Le Paralimpiadi e le (dis)abilità che superano ogni ostacolo

Lo sport è un veicolo straordinario per superare limiti e barriere, non solo agonistiche ma anche sociali

A meno di un mese dalla conclusione delle Olimpiadi, Parigi ospiterà dal 28 agosto la XVII edizione dei Giochi Paralimpici, che dureranno fino all’8 settembre: durante questi undici giorni oltre 4.400 atleti provenienti da tutto il mondo competeranno in diverse discipline, suddivise a seconda del differente livello di disabilità.
Disabilità: ma è la parola giusta da usare in questo contesto? Ci sentiamo quasi di definirla inappropriata, poiché le prestazioni che questi campioni sono in grado di raggiungere sono il più delle volte di gran lunga superiori a quelle a cui potrebbe arrivare un cosiddetto normodotato, magari con l’eccezione degli atleti professionisti.

Le Paralimpiadi nascono in Italia

Foto del logo delle paralimpiadi

Probabilmente tutti conoscono Pierre de Coubertin quale fondatore delle Olimpiadi moderne, ma forse pochi sanno che la nascita delle Paralimpiadi si deve a un medico e neuropsichiatra italiano: fu Infatti il dottor Antonio Maglio che, ispirato da dei giochi di Stoke Mandeville per persone con disabilità, organizzati dall’amico neurologo Sir Ludwig Guttmann, si fece promotore affinché Roma, subito dopo le Olimpiadi del 1960, organizzasse le prime Paralimpiadi. Vi parteciparono 400 atleti di 23 nazioni.
Negli anni ’50 chi aveva una lesione midollare era destinato a vegetare a letto: vedendo però il metodo rivoluzionario usato dal dottor Guttmann per riabilitare i reduci di guerra inglesi, Maglio aprì nel 1957 il primo Centro Paraplegici “Villa Marina” a Ostia. “All’epoca non esisteva il concetto di riabilitazione, mentre lui parlava già di presa in carico dei pazienti”, ha spesso ricordato la moglie Maria Stella Calà, tuttora vivente: “è stato un visionario che già parlava di reinserimento socio-lavorativo, di affettività e sessualità, di ricerca scientifica, di uguaglianza”. La sua storia è stata raccontata con grande efficacia nel film “A muso duro”, con protagonista Flavio Insinna (attore particolarmente sensibile alle tematiche sociali), visibile sul sito della RAI.

Fotografia della delegazione italiana alle Paralimpiadi di Roma 1960
Antonio Maglio con gli atleti sfilano alle prime Paralimpiadi di Roma 1960

Oltre ad aver consentito un netto miglioramento delle prospettive di vita alle persone paraplegiche, Guttman e Maglio hanno dimostrato il valore dello sport come mezzo per il recupero psicofisico. Inoltre, i due neurologi davano molta importanza anche allo spirito di comunità, al recupero dell’autostima e al benessere fisico, con il rafforzamento della muscolatura. Questa idea si è poi sviluppata negli anni, anche per persone con altri tipi di invalidità; inevitabilmente, ci viene spontaneo ricordare gli incontri che abbiamo fatto con Danilo Ragona di Able To Enjoy e Cheikh Diattara di KeChic, dove lo sport ha avuto un ruolo cruciale nella loro vita.
Da allora di strada ne è stata fatta, come il film stesso conclude, ma ce n’è ancora molta da fare. Alle Paralimpiadi di Parigi parteciperanno persone con diversi tipi di menomazioni, prevalentemente di tipo visivo e motorio: che nella capitale francese dovranno trovare una città accessibile e inclusiva per tutti.

Conoscere, ispirare, vivere

Per molto tempo il disabile è stato compatito, evitato, tenuto nascosto anche dalle famiglie che se ne vergognavano, quasi fosse una colpa: lentamente tanti pregiudizi e preconcetti sembrano scomparire, anche se c’è ancora parecchio lavoro da fare, specie dal punto di vista culturale. In questo, ovviamente, la conoscenza è un antidoto formidabile contro l’ignoranza.
A tale proposito ci sembra di grande valore una trasmissione come Sportabilia, ideata dal giornalista RAI Lorenzo Roata, che dal 2002 si dedica a far conoscere lo sport paralimpico. È poi indubbio che la visibilità degli sport per persone con disabilità è cresciuta negli ultimi anni grazie a una serie di campioni che hanno dato maggiore popolarità: i primi due nomi che vengono in mente sono quelli di Alex Zanardi e Bebe Vio.

