Il recente rapporto European Private Sector SDG Stocktake 2024 del Global Compact delle Nazioni Unite offre una fotografia chiara su come le aziende europee stiano affrontando la sfida della integrazione degli SDGs nelle loro strategie aziendali.
Ma quanto sono realmente consapevoli le imprese dell’importanza di allineare le proprie attività agli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030?
La Corporate Sustainability Reporting Directive -CSRD o Direttiva 2022/2464, inerente alla rendicontazione di sostenibilità aziendale, è entrata ufficialmente in vigore il 5 gennaio 2023. Il decreto di recepimento italiano, D.Lgs. 2024/125, è stato pubblicato il 10 settembre 2024, con effetto dal 25 settembre 2024.
La CSRD rappresenta un passo fondamentale per promuovere la sostenibilità aziendale, in linea con l’Agenda 2030 e i suoi Sustainable Development Goals -SDGs. Questa direttiva affronta le sfide globali, richiedendo alle aziende di rendicontare in modo trasparente come le loro attività impattano su aspetti cruciali come il cambiamento climatico, la povertà e le disuguaglianze.
Uno degli elementi chiave della CSRD è il concetto di doppia materialità, che impone alle aziende di valutare sia l’impatto delle loro operazioni su ambiente e società, sia come questi fattori influenzano le loro performance economiche. Questo approccio aiuta ad allineare le azioni aziendali agli obiettivi dell’Agenda 2030, con un focus su temi centrali come il Goal 13 – cambiamento climatico, Goal 12 – consumo e produzione responsabili e il Goal 8 – lavoro dignitoso.
Gli ESRS -European Sustainability Reporting Standards, dell’EFRAG, stabiliscono gli standard per la rendicontazione aziendale, richiedendo un’attenzione dettagliata su vari SDGs. Il quadro normativo incoraggia dunque le aziende a misurare e migliorare costantemente le proprie performance in termini di sostenibilità. Per soddisfare requisiti legali e per trarre vantaggi competitivi.
La sfida dell’integrazione strategica degli SDGs
Il Global Compact delle Nazioni Unite mette in evidenza le difficoltà e i progressi delle aziende europee nel passaggio verso modelli di sostenibilità aziendale. Secondo il report, molte aziende riconoscono l’importanza degli SDGs, ma soltanto una parte significativa riesce a integrarli efficacemente nelle decisioni strategiche. Nonostante la crescente consapevolezza, solo il 33% delle aziende è in grado di monitorare e misurare i progressi di sostenibilità in modo sistematico, evidenziando un divario tra la pianificazione strategica e l’implementazione pratica degli SDGs.
Le aziende di grandi dimensioni dimostrano di essere meglio preparate a rispondere alle nuove sfide normative. L’86% di queste ha già integrato formalmente gli SDGs nelle proprie strategie aziendali, mostrando una maggiore capacità di adattamento alle richieste di sostenibilità.
Sono le PMI e le microimprese a incontrare maggior difficoltà: solo il 50% di esse ha integrato gli SDGs. Diverse sono le cause, tra cui risorse limitate, complessità normativa e mancanza di competenze specifiche.
Lo scenario suggerisce che, sebbene le grandi imprese stiano guidando il cambiamento verso la sostenibilità, è fondamentale fornire maggiore supporto alle PMI per migliorare la loro capacità di integrare sistematicamente gli SDGs.
Il quadro normativo: tra sfide e opportunità
Le aziende europee si trovano oggi ad affrontare una significativa trasformazione, promossa da normative come la CSRD e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive -CSDDD. Queste regolamentazioni richiedono maggiore trasparenza nella rendicontazione di sostenibilità, esigendo che le imprese comunichino in dettaglio gli impatti ambientali, sociali e di governance (ESG).
La CSRD mira a integrare direttamente gli SDGs nelle strategie aziendali, collegando le prestazioni delle imprese agli obiettivi globali stabiliti dall’Agenda 2030. Inoltre, si allinea con il Green Deal Europeo, che prevede la neutralità climatica entro il 2050. Obiettivi ambiziosi, e poco tempo per adeguarsi.
