Il Parlamento Europeo inserirà l’ecocidio nel diritto penale?

Un nuovo reato potrebbe presto essere riconosciuto a livello internazionale, l'ecocidio. Ecco perché sarebbe una svolta importante nella difesa dell’ambiente

Si definisce ‘ecocidio’ il danneggiamento grave, diffuso, sistematico, consapevole dell’ambiente e degli ecosistemi. Il suffisso “cidio” rimanda al campo semantico a cui appartengono anche omicidio, genocidio e femminicidio.

Di recente il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha richiesto che l’Unione europea riconosca il reato di ecocidio nella revisione della direttiva 2008/99 sulla tutela penale dell’ambiente. Ora sta agli Stati membri accogliere la richiesta, dopo che la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha già approvato: se succederà, sarà una svolta importante, che non solo varrà per tutto il territorio europeo, ma potrebbe contribuire fortemente anche a portare l’ecocidio nello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale, che a oggi prevede quattro reati: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione. In realtà, le prime bozze dello Statuto di Roma includevano una legge sull’ecocidio che però, dopo il 1996, fu rimossa  per volere di Regno Unito, Francia e Paesi Bassi.

Ecocidio, cosa significa

Inserire l’ecocidio in questo elenco significherebbe legittimare la possibilità (e istituire il dovere) di perseguire penalmente coloro che si sono resi responsabili di consentire o causare gravi danni ambientali, anche indirettamente, ad esempio finanziandoli; non ci si limiterebbe, quindi, a citare in giudizio e multare tali responsabili, come a oggi avviene (sempre che questi vengano effettivamente individuati, denunciati e riconosciuti colpevoli). Ma per capire la portata di questo cambiamento, bisogna sapere cosa si intende per “ecocidio”, espressione con cui ci si riferisce al danneggiamento grave, diffuso o sistematico dell’ambiente, come tramite la distruzione degli ecosistemi, in cui il suffisso “cidio” rimanda al campo semantico a cui appartengono anche omicidio, genocidio e femminicidio. Non si tratta, spesso, di un singolo evento, ma di un processo di lungo periodo e che viene portato avanti con dolo e consapevolezza dei danni e del contributo alla crisi climatica. Il termine è stato coniato nel 1970 dal biologo statunitense Arthur Galston per descrivere i danni causati da un defoliante che l’esercito Usa sparse in enormi quantità sulle foreste tropicali durante la guerra del Vietnam; tre anni più tardi Richard Falk, docente emerito di Diritto internazionale a Princeton, fornì la prima analisi giuridica di questo termine.

Stabilire una definizione ufficiale è fondamentale, perché offre già di per sé uno strumento giuridico praticabile contro il danneggiamento dell’ambiente, anche se può essere complesso determinare se nel danno vi sia stata consapevolezza e intenzionalità; secondo Luigi Daniele, senior lecturer in Diritto internazionale penale e umanitario alla Nottingham Trent University, proprio il carattere di danni “deliberati” – cioè commessi nella consapevolezza di un potenziale danno ambientale eccessivo rispetto ai benefici sociali ed economici previsti – sembra implicare che il grave danno agli ecosistemi possa essere lecito se commisurato a dei benefici sociali ed economici; questa eventualità, infatti, non solo è vaga, ma sembra anche avvalorare una posizione antropocentrica per la quale il danno alla natura è ammissibile in nome del profitto e del benessere umano. Stabilire un limite tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, quindi, risulta particolarmente complesso.

In ogni caso, la definizione – il cui raggiungimento sul piano giuridico è stato raggiunto grazie al lavoro della coalizione Stop Ecocide International – non può che essere un primo passo verso il riconoscimento giuridico, che è il vero strumento concreto per agire di fronte ai reati ambientali e, sperabilmente, evitarli sempre di più, anche punendo chi li compie.

