“Sei felice?”
E’ una domanda che prende sempre in contropiede e può gettare nella paranoia, o quanto meno nell’imbarazzo. Se ci chiedono ‘come stai?’ rispondiamo velocemente, non c’è nemmeno bisogno di pensarci. La domanda ‘sei felice?’ è su un altro livello, molto più profondo e anche nell’intimità di un confronto con noi stessi non sempre siamo sinceri, capaci di levare le maschere, e tutto si risolve in una conta delle cose per cui dovremmo essere felici e grati. Al tempo stesso, questo concetto così inafferrabile di felicità, ci sembra qualcosa di troppo grande, forse di inesistente, sicuramente di inaccessibile per i più (nessuno è felice, si crede), qualcosa che bisogna anche un po’ meritarsi.
“Per essere felici ci vuole prima di tutto coraggio“, ci dice invece Elga Corricelli, una specialista della felicità che sull’aiutare gli altri a raggiungere questo ‘livello’ ci ha costruito un’azienda, una società benefit che si chiama Elehub. Elehub è stata fondata proprio alcuni mesi fa ed è nata dall’incontro di due donne e grandi professioniste, Elga ed Elisabetta Della Valle, conosciutesi in questi ultimi anni proprio frequentando dei Master sulla Scienza della felicità per diventare Chief Happiness Officer, figura professionale che sta prendendo piede nelle aziende come evoluzione del responsabile delle risorse umane. Da cosa nasce cosa, così le due ‘Ele’ , trovato il feeling, decidono di voler lavorare insieme e di mettere al servizio di un momento storico di grande cambiamento, della transizione, le competenze e le esperienze di tanti anni di lavoro in multinazionali.
“Con Elisabetta abbiamo deciso di sviluppare insieme un progetto per aiutare le aziende e le organizzazioni ad evolvere verso la positività. La positività si raggiunge mettendo al centro la persona con il proprio benessere, i propri cicli, le proprie caratteristiche, comprese le vulnerabilità, fragilità, il talento, il purpose di vita, valori da condividere anche all’interno delle organizzazioni. Aiutiamo le imprese e tutte le organizzazioni a essere migliori, ad avere dipendenti più felici e soddisfatti, un clima di lavoro positivo, inclusivo, e sosteniamo il coinvolgimento dei dipendenti e la leadership significativa”.
Elga ci aiuti a definire la felicità? Voi manager della felicità, siete sempre felici?
“Eh no, non sono sempre felice, questo è il domandone che tutti fanno, ma non è come avere la pillola magica. Ho imparato a riconoscere le mie emozioni, anche quelle meno piacevoli, c’è un lavoro di consapevolezza che aiuta a superare le sfide e ci sono delle tecniche che ci aiutano a tirar fuori la nostra autenticità e quindi a essere maggiormente allineati con noi stessi, una cosa impagabile.
La felicità non è solo un’emozione, è anche una competenza e come le competenze si può allenare, è un’attitudine al pensiero positivo e all’ascolto di noi stessi in primis. Direi anche una responsabilità e una scelta, è sempre un tuo viaggio per il quale nessuno può darti garanzie”.
Perchè dici che bisogna avere anche coraggio per essere felici?
“Il coraggio serve a due livelli, personale e aziendale. Sul piano personale mettere al centro della propria vita la felicità richiede una grande cambiamento di prospettiva, e cambiare è difficile: la prima reticenza è proprio nella nostra testa, il nostro cervello è un conservatore, spesso non troviamo le risposte perché non ci facciamo le giuste domande; la seconda reticenza sta nel contesto, quando cambi, ti cambia il sistema attorno e spesso sono anche gli altri a non accettare il tuo cambiamento; ma se facciamo questo percorso e ci allineiamo a quello che veramente siamo, è un regalo che facciamo a noi stessi e agli altri perché lasciamo un contributo diverso in questo mondo. Tutti noi abbiamo delle grandi risorse, possiamo svegliarle e imparare a utilizzarle, ma prima serve la scelta. Dobbiamo scegliere di essere felici. In un contesto aziendale questo richiede ancora più coraggio, perché dobbiamo essere autentici e metterci a nudo in un contesto per certi versi ostile, dove c’è il rischio di ritrovarsi derisi.
Portare la felicità in azienda richiede anche il coraggio dell’imprenditore e del leader, di intraprendere questo tipo di percorso con i dipendenti. Noi lavoriamo con imprese di grandi e piccole dimensioni, il nostro percorso aiuta aziende che presentano molta resistenza al cambiamento come quelle che affrontano il passaggio generazionale; lavoriamo con molte PMI che hanno difficoltà ad attrarre e a relazionarsi con giovani talenti; o lavoriamo anche con tante startup, che hanno spesso delle dimensioni micro. Posso dire che prima si comincia a sviluppare una cultura aziendale orientata alla positività, e meglio è, perché se parti subito con una comunicazione autentica, se attivi subito un’intelligenza empatica, l’azienda ha performance eccezionali e una crescita più omogenea”.

