In Italia, nonostante l’ampliamento delle garanzie a tutela dell’Ambiente avvenuto negli ultimi anni grazie alle spinte internazionali ed europee, la difesa dei diritti della Natura risulta essere ancora fragile e frammentata.
Attualmente nel nostro Paese, la normativa di riferimento è contenuta nella Carta Costituzionale, recentemente modificata con la Legge costituzionale dell’11 febbraio 2022, n. 1, recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente” e nel Testo Unico dell’Ambiente (D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006).
L’attuale testo dell’art. 9 della Costituzione, che rientra tra i principi fondamentali, è il seguente (i commi, cioè le parti, in neretto sono quelle aggiunte di recente):
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali“.
L’attuale testo dell’art. 41 della Costituzione, contenuto nella parte dedicata ai “diritti e doveri dei cittadini”, nel titolo III, rubricato “rapporti economici” è il seguente (in neretto le parti nuove):
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali“.
Per quanto la recente riforma costituzionale rappresenti un’evoluzione culturale estremamente importante in quanto finalmente viene riconosciuto all’ambiente un valore primario costituzionalmente protetto, non permette ancora di risolvere diverse questioni filosofiche e giuridiche, prima fra tutte la ricostruzione della nozione stessa di Natura.
Il concetto di Natura, una rivoluzione copernicana
La riforma, per quanto apprezzabile, approccia ai diritti della Natura con una tradizionale interpretazione antropocentrica, che definisce l’Ambiente e gli ecosistemi come diritti fondamentali della persona e della comunità.
Nell’ambito del diritto ambientale, tale approccio è molto diffuso anche nella normativa europea, ove i danni arrecati all’ambiente vengono sempre interpretati come risultato di violazioni di diritti (puramente) umani. Da tale impostazione consegue, dunque, una tutela solo indiretta della Natura.
Nell’ultimo decennio, invece, tale approccio è stato lentamente abbandonato in favore di una vera e propria rivoluzione copernicana del diritto ambientale.
È ormai convinzione condivisa che anche la Natura debba essere considerata un soggetto di diritto, al quale attribuire veri e propri diritti ed interessi, meritevoli di tutela giuridica, al pari di una persona fisica o giuridica.
Alcuni Paesi hanno riconosciuto la soggettività giuridica della Natura direttamente nei testi costituzionali o in testi normativi, come l’Ecuador (2008), la Bolivia (2010), la Nuova Zelanda (2017) e l’Uganda (2019). Ad esempio, The National Environment Act dell’Uganda stabilisce che “la natura ha il diritto di esistere, persistere, mantenere e rigenerare i suoi cicli vitali, struttura, funzioni e i suoi processi evolutivi”.
Altri Paesi, invece, hanno operato questa scelta nelle pronunce giurisprudenziali delle proprie Corti Supreme, come la Colombia, l’India e il Bangladesh.
Chi può rappresentare la Natura in Tribunale?
E’ evidente l’impossibilità della Natura di tutelarsi e difendersi da sé, pertanto riconoscerle uno status giuridico è solo il primo passo di un importante e rivoluzionario percorso.
Essenziale, infatti, è individuare anche i soggetti fisici legittimati a rappresentarla in giudizio nonché il luogo ove tali decisioni debbano essere prese.
Ed è così che, nel 2014, The Global Alliance of the Rights of Nature (GARN) – network internazionale di organizzazioni e persone con la missione di far riconoscere la soggettività giuridica della Natura nei moderni sistemi legislativi – ha creato il Tribunale Internazionale dei diritti della Natura.
Il Tribunale ha l’obiettivo di creare un forum internazionale di persone che possano rappresentare e parlare in nome e per conto della Natura nonché di fare raccomandazioni sulla protezione e ricostruzione della Natura.
Il Tribunale è anche fortemente impegnato nel dare voce ai popoli indigeni che vogliano condividere le proprie preoccupazioni in merito alle minacce subìte dalla loro terra, dalle loro acque e dalla loro cultura.
Vi sono sedi Regionali che trattano temi più specifici, riguardanti il territorio rientrante nella propria giurisdizione, e che si radunano più frequentemente. In Europa, per esempio, è stato istituito il Tribunale regionale in difesa degli ecosistemi acquatici.
Il Tribunale Internazionale dei diritti della Natura
Fino ad oggi, il Tribunale si è radunato cinque volte: a Quito e Lima nel 2014, a Parigi nel 2015 in occasione del Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite COP-21, a Bonn nel 2017 in occasione della COP-23 ed infine, lo scorso novembre a Glasgow in occasione della COP-26 e hanno avuto luogo due udienze che hanno trattato il “Climate Change Case” e “l’Amazon Case” (qui è possibile trovare le due sentenze).
Questi incontri si pongono l’obiettivo di dare massima visibilità e risonanza ai principali progetti intrapresi a protezione degli ecosistemi e, soprattutto, di pronunciare sentenze innovative che possano costituire solidi “precedenti” giurisprudenziali sui principi dei quali le comunità locali e gli attivisti di tutto il mondo possano finalmente fondare giuridicamente le proprie battaglie.
La strada per i Diritti della Natura è appena cominciata.
Avv. Francesca Gardella – Freebly, prima società benefit tra avvocati
(Foto di copertina: foresta amazzonica di Ecuador, di Andrés Medin)