In Italia le piccole-medie imprese costituiscono l’ossatura dell’occupazione e della produzione e tra queste, stando ai dati del “Welfare index Pmi 2022”, le PMI con un welfare più evoluto sono quelle più solide e competitive sul mercato, con maggior resilienza agli scenari ricchi di incertezze e risultati di crescita più performanti. Inoltre, gli imprenditori che fanno del welfare aziendale una strategia, costruiscono e beneficiano di un’ampia e fidata rete a supporto della propria dirigenza: dipendenti, fornitori, comunità e istituzioni locali.
Con il termine 'welfare aziendale', letteralmente 'benessere aziendale', si fa riferimento a tutto quelle attività e iniziative che l'azienda pone in essere per i suoi dipendenti, sia di tipo economico che sul piano della salute e della qualità della vita.
Il documento è giunto alla sua settima edizione ed è promosso da Generali Italia, con il patrocinio della presidenza del Consiglio e la partecipazione delle principali confederazioni italiane: Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio.
Consapevolezza e maturità del ruolo sociale dell’impresa
Il Rapporto, partendo da un’analisi dinamica dei bilanci e degli indici di welfare di 2.600 imprese negli anni 2019, 2020 e 2021, dimostra che le imprese con un welfare più evoluto hanno ottenuto performance di produttività nettamente superiori alla media, con una crescita più rapida di profitti e occupazione.
Il welfare aziendale ha raggiunto dunque un buon livello di maturità, e lo conferma non solo le evidenze quantitative del rapporto, ma anche le analisi dell’esperienza delle migliaia di imprese che hanno partecipato all’indagine e delle best practice di cui sono state osservate le storie e i risultati.
Tra i responsabili aziendali sembra essersi affermata la consapevolezza del ruolo sociale d’impresa e dei benefici che una politica di welfare è in grado di apportare tanto alla gestione del business, contribuendo alla crescita dell’azienda e al miglioramento dei suoi risultati economici, quanto al benessere delle famiglie dei lavoratori e delle comunità con cui l’azienda interagisce.
In particolar modo sono aumentate le imprese che considerano il welfare aziendale come una leva strategica, e che hanno saputo integrare gli obiettivi e le politiche sociali con gli obiettivi e le politiche di business.
Centralità del welfare aziendale nello scenario attuale
Crisi energetica e shock inflattivo stanno attualmente imponendo grandi sfide con pesanti conseguenze economiche e sociali, stanno mettendo a rischio la stabilità delle imprese e impoverendo le famiglie.
In questo scenario il welfare aziendale si propone e pone come un fattore di resilienza: sta agendo come fattore di tenuta e come acceleratore della crescita. In tutti i contesti le imprese con un welfare più evoluto hanno ottenuto risultati sensibilmente migliori della media.
Il governo ha stanziato importanti risorse per la protezione sociale e ha incoraggiato le aziende a impegnarsi a propria volta a sostegno delle famiglie, incentivando il rimborso delle bollette energetiche dei dipendenti. Sono molte le imprese che hanno risposto a questo appello. Questo può essere considerato un chiaro segnale del ruolo che le imprese possono assumere, se incoraggiate dalle norme pubbliche, agendo come fattore di coesione sociale.
Il Pnrr volto a promuovere la crescita, innovare le infrastrutture e accelerare la transizione verso modelli di sviluppo sostenibili, prevede ampio spazio ai progetti di rinnovamento dei sistemi di welfare, in particolare la sanità, la formazione, l’inclusione sociale: il Report sostiene la tesi che solo un’azione congiunta tra stato e imprese può esser in grado si realizzare progetti tanto ambiziosi con buoni risultati.
Il ruolo di istituzioni aziende, famiglie
Insieme al Report è stato presentato anche il position paper “Il contributo del welfare aziendale al rinnovamento del welfare italiano”, firmato dagli esperti del comitato guida Welfare index Pmi.
Il documento ha evidenziato come le imprese possano svolgere un ruolo significativo nella promozione della crescita economica e del benessere nazionale.
L’ammontare complessivo della spesa di welfare pubblico e privato in Italia nel 2021 si attesta a 785 miliardi di euro: l’80% (627 miliardi) proviene dalle casse dello Stato, il 17,4% (136,6 miliardi) dalle famiglie e il 2,7% (21,2 miliardi) dalle aziende. Il comitato di esperti ha perciò identificato nel welfare aziendale uno strumento decisivo e incisivo attraverso cui investire maggiori risorse nei settori chiave dei progetti Pnrr.
L’evoluzione del welfare italiano non può dunque essere sostenuta dalla sola iniziativa pubblica, la cui spesa corrente non è in grado di crescere, né dalla spesa individuale delle famiglie, che ha raggiunto livelli difficilmente sostenibili. È il welfare aziendale che, se adeguatamente incoraggiato, è in grado di accrescere ulteriormente la propria iniziativa nell’interesse stesso delle imprese. Imprese che possono inoltre agire come aggregatori di domanda, organizzando un accesso collettivo ai servizi e riducendo in tal modo il costo delle prestazioni.
Performance del welfare in Italia
Negli ultimi sette anni, dal primo rilevamento del Report, il ritmo di crescita del welfare aziendale è stato sostenuto e continuo: le imprese con un livello di welfare aziendale elevato (alto e molto alto) sono più che raddoppiate, dal 10,3% nel 2016 all’attuale 24,7%; quelle a livello almeno medio sono aumentate dal 51,1% al 68,3%, mentre quelle a livello iniziale sono diminuite dal 48,9% al 31,7%.
L’impegno nel welfare aziendale coinvolge le imprese di tutti i settori produttivi: il terzo settore, costituito da organizzazioni non profit e per vocazione orientate al sociale, presenta la quota maggiore di imprese con livello di welfare elevato (41,8%), seguito dal settore dei servizi e degli studi professionali (36,8%).