Il tema delle ‘risorse umane‘ (la gestione del personale) è sempre stato molto importante nelle aziende, ma negli anni si è progressivamente evoluto: se un tempo questa funzione riguardava soprattutto l’amministrazione del personale, assunzioni, licenziamenti ed eventuali premi e benefit (o l’evento annuale, dalla pizzata di Natale alla Convention a seconda delle dimensioni aziendali); oggi si è arricchito notevolemente di nuovi compiti come la formazione continua ai dipendenti, iniziative volte al loro benessere, fisico e mentale. I dipendenti sono la vera forza di un’azienda ed è importante, soprattutto in tempi di smart working, riuscire a tenerli coinvolti, affezionati, collaborativi e motivati. Lo stipendio non basta, la generazione Millennial in particolare (e ancor di più la Gen Z) sceglie il posto di lavoro anche in base all’identità di un’azienda, alla sua etica, che si esprime nei suoi valori fondanti, nei prodotti che fa, l’attenzione all’ambiente, l’attenzione alle persone, dentro e fuori l’azienda. Perciò in un percorso verso la felicità come quello che Elehub porta nelle aziende è importante che ci sia il coinvolgimento di tutti, anche i dirigenti devono essere coinvolti.
“Le competenze relazionali, di ascolto attivo, di comunicazione empatica sono quelle più importanti. L’intelligenza artificiale forse sarà anni luce davanti a noi sul calcolo, ma non è ancora in grado di sviluppare questa parte che noi abbiamo e va solo allenata, non c’è una persona che non sia in grado di ascoltare, ovviamente anche questa diventa una scelta e una responsabilità: voglio ascoltare chi ho davanti o procedere come un caterpillar tanto ho sempre ragione io? Questo atteggiamento è all’origine del conflitto” spiega ancora Elga.

Il beneficio comune di Elehub: il lavoro con i giovani e l’Osservatorio della felicità
Le finalità di beneficio comune di Elehub sono tutte legate alla trasformazione delle persone, per esempio la società dedica una parte del suo tempo a lavorare nelle università pro-bono, facendo divulgazione sui temi trasformativi della persona in un contesto che è meno predisposto delle aziende ad accoglierlo. “I giovani si danno così poco il permesso, oggi, di esprimere i propri sentimenti, soprattutto quelli negativi, il sistema impone loro di mostrarsi solo se sono al massimo, questo è uno sforzo importante per loro. Eppure quando andiamo nelle università e facciamo attività come l’ascolto attivo, scopriamo la loro fragilità, molti ragazzi rimangono sorpresi (e anche noi d’altro canto) e ci dicono ‘non sono mai stato ascoltato così, ascoltato veramente‘. E’ un segnale evidente che c’è bisogno di cambiare, qualcosa non sta funzionando”.
Un altro progetto promosso da Elehub al quale Elga tiene molto è l’Osservatorio Felicità e benessere, realizzato insieme al Professor Sandro Formica, titolare della cattedra di “Scienza della Felicità”, “Potere Personale” e “Gestisci Te Stesso, Gestisci gli Altri” presso la Florida International University e visiting professor di Strategia Aziendale all’Università Bocconi di Milano.
Molti avranno letto e sentito parlare del World Happiness Report, (pubblicazione del Sustainable Development Solutions Network) che ha l’obiettivo di misurare scientificamente il benessere soggettivo in oltre 150 paesi. L’Osservatorio Felicità e benessere è una ricerca dello stesso tipo, ma intende focalizzarsi sul territorio italiano ed essere più articolato su una serie di tematiche che hanno a che fare con la felicità.
“L’Osservatorio nasce con l’idea di avere un punto di misurazione da zero della ‘felicità’, una fotografia della situazione attuale su cui costruire un percorso, – dice Elga. Una cosa emersa dall’osservatorio, per esempio, è la distanza tra i sessi rispetto alla soddisfazione sul lavoro e la carriera, le donne si sentono di gran lunga meno felici sul lavoro rispetto agli uomini : ora che lo sappiamo possiamo costruire dei percorsi per colmare questo gap, fare webinar, workshop, tante attività che aiutino in questa direzione”.
Un ambiente lavorativo più inclusivo è anche più felice?
“L’ambiente lavorativo sta andando verso la parità di genere, ci sono politiche di D&I (diversity&inclusion) nelle aziende; ma è anche vero che in certi ambienti sono le donne stesse che non si candidano per una carriera diversa, non per causa loro, è sempre una ‘zavorra’ che deriva dalla cultura sociale e familiare in cui si è cresciute, basta guardare i dati della pandemia, chi ha perso il lavoro o si è spontaneamente allontanato dal lavoro per occuparsi di svariate cose, tra cui i figli, sono soprattutto le donne” continua Elga.
Sottolineando quindi, che lo sforzo deve essere anche delle donne di chiedere di più, sebbene stia alle organizzazioni essere più giuste e favorevoli, oggi esiste ancora il gap salariale, cioè la disuguaglianza di retribuzione a parità di carica, che spesso è una discriminazione invisibile.
“Uno dei pilastri della scienza della felicità è che NOI è meglio di IO, è la magia che si crea quando le persone comprendono che possono privilegiare la collaborazione rispetto alla competizione, che tu ti arricchisci dall’energia dell’altro, l’altro dalla tua.
L’inclusione è importante perchè ti aiuta a non agire con giudizio, il giudizio ti fa rimanere fermo. Se io penso che quello più giovane sarà sempre troppo giovane, non ne saprà mai abbastanza, io lo isolo e non imparo neanche a guardare coi suoi occhi, che sono occhi che magari vedono quel pezzo che io non riesco a vedere. Includere non significa che uno deve cambiare idea, religione o che so io, significa capire la ricchezza dell’altro
questo ci fa essere più aperti, più felici, più innovativi, Einstein diceva una cosa bellissima, non si può risolvere un problema con la stessa mente che l’ha creato, l’inclusione ci serve a arricchire continuamente la nostra mentalità.
Nessuno ti può forzare a essere felice, a essere autentico, a essere empatico, ma se lo scegli il vantaggio c’è