Con maggio si chiudono le iniziative, nazionali e internazionali, ad esso legate e se ne lanciano di nuove. Ma sappiamo bene che legare le iniziative di sensibilizzazione dedicate a temi come la sostenibilità ambientale o i diritti a singole giornate, settimane o mesi è un modo per concentrare gli sforzi comunicativi e divulgativi a tutti i livelli in campagne più efficaci e massicce; non significa certo che, chiusa quella giornata, quella settimana o quel mese si possa archiviare il tema e non pensarci più fino all’anno prossimo. Anzi, si tratta di occasioni per approfondire quei temi e portarli avanti nei mesi a seguire, con una nuova consapevolezza. Una di queste iniziative è il cosiddetto No Mow May, o meglio #NoMowMay dall’hashtag con cui la campagna è stata lanciata sui social qualche anno fa e che significa grossomodo “maggio senza potatura”, ma che può benissimo valere anche a giugno.
Dal Regno Unito al mondo, cosa siginifica #NOMOWWAY
L’iniziativa è nata su impulso di Plantlife, un’organizzazione internazionale per la conservazione che lavora per garantire un mondo ricco di piante selvatiche e funghi, ed è stata lanciata per la prima volta nel Regno Unito – dove, dagli anni Settanta a oggi, con la perdita del 97% dei prati fioriti, è andata persa anche una buona dose degli alimenti vitali necessari agli impollinatori come api e farfalle – da cui si è diffusa oltre i confini grazie anche ai social. L’obiettivo è quello di sensibilizzare chiunque abbia un giardino o un pezzo di terreno a non esagerare con le potature e le rasature del prato, un danno per tutte le piante e i fiori spontanei che sono un salvavita per gli insetti che in primavera escono dal letargo e hanno bisogno di tutto il nettare possibile per riprendere le forze, nutrire la prole e svolgere le proprie funzioni, come quella collaterale di impollinazione, fondamentale per il verde in generale e per una grande quantità di colture alimentari.
A cosa serve #NOMOWWAY
Gli impollinatori – che sono innanzitutto insetti, ma anche piccoli animali – fungono da inconsapevoli vettori per l’impollinazione, appunto, e la successiva fecondazione, svolgendo un ruolo fondamentale nella fertilizzazione che porterà alla produzione di frutti, garantendo la possibilità di coltivare una nuova generazione di piante. Molti semi e frutti, poi, oltre a perpetuare la specie, hanno un ruolo fondamentale nella sicurezza alimentare di tutte le specie che si nutrono di vegetali o di animali che se ne nutrono a loro volta: quindi, tutte. A partire da noi, che basiamo la nostra alimentazione come specie umana, a livello globale, su una manciata scarsa di colture come riso, frumento, mais e soia. Questo ci espone a grossi rischi: basti pensare a cosa succede – sia in termini di scarsità di materia prima alimentare che di aumento dei prezzi – e quando una patologia vegetale colpisce una di queste specie. Ecco perchè si parla (giustamente) tanto di biodiversità, concetto di cui non dobbiamo dimenticarci quando guardiamo il nostro giardino.
Anche qui, infatti, proprio in primavera, quando le piogge e le temperature più alte risvegliano la natura, si assiste a un rigoglio della biodiversità vegetale e di conseguenza animale di cui in inverno fatichiamo a renderci conto. Curiosamente, è proprio questo il periodo in cui chi ha un giardino corre a impugnare tosaerba e cesoie per fare piazza pulita di tutto ciò che esula dal verde ordinato del prato all’inglese, i cui fili d’erba vengono tagliati tutti alla stessa misera altezza. Peccato che quello che per qualcuno è un giardino in ordine per qualcun altro è un deserto, se non un cimitero.
Lo scopo principale di No Mow May è proprio quello di far comprendere questo, incoraggiando le persone a lasciar sbocciare i fiori spontanei nei loro prati prima di falciare l’erba: dai denti di leone al trifoglio bianco, lungi da essere erbacce, sono in realtà cibo per gli impollinatori, api in testa. Idealmente, più varietà c’è in termini di piante autoctone, più ricchezza di nutrimento e, per così dire, sicurezza alimentare si garantiscono agli insetti.
Proteggere la biodiversità dal giardino di casa
Difendere la biodiversità botanica del proprio giardino o piccolo appezzamento di terreno – ma, perché no? anche del proprio balcone – evitando di usare sostanze nocive per il trattamento delle piante e di tagliare continuamente il prato e, ancor di più, se possibile incrementarne la ricchezza e la varietà sono ottimi modi, quindi, per far del bene anche alla biodiversità animale e, nel proprio piccolo, innescare un circolo virtuoso che fa valere i propri effetti positivi su tutta la collettività, contribuendo anche a quella biodiversità a cui tanta importanza viene oggi (fortunatamente) riconosciuta, tanto che è stato da poco fondato il National Biodiversity Future Center, coordinato dal CNR e con sede principale a Palermo.
E tutto questo può iniziare semplicemente da un giardino: ecco un buon motivo per non considerare trascurato, disordinato e tetro un prato incolto, iniziando invece a vederlo come un’espressione della meravigliosa spontaneità della natura.