Entrambi hanno raggiunto risultati sportivi straordinari: nel 2007, alla sua prima maratona di New York in handbike, Zanardi è arrivato 4°; la vincerà nel 2011 e nel 2019 (a 52 anni) stabilirà il record mondiale nell’Ironman/Triathlon. Poi aggiungerà altre 16 medaglie d’oro fra Paralimpiadi e Campionati Mondiali; come decine sono pure le medaglie d’oro conquistate dalla fiorettista Bebe Vio nelle competizioni internazionali, che a Parigi è alla sua terza partecipazione olimpica.
Il loro grande merito va però ben oltre questi successi, poiché la loro vitalità, il loro entusiasmo e la loro positività nell’affrontare gli ostacoli della vita continuano a essere di grande ispirazione per tutti, non solo per persone disabili. D’altronde, la contagiosa energia di Bebe si esprime meravigliosamente nel suo motto “la vita è una figata” (diventata addirittura un programma RAI).

Eclettici e longevi: le sorprendenti storie degli atleti paralimpici

Nell’ultima decina d’anni il movimento dello sport paralimpico italiano è cresciuto moltissimo, inserendosi fra le eccellenze mondiali: se nel medagliere a Roma l’Italia fu prima assoluta con 80 medaglie (di cui 29 ori), con le 39 e 69 medaglie delle ultime due edizioni gli azzurri sono complessivamente a quota 599, a cui vanno aggiunte le 74 dei giochi paralimpici invernali. Quest’anno la partecipazione della nostra delegazione è ancora più corposa del solito, con 71 maschi e 70 femmine.
Non è raro trovare atleti che competono ad altissimo livello e vincono, anche dopo avere superato i 40 o i 50 anni, riuscendo ad avere carriere tendenzialmente più lunghe rispetto a quelle dei loro equivalenti normodotati. Sono risultati frutto di allenamenti costanti e miglioramenti nelle tecnologie a supporto, come nel caso delle protesi. Le storie di questi protagonisti sono sempre molto coinvolgenti, parlano di forza di volontà, spesso fede, sempre di coraggio: impossibile raccontarle tutte, ma qualche altro nome vale la pena ricordarlo.

A partire da quello di Maria Scutti, “una delle ragazze” del centro del dottor Maglio: da sola vinse 10 medaglie d’oro, 3 d’argento e 2 di bronzo, partecipando a varie competizioni di atletica leggera, nuoto e scherma. Questo record è tuttora imbattuto.
Ci sono diversi atleti in grado di cimentarsi in molteplici discipline, come dimostrano altri due campioni: con la sua carrozzina Alvise De Vidi ha partecipato a 6 olimpiadi, correndo dai 100 metri (argento) alla maratona (oro), regalandosi pure un altro oro a Seoul nei 25 metri farfalla di nuoto. Anche Francesca Porcellato ha corso dai 100 metri alla maratona, aggiungendo poi la handbike, con due ori ai mondiali, ma soprattutto diventando competitiva anche nello sci nordico, con un oro olimpico a Vancouver.

Paola Fantato non solo ha partecipato a cinque paralimpiadi vincendo 8 medaglie nel tiro con l’arco (5 ori) ma ad Atlanta 1996 ha gareggiato nella competizione olimpionica, guadagnando il rispetto e la stima di tutti i concorrenti.Quando si parla di paralimpiadi è imprescindibile il nome di Luca Pancalli, dal 2000 presidente del Comitato Italiano Paralimpico, che ricorda molto bene l’incontro con il dottor Maglio che gli disse: “tu amavi far sport, eri un atleta, perché non continui? Tu devi continuare e devi ricominciare”. Ripresi gli allenamenti in piscina dopo la caduta da cavallo, Pancalli disputerà quattro Paralimpiadi, vincendo 15 medaglie (8 ori).

L’ultima citazione non può che andare al magnifico terzetto delle atlete azzurre che, sotto la pioggia torrenziale di Tokio, hanno conquistato l’intero podio nella gara dei 100 metri per atleti con protesi: sono Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto, che abbiamo scelto per la nostra copertina nella loro posa da Charlie’s Angels (risultato che hanno replicato l’anno scorso ai campionati mondiali). Proprio la Caironi è stata di ispirazione sia per la Contraffatto, caporale maggiore che ha perso una gamba per un attacco in Afghanistan, che per la Sabatini.

Con la buona copertura televisiva delle prossime Paralimpiadi c’è davvero la possibilità di divertirsi ed entusiasmarsi per le imprese di questi straordinari atleti, che ogni volta ci dimostrano un’incredibile resilienza, sostenuta da una forza di volontà che riesce a superare ogni avversità. Le Paralimpiadi sono un’occasione di crescita con un messaggio forte di inclusione e integrazione, che ci piace racchiudere nelle parole di Alvise de Vidi: “ho fatto vedere che, nonostante una lesione molto alta come la mia, si può vivere in maniera bella, dignitosa, vivace, piena, e questo credo sia il risultato più importante che ho ottenuto”.

(Foto copertina: Thomas Lovelock – altre foto da Memoria Paralimpica)

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