzionante deve essere in grado di supportare una maggiore inclusione sociale, consentendo alle persone di partecipare attivamente alla vita pubblica, indipendentemente dal loro genere, luogo di residenza e dalla loro posizione socio-economica”, conclude il report.

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