Scarpe green, un passo alla volta verso il cambiamento

Le scarpe green sono di buona qualità e durano nel tempo perchè possono essere riparate. Le più originali sono upcycled

Oggi vorrei dare spazio al mio accessorio preferito: le scarpe. I miei piedi a un certo punto hanno smesso di crescere, ma non posso dire lo stesso della mia collezione. Mi sono data poche regole: niente similpelle che è destinata a rovinarsi, acquisti second hand e una buona manutenzione. Nella mia scarpiera trovano posto pezzi ereditati da mamma e zie, e tante scarpe risuolate anche più volte.

Sono convinta che quando si trova un buon calzolaio bisogna tenerselo stretto (come il parrucchiere). Il mio l’ho coinvolto in una serie di progetti di upcycling, come unire il gambale di stivali sfondati a un polacchino per creare degli ankle boots coloratissimi, o inserire delle borchie intorno allo scollo di ballerine un po’ larghe per farci passare un laccetto da girare intorno alla caviglia. Non potete capire l’orgoglio quando porto un pezzo della mia collezione a far riparare e l’artigiano che vede passare centinaia di scarpe al mese mi dice “questo è un prodotto di qualità”. E come tale, è stato creato per durare.

Vediamo insieme altre iniziative per prolungare la convivenza con uno dei pochi accessori che mantiene un buon livello di funzionalità (e di cui io non potrei mai fare a meno).

Woshwosh

“Tutto è nato perché non volevo buttare via un paio di scarpe ma non trovavo nessuno capace di pulirle e ripararle”. Così Martyna Zastawna racconta come le è venuta l’idea di Woshwosh, l’azienda che ha fondato e che tra le prime al mondo si è occupata di pulizia, restauro e personalizzazione di scarpe, in particolare sneakers.

Succedeva nel 2015, e Zastawna era una neolaureata di 24 anni. Ha iniziato ad aggiustare sneakers nel suo appartamento, la voce si è sparsa velocemente tra gli amici e presto si è ritrovata la casa sommersa da 500 ordini. A quanto pare, non era l’unica a voler prolungare la vita delle sue scarpe preferite.

Il business ha beneficiato di un grosso incremento delle richieste nel 2019 quando in Polonia si è diffuso un movimento a sostegno di una forma di consumismo attento all’ambiente da lì non ha mai smesso di crescere.

Attualmente Woshwosh impiega 30 tra operai specializzati, artigiani e artisti che negli anni hanno ridato vita a oltre 500.000 paia di scarpe, salvandole dalla discarica.

Gli sforzi di Zastawna per la sostenibilità vanno anche a beneficio delle decine di migliaia di senzatetto in Polonia. Fedele al suo motto: “Dobbiamo imparare che invece di buttare via le scarpe che non indossiamo, possiamo regalarle ad altri, prolungare la loro vita e quindi aiutare gli altri e il pianeta”, attraverso la sua azienda ha organizzato una raccolta e donato oltre 180.000 paia di scarpe ai bisognosi.

Questo sistema virtuoso permetterà a Woshwosh di soddisfare gli obiettivi di sostenibilità dell’Unione Europea per l’industria della moda, un traguardo a cui tantissimi colossi del fashion non si avvicinano nemmeno.

E la prossima volta che apriamo la scarpiera, facciamo come Zastawna: prendiamoci cura delle nostre calzature. O affidiamole alle cure dei professionisti.

Di Sana Pianta

In realtà, non serve oltrepassare i confini italiani per trovare esempi virtuosi di sostenibilità legata alle scarpe.

Quando, qualche anno fa, frequentavo un corso post-diploma dedicato al design dell’accessorio, mi capitava spesso di parcheggiare di fronte alla vetrina di una piccola bottega che proponeva scarpe fatte a mano. E ogni volta mi meravigliavo di come si potesse ideare, progettare e montare un oggetto tanto complesso quanto armonico, quel un mix di ingegneria e design che da sempre rende le calzature il banco di prova di qualsiasi stilista. Ho presto scoperto che il laboratorio era gestito da una ex studentessa dell’ITS Machina Lonati di Brescia, lo stesso istituto dove mi sono diplomata io. La designer si chiama Federica Sofia e unisce la tradizione inglese del bespoke (cioè della progettazione su misura) e uno stile più contemporaneo. Tutti i suoi pezzi sono personalizzati nel dettaglio e progettati insieme al cliente, che sceglie ogni componente, dal pellame, alle stringhe, al tipo di suola. L’obiettivo è creare un oggetto che rispecchi la personalità del proprietario e che lo accompagni a lungo, passo dopo passo.

La sostenibilità permea ogni aspetto della vita e del lavoro di Federica Sofia. Lei e il marito Nicola Buono, che è anche suo business partner, fanno molta attenzione alle abitudini di consumo. Da una dieta vegana all’abbigliamento acquistato nel circuiti del vintage e del second-hand, ogni loro decisione tiene conto dell’ambiente.

Per questo per la loro attività utilizzano pellami di giacenza delle grosse produzioni dell’industria del fashion, che sarebbero altrimenti destinati allo smaltimento.

Contemporaneamente, stanno testando una serie di materiali ecologici, come le pelli vegetali provenienti dagli scarti di lavorazione della frutta. Solo che le scarpe meritano un’aspettativa di vita lunghissima e la pelle animale è ancora la scelta migliore perché più resistente e facile da modellare delle alternative cruelty free.

Da qualche tempo, Federica e Nicola hanno enfatizzato l’aspetto sostenibile del loro lavoro offrendo tra i servizi anche la riparazione, anzi, il restauro.

Si sono infatti resi conto che i giovani non indossano scarpe classiche, quelle che si portano dal calzolaio quando devono essere sistemate, ma prevalentemente sneakers, che spesso buttano quando si buca la suola, anche se la tomaia è in perfette condizioni.

Da qui l’idea di inventare un nuovo modo di risuolare le sneakers e ridurre rifiuti, un progetto che hanno battezzato Di Sana Pianta.

Nelle loro sapienti mani, sneaker ormai esauste vengono rimontate su resistenti suole in cuoio e gomma, utilizzando gli scarti di lavorazione della linea principale. Nella tradizione dell’upcycling, oltre ad allungare il ciclo di vita del prodotto questo acquista maggiore valore grazie a materiali naturali e di qualità e alla manodopera artigianale che si contrappone alla produzione industriale.

Scegliere di riparare un paio di sneakers è una scelta rivoluzionaria, nel suo piccolo: significa non creare rifiuto, evitare di alimentare un sistema moda esausto e basato sullo sfruttamento, e sostenere realtà artigiane che creano rete sul territorio. Il risultato? Una scarpa dotata di anima e identità, che racconta chi sei.

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