Fare la pace cantando insieme

Da alcuni anni il progetto Koolulam nato in Israele si impegna a unire migliaia di persone di culture e fedi diverse

La Treccani definisce la guerra “un conflitto aperto e dichiarato fra due o più Stati, o fra gruppi organizzati, etnici, religiosi, politici, con il ricorso alle armi”. Se fino al secolo scorso si pensava ad essa come a uno scontro fra più nazioni, che ha avuto il culmine nei due conflitti mondiali, oggi le guerre sono prevalentemente tra varie fazioni all’interno di uno stesso stato; ma non solo. L’anno scorso il sito Perlapace aveva ripreso un articolo di Giovanni De Mauro, Direttore del settimanale Internazionale, che a Marzo 2022 contava 59 guerre nel mondo. In quel momento la situazione fra Israele e Palestina era vista come una guerra “a bassa intensità”, come lo era dal 2014 quella fra Russia e Ucraina.
I dati più accurati in quest’ambito sono forniti dall’ACLED (Armed Conflict Location & Event Data), un’organizzazione non-profit, guidata da un management internazionale prevalentemente femminile, che effettua un monitoraggio puntuale delle aree di crisi e di violenza in tutto il mondo: i suoi dati e le sue analisi in tempo reale su disordini, proteste e rivolte politiche sono i più utilizzati da giornalisti e ricercatori: se è vero che un certo livello di conflitto si verifica in quasi tutti i paesi, nell’ultimo Indice dei Conflitti, aggiornato a Luglio 2023, ci sono 30 nazioni a cui è stato attribuito l’indice “estremo” o “alto”, più altri 20 paesi indicati come “turbolenti”. Il 97% degli eventi di violenza politica nell’ultimo anno sono stati registrati in questi 50 paesi.

Eppure, la pace è uno dei desideri più forti della stragrande maggioranza dell’umanità, che però stride così fortemente con gli interessi di quella piccolissima minoranza nella quale si accentra quasi tutto il potere, economico e decisionale. Dove l’industria bellica può ben fare la voce grossa, visto che la spesa militare globale nel 2022 ha raggiunto la cifra record di 2.200 miliardi di dollari: la denuncia dell’Oxfam, una ONG internazionale fondata nel 1942 per combattere la fame nel mondo attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo, sottolinea come tale cifra coprirebbe oltre 42 volte gli aiuti richiesti dall’ONU per fronteggiare le più gravi crisi umanitarie nel mondo.

Armonia musicale per l’armonia fra le persone

I tre fondatori Ben Yefet, Michal Shahaf Shneiderman, Or Taicher

Uno scenario deprimente, contro il quale è però necessario attivare e cercare risposte costruttive. È quanto ha provato a fare Or Taicher, regista e scrittore israeliano, con un significativo passato nel volontariato, specie verso le persone con disabilità. Taicher ricorda un episodio del 2016, in cui un soldato israeliano sparò uccidendo un palestinese: questa ennesima violenza lo sconvolse, così come invece rimase affascinato dal canto di migliaia di uomini ebrei in preghiera davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme.

In quel momento nasce in lui l’idea che forse la musica avrebbe potuto aiutare a unificare gli israeliani. Per realizzare la sua visione coinvolge Ben Yeffet, musicista e direttore d’orchestra nato a Tel Aviv, e Michal Shahaf Shneiderman, già direttrice di un’agenzia di comunicazione digitale. Prende così vita nel 2017 il progetto Koolulam, un’iniziativa che ha lo scopo di radunare centinaia di persone sconosciute per cantare insieme: con uno spirito che abbraccia la diversità per creare qualcosa di straordinario. “Volevo ricordare alle persone l’importanza di essere vicini piuttosto che essere divisi”, afferma Or Taicher: “perciò mi sono chiesto se l’armonia musicale potesse portare all’armonia umana.”

Riunire gruppi differenti è fondamentale per la missione di Koolulam, che si definisce come un’iniziativa musicale sociale: il nome stesso è un gioco di parole che unisce l’inglese “cool” con l’ebraico “kol” (voce), così come in ebraico “kulam” significa “tutti”. Il primo evento pubblico si è svolto presso il centro culturale Bascula di Tel Aviv, quando 540 persone sono entrate ricevendo il testo di “Or Gadol”, un’intensa composizione del cantante Amir Dadon: “volevamo una canzone che unisse le persone e che fosse positiva e ottimista”, spiega Shneiderman, “che rappresentasse lo scopo di Koolulam”.

