Nella notte tra sabato 23 e domenica 24 novembre 2024 si è conclusa a Baku, in Azerbaigian, la ventinovesima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul clima. Anche stavolta non si sono raggiunti risultanti clamorosi e coraggiosi, ma solo alcuni deboli accordi che possono portarci verso nuovi progetti per il dopo 2030.
I principali risultati di COP29: finanza climatica e Accordo di Parigi
I due principali risultati che questa COP29 ha portato a casa riguardano la finanza climatica e l’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi. Fin dal suo inizio, COP29 è stata definita la COP della finanza climatica e, tra alti e bassi, ha raggiunto due importanti obiettivi.
Il nuovo NCQG, New Collective Quantified Goal, nuovo obiettivo di finanza per il clima nel periodo 2025-2035 prevede un impegno a mobilitare almeno 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035, denaro che i Paesi sviluppati dovranno versare a favore dei Paesi vulnerabili ed emergenti.
Un risultato favorevole, anche se molto lontano da quello che servirebbe, da quello che chiedevano i Paesi più vulnerabili al mondo: 1.300 miliardi di dollari al 2035.
Per aiutare i Paesi a raggiungere questo obiettivo, è stato presentato il documento “Baku to Belèm Roadmap to 1.3T” ovvero un piano diplomatico strategico su come raggiungere l’obiettivo di 1.300 miliardi di dollari al 2035 (fonte: Materia Rinnovabile).
Il secondo risultato raggiunto da questa COP29 riguarda l’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi che ha trovato un consenso. Questo articolo si riferisce ai mercati del carbonio e in particolare agli approcci operativi (articolo 6.2) e al meccanismo centralizzato di mitigazione e sviluppo sostenibile (articolo 6.4).
Si crea così il primo mercato globale del carbonio con la supervisione dell’ONU, che prevede standard uniformi e strumenti per lo sviluppo sostenibile.
Due risultati positivi sono ancora troppo pochi rispetto a numerosi altri temi fondamentali per il cambiamento climatico.
Nessun passo avanti e nessun risultato rilevante a proposito del taglio delle emissioni e dell’uscita dalle fonti fossili. Nessun progresso nemmeno sugli obiettivi di Dubai di triplicare le fonti rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica (fonte: ECCO thinktank).
Tra l’altro, nel testo sulla riduzione delle emissioni, Mitigation Work Program, è sparito il riferimento a limitare l’aumento della temperatura media globale entro 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali.
Il Trio di Rio, verso Belèm 2030 e le foreste del Brasile
COP29 non ha portato dunque i risultati attesi, nessuna decisione clamorosa e coraggiosa verso un mondo più sostenibile nei fatti e non solo nelle parole.
Da sempre sappiamo che cambiamenti climatici e perdita di biodiversità sono temi collegati, che non possono essere divisi, ma il fatto che ci siano ancora COP differenti non aiuta. Una buona notizia che esce da questa COP29 riguarda il “Trio di Rio”.
Il Trio di Rio è un progetto che vuole promuovere azioni coordinate tra le convenzioni dell’ONU di Rio de Janeiro. Cambiamenti climatici (UNFCC), biodiversità (CBD) e lotta alla desertificazione (UNCCD) sono tre temi che in questo 2024 vengono affrontati e discussi in tre differenti COP, tanto che il 2024 viene già indicato come “l’anno delle tre COP”.
Quello che manca, dicono gli esperti, è un’agenda negoziale condivisa e una volontà di pianificare il post 2030, trattando insieme i temi della pace, della giustizia sociale e dell’ambiente così come si fa quando si agisce verso la sostenibilità, includendo economia, ecologia e sociale.
La COP30 si svolgerà in Brasile e avrà un ruolo strategico. Il Paese che ospita la Foresta Amazzonica, con il suo ruolo ambientale e sociale per le comunità che la abitano, chiede maggiore attenzione da tutto il mondo.
Ecco che i rappresentanti del Brasile già durante questa COP29 hanno puntato l’attenzione sul tema delle foreste: ci ricordano che le foreste assorbono un terzo delle emissioni globali di carbonio che derivano dalla combustione dei combustibili fossili. Il Brasile promuove un fondo per la conservazione delle foreste tropicali: TFFF, Tropical Forest Finance Facility, che possa conservare un miliardo di ettari di foreste tropicali al mondo.
Se aiutiamo la natura a stare bene, la natura può fornirci numerosi aiuti per mitigare il cambiamento climatico. Le foreste sono un esempio. Ci mettono a disposizione acqua, suolo, alberi, servizi ecosistemici, cultura, tradizioni, comunità. Gli scienziati ci dicono che una foresta in buona salute può aiutarci anche a ridurre del 19% circa le emissioni entro il 2030.
La natura con i suoi servizi ecosistemici, insieme alle energie rinnovabili e ai crediti di carbonio possono portarci davvero verso una transizione giusta, che tiene conto delle persone e che mette la natura al centro dell’azione climatica.
Ridare valore alla scienza, alla parola, agli studi, ai dati portati dagli scienziati di tutto il mondo sarà un altro importante punto d’azione per COP30 in Brasile.
Le Conferenze sul clima nascono per volere degli scienziati dell’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, e gli scienziati devono tornare ad essere il nucleo centrale delle Conferenze sulle Parti. Troppe COP si sono svolte in Paesi dominati da aziende del petrolio e dei combustibili fossili. Speriamo che il Brasile con COP30 possa invertire definitivamente questa rotta.