Una legge ‘globale’ per proteggere il Pianeta

Una legge di protezione della Terra giuridicamente vincolante a livello internazionale sarebbe una svolta radicale, che cambierebbe per sempre l’attuale situazione in cui oggi, di fatto, chiunque può danneggiare gli ecosistemi senza incorrere in persecuzione penale, ma tutt’al più – sulla base della legislazione dei singoli Stati e delle normative locali – in multe che, nel caso delle grandi aziende, spesso è facile liquidare in fretta e, di fatto, i regolamenti ambientali vengono spesso violati. In questo modo, di fatto, non vengono individuate e ascritte le responsabilità dei crimini ambientali. L’introduzione del reato di ecocidio significherebbe quindi dare una forte spinta alla difesa dell’ambiente. Se il testo del Parlamento dovesse venire adottato dai governi dei 27 Stati membri, l’Europa potrebbe guidare una svolta a livello internazionale nel modo con cui i Paesi contrastato i disastri ambientali provocati dall’uomo.

Si tratta infatti di comportamenti criminali – in generale, ma a maggior ragione di fronte alle evidenze scientifiche della crisi climatica – secondo tante associazioni ambientaliste e singoli attivisti, che chiedono a gran voce che la giustizia agisca di conseguenza, rendendolo ufficialmente un reato e quindi sottoponendo a processo chi lo perpetra. A essere colpiti sono tutti gli ecosistemi gli elementi naturali: dal mare, depredato da pesca industriale e a strascico, inquinato da fuoriuscite di petrolio e rifiuti di plastica; alle foreste, abbattute per far spazio a infrastrutture stradali, allevamenti di carattere industriale e agricoltura volta al sostentamento degli stessi allevamenti, e ancora per far spazio a miniere per l’estrazione di minerali. Suoli e acque vengono costantemente contaminati da petrolio, minerali, sabbie bituminose o sostanze chimiche derivanti dall’industria tessile, mentre l’atmosfera è inquinata dall’emissione di gas legati a industria, allevamento e agricoltura, dalle conseguenze delle armi chimiche, dalla contaminazione radioattiva. A volte, però, l’ecocidio prende la forma di un evento improvviso, di proporzioni drammatiche, più che di un processo di lungo periodo: ne è esempio il disastro di Bhopal, in India, del 1984, che ha continuato a riversare le sue conseguenze sull’ambiente e sulle popolazioni circostanti.

La strada della Giustizia internazionale

Introdurre il reato di ecocidio a livello di Corte penale internazionale significherebbe uniformare a livello globale il comportamento da prendere nei confronti dei danni ambientali gravi e dei loro responsabili; a oggi, intanto si muovono i singoli Paesi, come la Francia, che nel 2021 ha approvato la Loi climat et résilience che per la prima volta introduce il reato di ecocidio all’interno della normativa nazionale, sanzionando fino a dieci anni di carcere coloro che “causano danni gravi e duraturi alla terra, alla flora, alla fauna o alla qualità dell’aria, del terreno o dell’acqua”. Tentativi simili di riconoscere l’ecocidio come reato penale sono stati fatti in Cile, in Messico e in Regno Unito.

Una legge di protezione della Terra giuridicamente vincolante a livello internazionale sarebbe una svolta radicale, che cambierebbe per sempre l’attuale situazione in cui oggi, di fatto, chiunque può danneggiare gli ecosistemi senza incorrere in persecuzione penale, ma tutt’al più – sulla base della legislazione dei singoli Stati e delle normative locali – in multe che, nel caso delle grandi aziende, spesso è facile liquidare in fretta e, di fatto, i regolamenti ambientali vengono spesso violati. In questo modo, di fatto, non vengono individuate e ascritte le responsabilità dei crimini ambientali. L’introduzione del reato di ecocidio significherebbe quindi dare una forte spinta alla difesa dell’ambiente.  Se il testo del Parlamento dovesse venire adottato dai governi dei 27 Stati membri, l’Europa potrebbe guidare una svolta a livello internazionale nel modo con cui i Paesi contrastato i disastri ambientali provocati dall’uomo.

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