Il pubblico ha passato un’ora a imparare la canzone, guidato da Ben Yaffet che aveva suddiviso le parti fra contralti, soprani e l’intero gruppo maschile: dopo qualche prova sono iniziate le riprese, per arrivare infine al brano finale. Il risultato ha superato ogni più rosea aspettativa, sia da parte degli organizzatori, che si immaginavano al massimo 300 persone, sia dal trascinante entusiasmo del pubblico, che voleva sapere quando sarebbe stato il prossimo evento. In un mondo, e in un paese come Israele, spesso diviso da barriere culturali, religiose e geografiche, i tre fondatori hanno visto in Koolulam una potente occasione di unità, che va oltre l’aspetto musicale: si tratta di un movimento di speranza, una sinfonia di sogni condivisi e coesistenza armoniosa che vuole stimolare una trasformazione nelle comunità.

Oltre i confini, per ispirare un cambiamento

Singing is Believing – Cantare è credere” è diventato il motto del progetto, che ha presto creato altre occasioni di incontro, ogni volta con riscontri estremamente positivi: proprio in questo periodo in cui la guerra divampa in Israele e Palestina, sui vari canali social si sono moltiplicati i rimandi ad alcuni video di Koolulam, e di due in particolare.

Haji Yahya Cholil Staquf, Fratel Franz von Sales e Rabbi Yakov Nagen alla Torre di David

Il 14 febbraio 2018, è stato registrato ad Haifa “One Day”, del cantante reggae ebreo americano Matisyahu: nella sala si erano radunati 3.000 fra ebrei, musulmani e cristiani, che in meno di un’ora hanno imparato a cantare e ad armonizzare i testi in tre lingue diverse. L’effetto è davvero coinvolgente.
Come d’altronde si può dire per “One Love” di Bob Marley, filmato il 14 giugno dello stesso anno presso la Torre di David a Gerusalemme, in occasione della storica visita in Israele da leader islamico indonesiano Haji Yahya Cholil Staquf: lo spazio limitato ha consentito solo a 800 persone di partecipare, ma il risultato finale ha offerto nuovamente uno spettacolo mozzafiato di unità e bellezza.

Ogni nota cantata in un evento Koolulam porta con sé un messaggio di inclusione, coesistenza o emancipazione, soprattutto femminile. Queste occasioni sono curate in modo meticoloso per trasmettere messaggi sociali profondi, che i partecipanti sembrano vivere in pienezza, come emerso dalle risposte ricevute: “un’atmosfera che dà forza”, “un’esperienza positiva che incoraggia”, “un evento che ispira l’unità”. I sentimenti delle persone che si trovano a cantare insieme sono proprio di senso di appartenenza, di solidarietà, di amicizia, poiché “ci si sente come se tutti fossero venuti per connettersi”.
“Vogliamo riunire le persone per qualche ora e cantare insieme” riprende Taicher: “provare dolore, gioia, unirci e riunirci; questo è ciò di cui ci occupiamo.”

Neppure il covid ha impedito alle persone di cantare per Koolulam

In pochi anni le oltre 250 iniziative di Koolulam in tutto il mondo hanno coinvolto più di 350.000 persone, con 140 milioni di visualizzazioni dei video, in costante crescita, arrivando a leader e celebrità di tutto il pianeta: nell’intervallo del Super Bowl 2020, Jennifer Lopez ha ripreso l’arrangiamento che Koolulam aveva fatto proprio della sua “Let’s Get Loud”, usata l’anno precedente per un video di sensibilizzazione sul cancro.

L’impatto del progetto non è passato inosservato, ma ha ricevuto vari riconoscimenti, come ad esempio dall’UNESCO, e sta sempre più rivolgendosi a scuole ed enti educativi: Koolulam rappresenta un faro di tolleranza e comprensione, che non intende fermarsi ai successi fin qui raggiunti. La visione dei tre fondatori li sta spingendo verso ulteriori creazioni collaborative in varie forme d’arte, con l’obiettivo di toccare la vita di un numero ancora maggiore di persone in tutto il mondo.

Koolulam non è solo un movimento, ma un motore globale per il bene, dove gli individui di tutto il mondo trovano la loro voce all’interno di questa espressione collettiva: ispirandoli ad aggiungersi al coro crescente del cambiamento.

Koolulam

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