Nel 1953, il Dr. Howard Bowen ha coniato il termine responsabilità sociale delle imprese (CSR), affermando che i dirigenti aziendali sono moralmente obbligati a considerare le conseguenze sociali – una responsabilità che può prevalere sui loro obblighi verso gli azionisti.
Immagino che Bowen abbia ipotizzato un leader dalla fronte corrucciata, che studia in che modo gli strumenti a sua disposizione – sviluppo del prodotto, benessere dei dipendenti, filantropia o altri mezzi – possano aiutare a risolvere un problema sociale; e che sfrutta con accortezza la migliore leva a propria disposizione per poi alzarsi la mattina dopo, pronto per una nuova grande sfida.
Un esercizio che non era certamente per i deboli di cuore. Anzi, la CSR avrebbe dovuto aumentare la frequenza cardiaca.
Sfortunatamente, nei 70 anni successivi, gli stimoli in questa direzione si sono arenati a un livello di eccessivo comfort.
La CSR è diventata una “catchall”, un asso pigliatutto. Donazioni aziendali. Cause marketing. Matching dei dipendenti. Sostenibilità ambientale. Gestione della catena di approvvigionamento. Volontariato.
Le strutture variano ampiamente da un’azienda all’altra. Pochissimi programmi sono gestiti da qualcuno a livello di c-suite. Non esiste una formazione professionale diffusa e riconosciuta. Non esistono organismi di certificazione o funzioni di controllo dei record per aiutare le aziende a misurare e gestire la qualità di un portafoglio di beni sociali. I programmi di responsabilità sociale spesso mancano di ambizione e, peggio ancora, sono stati usati come foglie di fico. Troppe poche funzioni CSR ambiscono appassionatamente l’eccellenza.
Per essere chiari, c’è un lavoro eccellente che alcune aziende hanno svolto sotto la bandiera della CSR. Ma nel complesso, la CSR non riflette ingegnosità, etica e azione. Non è l’ancora morale che spinge un leader verso l’integrità.
Fino ad ora. Bowen sosteneva che le due condizioni più importanti per una CSR
di successo sono:
1) i dirigenti aziendali devono riconoscere la responsabilità sociale del proprio lavoro;
2) il pubblico deve preoccuparsi che le imprese e i dirigenti aziendali si assumano tali responsabilità.
Il 2020 inaugura un’era in cui entrambe le condizioni sono finalmente vere. I principali problemi che la società deve affrontare, sia a livello globale – si pensi ai cambiamenti climatici e alla crisi dei rifugiati – sia a livello locale – si pensi ai senzatetto e al cibo – non sono mai stati più presenti nella vita quotidiana. La coscienza sociale è diventata parte dello zeitgeist, dello spirito del tempo. I leader stanno riconoscendo le loro responsabilità.
L’estate scorsa, durante una Business Roundtable, alcuni dei CEO più influenti degli USA hanno dichiarato che le aziende dovrebbero mettere la responsabilità sociale al di sopra del profitto. Mentre il valore di questa affermazione potrà vedersi solo con il tempo, il fatto che si siano concentrati su questo e che leader di grandi aziende con grandi disponibilità economica si impegnino a renderla vera, rende la dichiarazione stessa senza precedenti e importante. Inoltre, alcuni leader non si stanno semplicemente unendo ai ranghi aziendali tradizionali per attuare questo cambiamento: stanno ripensando le loro aziende con la responsabilità sociale come pietra angolare. Basta guardare a esempi come Allbirds o Sweetgreen per vederlo. Allo stesso tempo, il pubblico tiene molto in considerazione i dirigenti d’azienda.
Per il dodicesimo anno consecutivo, l’indice di fiducia di Edelman (Edelman Trust Index) mostra che le persone si fidano più del business che del governo. Per molti, questo si traduce nella convinzione che il business possa aiutare a risolvere i problemi più urgenti della società. E dì quello che vuoi, su Millennial e Gen-Zers, ma sono una forza enorme per tenere il business sotto pressione. Statisticamente, uno sforzo per realizzare una responsabilità sociale di successo ha influenza su dove questa parte della popolazione sceglie di lavorare, come utilizza il suo potere d’acquisto e come conduce le sue attività (NB: i CEO di Allbirds e Sweetgreen sono Millennial).
Il tempo è giunto. In qualsiasi modo lo si voglia chiamare – CSR, ESG, o impatto sociale – i leader che davvero incorporeranno questo elemento nel tessuto delle loro organizzazioni – comprendendo dirigenti c-suite, rappresentanti del consiglio di amministrazione, sistemi di gestione e audit – creeranno aziende migliori, e queste aziende renderanno il nostro mondo migliore. Coloro che non lo faranno, lo faranno a rischio e pericolo della loro organizzazione.
Il 2020 sarà l’anno della fronte corrugata e del battito cardiaco elevato. Penso che questo, farebbe sorridere Howard Bowen.
Scritto da Emily Kane Miller, fondatrice di Ethos Giving, una società di servizi filantropica.
Originariamente pubblicato in lingua inglese da Triple Pundit
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