Indossare la sostenibilità: cinque Società Benefit italiane

L'industria della moda ha ancora molta strada da fare nel suo complesso per dirsi sostenibile. Ma vi sono esempi di aziende e brand che riescono a coniugare il fashion con l'etica e le esigenze ambientali. Tra queste ci sono diverse società benefit

Il periodo di sconti del Black Friday si è da poco concluso, incentivando come ogni anno non solo acquisti necessari, ma anche shopping ai limiti del compulsivo e suscitando di nuovo, nel dibattito pubblico e online, una riflessione collettiva sulla sostenibilità, soprattutto nel settore della moda.

Tra tessuti certificati come biodegradabili, riciclabili, ecocompatibili e cruelty free, second hand e vintage, slow fashion e rispetto dei diritti umani quando si parla di industria tessile e dell’abbigliamento, i temi riconducibili alla moda sostenibile sono diventati molteplici, nati in risposta a problemi profondi che continuano ad avere un impatto negativo sul pianeta e sull’umanità.

La moda sostenibile, o sustainable fashion, indica proprio un approccio alla produzione di capi d’abbigliamento che rispetti profondamente l’ambiente, la società e gli individui impiegati in ogni fase della filiera, il tutto anche grazie a soluzioni innovative e tecnologicamente avanzate proprie della cosiddetta società 5.0.

La sostenibilità (sociale, ambientale ed economica) nel settore del fashion sta acquistando rilievo e importanza per i consumatori, specie per le generazioni più giovani come Millennial e Gen Z.

Questa crescente attenzione per la moda sostenibile sta portando un numero sempre maggiore di brand a ideare iniziative specifiche e a ripensare i loro valori, obiettivi, metodi produttivi.

La moda ancora poco sostenibile

Ma tali scelte sono, prima ancora che strategiche per il business, necessarie e urgenti: circa un quinto della produzione globale di plastica su base annua è riconducibile all’industria della moda, così come il 10% delle emissioni totali di anidride carbonica, percentuale destinata ad aumentare in assenza di misure significative per ridurla entro il 2030; al contempo, cresce ancora l’impiego di fibre tessili sintetiche derivate dal petrolio, assieme al consumo medio, che dagli anni Novanta a oggi è aumentato del 500% e alimenta una spirale negativa di sprechi, consumo eccessivo di energia e risorse naturali e sfruttamento dei lavoratori del comparto.

Il secondo report del The BoF Sustainability Index, che tiene traccia delle iniziative a favore della sostenibilità delle trenta società della moda più quotate in borsa, parla chiaro: i progressi fatti sono insufficienti e i buoni propositi dei brand spesso non bastano se non vengono messi in pratica adeguatamente.

Nonostante il greenwashing, i tempi e le difficoltà di una transizione che intende cambiare un intero comparto con logiche di produzione radicate, la diffusione del tema della moda sostenibile non si ferma e coinvolge sempre più anche le istituzioni, come nel caso del Green Deal della Commissione Europea, per il raggiungimento di una reale economia circolare in diversi settori, o del più recente consorzio Re.Crea della Camera Nazionale della Moda Italiana, per gestire al meglio il “fine vita” dei capi d’abbigliamento e dei prodotti tessili e promuovere lo sviluppo di nuove tecnologie per il riciclo.

Moda sostenibile: cinque esempi italiani di Società Benefit

Nello scenario europeo e internazionale, le Società Benefit assumono ovviamente un ruolo di primo piano nell’affermare un modello più sostenibile di produzione e nel sensibilizzare i consumatori, non solo nell’ambito della moda sostenibile.

Infatti, come sappiamo, le Società Benefit (o B Corp, se certificate anche a livello internazionale), contribuiscono attivamente a un miglioramento della società nel suo insieme, coniugando la propria crescita economica con il benessere degli individui e della collettività e promuovendo iniziative positive sia all’interno che all’esterno dell’azienda stessa.