Come stanno rispondendo le aziende europee a queste sfide?
Il 77% delle imprese europee vede l’integrazione degli SDGs come una leva strategica per ottenere un vantaggio competitivo, mentre l’87% delle aziende soggette alla CSRD prevede di fare esplicito riferimento agli SDGs nei loro rapporti di sostenibilità. La rendicontazione diventa quindi uno strumento di conformità, e un’opportunità per migliorare la competitività aziendale.
La maggior parte di esse, però, sta concentrando gli sforzi su un numero ristretto di SDGs. Secondo il report, il 44% delle aziende si impegna per la parità di genere (Goal 5), il lavoro dignitoso (Goal 8) e la lotta al cambiamento climatico (Goal 13). D’altra parte, obiettivi come la preservazione degli oceani (Goal 14) e la lotta alla fame (Goal 2) ricevono meno attenzione, con solo l’11% e il 13% delle aziende rispettivamente coinvolte rispettivamente.
Uno squilibrio che riflette un disallineamento tra le priorità aziendali e l’ampia gamma di obiettivi definiti dall’Agenda 2030. La mancanza di attenzione a obiettivi meno immediati, ma altrettanto cruciali per la sostenibilità globale, evidenzia l’esigenza di un approccio più olistico da parte delle aziende.
“Il settore privato è fondamentale per il raggiungimento degli SDGs. Solo attraverso l’integrazione profonda degli SDGs nelle strategie aziendali potremo costruire un futuro più sostenibile e resiliente.“
António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Misurazione e partnership: i punti deboli
Conoscenza e la consapevolezza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile stanno dunque aumentando tra le aziende, ma molte continuano a faticare nel trasformare queste ambizioni in azioni concrete e misurabili. Sebbene numerose imprese abbiano integrato gli SDGs nelle loro strategie di sostenibilità, rimane difficile per molte monitorare efficacemente i progressi compiuti.
Il report di UNCG evidenzia infatti significativo divario tra l’intento strategico e la capacità di misurazione. Senza obiettivi chiari, le aziende rischiano di non poter dimostrare concretamente i risultati ottenuti, compromettendo la trasparenza e l’efficacia delle loro azioni. La CSRD richiede proprio una rendicontazione dettagliata delle performance di sostenibilità.
Altra area critica riguarda la mancanza di integrazione sistematica delle partnership strategiche. Sappiamo che la collaborazione tra aziende, istituzioni pubbliche e società civile è essenziale per amplificare l’impatto degli SDGs. Solo una parte delle aziende ha a oggi avviato partnership rilevanti. C’è dunque ancora ampio margine di miglioramento nella costruzione di un ecosistema collaborativo capace di accelerare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Prospettive future e strategie aziendali
Per migliorare l’integrazione degli SDGs, il rapporto propone diverse raccomandazioni. Tra queste, l’adozione di indicatori specifici per monitorare i progressi, la promozione di partnership strategiche con attori pubblici e privati, e una maggiore formazione dei fornitori e delle PMI lungo la catena del valore sui temi della sostenibilità.
L’obiettivo è aiutare le aziende, soprattutto le più piccole, a superare le difficoltà nel gestire i complessi requisiti normativi.
Un esempio significativo è l’Italia, dove il 72% delle aziende ha già integrato gli SDGs nelle proprie strategie aziendali. C’è ancora spazio per migliorare ovviamente. Specialmente in termini di misurazione dei risultati e definizione di obiettivi chiari e misurabili. Le aziende italiane mostrano un’attenzione particolare al Goal 8 – lavoro dignitoso, e al Goal 13 – cambiamenti climatici, ma necessitano di maggiore consapevolezza su obiettivi come la tutela della biodiversità e la riduzione delle disuguaglianze.
“L’integrazione degli SDGs non è solo un’opzione, ma un imperativo strategico per le imprese. Solo un impegno concreto e misurabile potrà portare a risultati tangibili e contribuire al cambiamento di cui abbiamo urgente bisogno”.
Presidente del Global Compact Network Italia, Marco Frey