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Quello del cambiamento climatico è un tema prioritario, e la crescente sensibilità delle istituzioni e del pubblico a livello mondiale lo dimostra. Tuttavia, non tutti sono consapevoli dei danni che stiamo causando al nostro pianeta e, in particolare, al nostro Belpaese. Sì, perché il nostro paese è uno dei territori in cui si iniziano già a risentire le conseguenze drammatiche dell’aumento delle temperature terrestri. Vediamo insieme come sta già agendo il cambiamento climatico in Italia.
Piovosità e siccità: i primi segnali del cambiamento climatico in Italia
In Italia, negli 50 anni, si sono registrate temperature eccezionali. Secondo l’Istat, dal 1971 al 2001ci sono stati dei veri picchi nella temperatura media registrata in molte città italiane, con Perugia in testa (+2,1°C). Ma non sono solo le temperature ad essere diventate più “estreme”.
Le perturbazioni e i fenomeni intensi, in un territorio peraltro già fortemente interessato dal rischio di dissesto idrogeologico, sono diventati più frequenti. Secondo uno studio sull’impatto dei cambiamenti climatici in Italia condotto da Legambiente, i fenomeni metereologici estremi sono aumentati da 157 nel 2019 a 239 nel 2020. È anche vero che nel 2021 questi eventi sono diminuiti, ma il pericolo di un eventuale disastro è sempre dietro l’angolo.
Tutto questo risulta preoccupante se si considera che parallelamente stanno diminuendo le precipitazioni. Piove di meno, quindi, ma più intensamente, e questo crea un vero e proprio stress anche alle risorse idriche.
Il rischio è quello di una crescente siccità. È stato calcolato che nel 2020 la perdita totale in distribuzione di acqua potabile è arrivata a toccare gli 0,9 miliardi di metri cubi: un dato drammatico che inizia a far temere il peggio, considerando che, oltre a un problema di quantità, c’è un altro problema di qualità dell’acqua nel nostro territorio.
Molte risorse idriche stanno infatti andando incontro all’eutrofizzazione, un processo degenerativo delle acque causato da eccessivi apporti di sostanze a effetto fertilizzante (specie quelle usate dal settore agricolo e zootecnico) che comporta un’altra concentrazione di microalghe e una ridotta presenza di ossigeno. Queste acque, riversate nei mari e nei fiumi, hanno un impatto negativo sull’ecosistema, che compromette non solo l’ambiente, ma anche quelle economie basate sulla pesca.
Il mar Mediterraneo: il mare più sensibile al cambiamento climatico
Il cambiamento climatico in Italia si può riscontrare facilmente anche nella trasformazione termica del mare. Questo comportamento è dovuto al potere dei mari di trattenere la maggior parte del calore presente nell’aria mitigando le temperature esterne.
Il mar Mediterraneo, essendo il meno profondo al mondo, amplifica questo comportamento, con effetti purtroppo nocivi per le specie viventi, incluso l’uomo. Il mar Mediterraneo è infatti molto simile ad un lago, in quanto è delimitato dal deserto del Sahara e dalle Alpi che lo fanno sembrare quasi un grande lago. Queste caratteristiche, sommate insieme, permettono al nostro mare di riscaldarsi più velocemente degli altri.
L’Italia, trovandosi nel bel mezzo di queste acque, risente più facilmente di altri paesi a ogni minimo cambiamento termico, e questo purtroppo è quello che sta già accadendo. Si pensi ad esempio allo scioglimento dei ghiacciai alpini e all’acqua alta di Venezia: due fenomeni apparentemente diversi e invece strettamente connessi l’uno all’altro.
Il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai a livello globale, inoltre, sta causando l’innalzamento del mar Mediterraneo con la conseguente scomparsa di aree costiere. Se si dovesse continuare ad inquinare alla velocità attuale (molti studiosi pensano che le emissioni aumenteranno nel tempo) entro il 2100 le stesse aree potrebbero scomparire del tutto insieme alle zone abitate limitrofe.
La scomparsa delle coste è solo uno dei tanti catastrofici cambiamenti alla quale stiamo andando incontro. Il surriscaldamento delle acque sta portando nel nostro territorio anche specie animali mai viste prima che rovinano il nostro ecosistema. Inoltre, tutte le specie presenti sul nostro fondale si stanno spostando sempre più velocemente verso la superficie a causa della scarsità di cibo presente sul fondo.
Tutti questi danni stanno creando un mare sempre meno popolato e sempre più inquinato.
Ma ad essere fortemente a rischio sono anche le nostre colture e piantagioni a causa delle nuove specie tropicali che, per gli scambi internazionali e il cambiamento del clima, stanno invadendo i nostri campi.
Cambiamento del clima in Italia: un problema per l’ecosistema e la biodiversità
Nel Belpaese stiamo assistendo ad una vera e propria invasione di specie proveniente da ambienti tropicali, come ad esempio quella della cimice asiatica. Questa specie è arrivata sino a noi a causa dei continui scambi che l’Italia attua con la Cina e il cambiamento climatico ha permesso a questo insetto di trovare l’habitat perfetto per riprodursi in maniera estremamente veloce.
La cimice asiatica si nutre delle nostre coltivazioni rendendo i frutti aggrediti immangiabili. Il problema più grande è che nel nostro territorio manca un antagonista naturale di questa specie, che può così riprodursi senza essere eliminata.
Alla comparsa di questa minaccia per le nostre colture si contrappone la lenta scomparsa delle api, messe in difficoltà non solo dal cambiamento climatico in Italia, ma anche dal crescente utilizzo di insetticidi e pesticidi nelle colture.
Le api, insieme ad altre specie di insetti, producono circa il 70% del cibo che è sulle nostre tavole grazie al loro meticoloso lavoro di impollinazione. Secondo uno studio condotto dall’Espresso, negli ultimi 5 anni abbiamo assistito alla scomparsa di 10milioni di alveari e solo in Italia ne abbiamo persi circa 200 mila.
Ma che ruolo ha il cambiamento climatico nella graduale estinzione delle api? Gli studiosi ritengono che gli sbalzi di temperatura portano questa specie a modificare i loro cicli naturali. Ad esempio, si sta assistendo a giornate invernali più calde della norma e questo porta le famiglie di api a crescere a dismisura a causa delle covate anticipate. Nel 2019, successivamente al caldo invernale, si è avuto un periodo primaverile caratterizzato da freddo e piogge che hanno distrutto quasi completamente le fioriture impedendo l’impollinazione delle api. Così tale specie si è ritrovata senza cibo e con gli alveari sovrappopolati.
L’alterazione dei normali cicli stagionali causati dalle elevate temperature minaccia anche tutte le altre specie animali. Nei prossimi 50 anni è previsto un aumento delle temperature di almeno 3.2°. Gli sbalzi climatici, quindi, oltre all’estinzione delle api porterebbero, con il passare del tempo, alla scomparsa di circa il 50% delle specie animali presenti sul nostro pianeta.
Urge trovare una soluzione, per evitare che il cambiamento climatico in Italia (e nel mondo) si trasformi in una realtà irreversibile, pronta a modificare la vita sulla Terra come l’abbiamo sempre conosciuta.