Questi sono cinque esempi italiani di Società Benefit attive nel campo della moda sostenibile, certificate, innovative, e trasparenti.

ACBC – Anything Can Be Changed

ACBC nasce nel 2017 grazie a Gio Giacobbe, ex GM di Trussardi e Peuterey per l’area asiatica, ed Edoardo Iannuzzi, professore di moda sostenibile al Politecnico di Milano.
Tra le 100 eccellenze di Forbes nell’ambito della CSR e prima azienda calzaturiera italiana certificata B Corp nel 2021, ACBC progetta e produce scarpe utilizzando materiali innovativi, riciclabili ed ecosostenibili.

Tra gli obiettivi del suo manifesto, la trasformazione dell’1% dell’industria delle calzature entro il 2027, diffondendo le pratiche già adottate da ACBC in termini di processi produttivi e uso di materiali biobased anche ad altri brand del lusso e dello sport Made in Italy.

CASAGiN

Dopo aver lavorato per oltre un decennio nel settore della moda, Daniela Prandin crea CASAGiN, progetto femminile di moda sostenibile autofinanziato nato a Padova.

CASAGiN produce intimo e abbigliamento a partire da tessuti ecocompatibili e biodegradabili, a partire da materie prime rinnovabili, ricavate soprattutto da foreste certificate e gestite in maniera sostenibile.

Uno dei valori fondamentali è la produzione etica: CASAGiN sostiene le realtà artigianali del territorio, senza mai allontanarsi più di 70 km da Padova, con l’impegno di riciclare gli scarti di produzione, ridurre le emissioni e utilizzare fonti energetiche rinnovabili e a basso impatto ambientale.

Endelea

Il design Made in Italy si fonde con i tessuti tipici africani.

“Endelea” in Swahili significa “andare avanti senza arrendersi alle difficoltà”, e descrive al meglio la storia di questa Società Benefit tra Milano e Dar Es Salaam.

Endelea persegue la felicità di tutti coloro che fanno parte della realtà aziendale, come si legge anche nel report di sostenibilità del 2021, assicurando stipendi più elevati della media e formazione ai dipendenti attivi in Tanzania, azzerando il gender pay gap, e valorizzando la cultura africana e l’inclusività.

Sotto il profilo della moda sostenibile, invece, Endelea impiega tessuti alternativi al wax tradizionale africano, mappa i fornitori sostenibili, utilizza scarti di produzione per il packaging, sostiene progetti di upcycling e mira a passare alle sole energie rinnovabili per il futuro.

Moaconcept by Fashion Gate

Moaconcept si definisce “a sneaker benefit company” dal 2022.

Inserita nel contesto della tradizione calzaturiera toscana, questa Società Benefit della moda sostenibile si distingue soprattutto per la ricerca di materiali ecocompatibili che abbiano una resa di qualità elevata, come Appleskin, con fibre derivate dalla lavorazione industriale delle mele, Organicraft e Biopelle, pelli biodegradabili o realizzate con concia vegetale.

In collaborazione con WeForest Tanzania, per ogni paio di sneaker venduto viene piantato un albero nella regione del Mara, mentre sul fronte sociale Moaconcept è impegnata da anni nella rigenerazione di aree urbane degradate, in coordinazione con istituzioni, privati, e artisti indipendenti.

Velasca

Nel 2013 inizia l’avventura di Velasca: creare scarpe di qualità, a un giusto prezzo, vendendo direttamente ai clienti finali e accorciando così i passaggi della filiera standard.

Oggi producono anche capi d’abbigliamento e accessori, affidandosi a laboratori artigianali scelti e basando la progettazione e la realizzazione di ogni pezzo sull’eccellenza del Made in Italy.

In un’ottica più responsabile verso ambiente e comunità, Velasca si inserisce nel panorama della moda sostenibile con un approccio più “slow”, uno stile che non si piega ai trend passeggeri e modelli curati appositamente per durare nel tempo e non passare mai di moda.

(foto di copertina: Endelea)

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