Il livello di welfare si conferma proporzionale alla dimensione aziendale: la quota di imprese con livello elevato di welfare è massima (70,7%) tra quelle con oltre 250 addetti, e molto rilevante (66,8%) nelle PMI tra 101 e 250 addetti. Ma anche tra le microimprese con meno di 10 addetti è da considerarsi molto positivo che 15% abbiano raggiunto un livello di welfare elevato. L’universo monitorato da Welfare Index PMI è costituito da 660 mila aziende, metà delle quali appartengono alla fascia delle più piccole, da 6 a 9 addetti. La loro presenza nel territorio determina una diffusione molto ampia delle iniziative sociali.
La distribuzione per aree geografiche è decisamente uniforme, con differenze contenute tra Nord (26,3% di imprese con livello di welfare elevato) e Sud (22,2%).
L’insieme di questi dati e i trend di crescita confermano che il welfare aziendale è un movimento in continua espansione.
Le 10 aree del welfare aziendale
Il Report individua dieci le aree del welfare aziendale:
1. Previdenza e protezione: rilanciare la previdenza complementare facilitando l’informazione e le scelte consapevoli dei lavoratori; sviluppare una piattaforma nazionale che permetta in tutte le aziende di supportare la pianificazione previdenziale;
2. Salute e assistenza: mettere a sistema la partnership SSN – imprese, per diffondere servizi sanitari di prossimità rivolti alle comunità aziendali e aperti al territorio, e servizi domiciliari supportati da telemedicina e teleassistenza; sostenere l’attuazione, da parte delle aziende, di campagne vaccinali e prevenzione;
3. Conciliazione vita – lavoro: promuovere la cultura e i modelli di organizzazione flessibile del lavoro, centrati sulla responsabilità delle persone e la valutazione dei risultati;
4. Sostegno economico alle famiglie: incentivare, nell’attuale crisi energetica e inflattiva, l’iniziativa delle aziende a sostegno delle fasce familiari più vulnerabili;
5. Sviluppo del capitale umano: promuovere e incentivare le iniziative aziendali di formazione professionale, alta formazione, sviluppo dei soft skill; aprire la formazione aziendale agli studenti e ai giovani in cerca di lavoro; mettere a sistema la cooperazione tra imprese, scuola, università;
6. Sostegno alle famiglie per l’istruzione e la cultura: incentivare l’aiuto delle aziende alle famiglie, particolarmente quelle a basso reddito, per sostenere l’intero ciclo di istruzione dei figli e le attività culturali; sviluppare iniziative premianti legate al merito; sviluppare la cooperazione tra imprese, scuola e università per diffondere la conoscenza del mondo del lavoro, valutare le attitudini, orientare le scelte;
7. Diritti, diversità e inclusione: sostenere le iniziative aziendali di empowerment e leadership femminile; promuovere la formazione delle competenze digitali; incentivare le iniziative aziendali per l’inclusione sociale dei soggetti deboli e l’integrazione degli immigrati; attivare su questi obiettivi la partnership tra imprese, istituzioni locali e strutture del sistema formativo, coinvolgendo le organizzazioni del terzo settore;
8. Condizioni di lavoro e sicurezza: diffondere la certificazione e le misure per la qualità e la sicurezza nel lavoro; misurare i tassi di conversione degli stage e dei contratti a termine in rapporti di lavoro stabile come criteri di sostenibilità;
9. Responsabilità sociale verso consumatori e fornitori: coinvolgere le imprese nella definizione di criteri di misurazione della sostenibilità e dell’impatto sociale adeguati alle PMI; comunicare queste misure ai consumatori e gli stakeholder; diffondere le misure di sostenibilità e di impatto sociale nelle filiere produttive, nei fornitori delle grandi aziende e negli appalti pubblici;
10. Welfare di comunità: incentivare le iniziative delle imprese a beneficio delle comunità e i servizi aziendali aperti al territorio; gli enti pubblici dovrebbero rilevare i fabbisogni delle comunità, indicare le priorità, aggregare nei progetti le imprese del territorio, i servizi pubblici, le organizzazioni del terzo settore.
Le performance del welfare nazionale nelle diverse aree
In base ai dati del “Welfare Index PMI 2022” le aree dove le imprese si sono impegnate maggiormente sono state: sicurezza e condizioni lavorative (74% delle Pmi con “livello alto e molto alto”), l’area dei diritti, diversità e inclusione nella quale nove aziende su dieci raggiungono il livello medio, mentre 47,8% ottengono un livello elevato e il welfare di comunità dove la gran parte delle imprese (87,5%) sono impegnate in iniziative sociali nel territorio, e due su tre (66,5%) lo fanno in modo consistente (66,5%).
Seguono aree con quote tra il 35% e il 40% di imprese a livello alto o molto alto: Sviluppo del capitale umano, Conciliazione vita-lavoro, Previdenza e protezione, Responsabilità sociale verso consumatori e fornitori.
La Salute e assistenza, nonostante la crescita degli ultimi anni, non può dirsi un’area matura: metà delle imprese raggiungono un livello medio (perlopiù per l’adesione a fondi o assicurazioni sanitarie), e solo il 28% un livello alto o molto alto.
Il Sostegno economico alle famiglie vede il 28,8% delle imprese attive a livello almeno medio. La crisi energetica e l’inflazione stanno determinando gravi conseguenze sociali, e il governo ha incoraggiato le iniziative sociali delle imprese, incentivando il rimborso delle bollette.
L’area meno matura è quella del Sostegno alle famiglie per l’educazione e la cultura, anch’essa di preminente valore sociale: solo il 10% delle imprese raggiungono un livello medio di iniziativa.