Circularity è una startup innovativa e società benefit dedicata all’economia circolare, con sede a Milano. Un team di esperti di sostenibilità accompagna le imprese in tutte le tappe del percorso verso l’integrazione della circolarità nel proprio modello di business: ingegneri, scienziati ambientali, chimici, esperti di CSR, marketers, project managers e soprattutto grandi appassionati di ambiente.
Circularity crede che le imprese possano essere la forza trainante della transizione ecologica e promuove una nuova tipologia di business, fedele agli obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite.
Consulenza, informazione, certificazioni e formazione.
The Good in Town ha incontrato Camilla Colucci, giovane cofondatrice e amministratore delegato di Circularity, che con gentilezza, ma ferma professionalità, ci ha raccontato la sua storia e quella di Circularity.
C’è una storia personale che ti ha portato ad abbracciare e sostenere il settore dell’ambiente e della sostenibilità?
“La salvaguardia dell’ambiente è sempre stato un tema molto presente in casa mia: mio padre ha lavorato per tutta la vita nel mondo della green economy, sia in ambito di gestione ambientale sia di efficienza energetica. Mia mamma, invece, è geologa: la protezione della natura e l’ambiente fanno parte della sua formazione e poi del suo percorso professionale. Io prima di fare della sostenibilità il mio lavoro ho svolto diverse attività di volontariato ambientale, in particolare a tutela della biodiversità e di specie in via d’estinzione. Sono cresciuta in un momento storico in cui il cambiamento climatico è finalmente diventato un’urgenza di cui occuparsi ed è ormai evidente che le nuove generazioni siano attente alla salvaguardia dell’ambiente in cui vivono. Abbiamo capito che per garantirci un futuro dobbiamo iniziare a difendere il nostro territorio, le sue risorse e la sua biodiversità.”
Quali tra istituzione, cittadini e aziende a tuo avviso oggi sono più sensibilizzati e svolgono un ruolo pro attivo per il futuro sostenibile?
“Una forte spinta negli ultimi anni è arrivata dalle nuove normative europee: a partire degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti nel 2015 dall’ONU, fino ad arrivare alla definizione del “Pacchetto per l’economia circolare” del 2018 e ai nuovi obblighi di trasparenza che nei prossimi anni coinvolgeranno le imprese per evitare fenomeni di greenwashing.
A livello imprenditoriale, inoltre, nascono ogni giorno nuovi progetti che hanno i valori della sostenibilità nell’oggetto sociale: da iniziative di integrazione, inclusione e salvaguardia della biodiversità, fino a prodotti pensati per essere rigenerati. Le aziende leader di settore pongono nuovi standard di sostenibilità ai quali le aziende facenti parte delle loro catene di fornitura si devono adeguare, definendo così un benchmark di settore improntato alla sostenibilità della supply chain. Dalla gestione delle risorse, alla misurazione del proprio impatto ambientale, fino alla tutela delle diversità a livello sociale. Se parliamo di cittadini, dalla sharing economy alla raccolta differenziata, è evidente che il nuovo prosumer stia trainando il mercato per promuovere nuovi modelli di consumo.”
Secondo la tua opinione, le organizzazioni private influiscono sull’opinione pubblica?
“Credo che le imprese abbiano un ruolo cruciale nel promuovere uno sviluppo sostenibile e debbano investire in attività di informazione e formazione sul territorio per creare una coscienza comune che abbia ben chiaro che il cambiamento climatico sia un problema reale e spetta a noi risolverlo. Negli ultimi due anni in Circularity siamo cresciuti molto grazie alla costruzione di un team di giovani professionisti esperti in tematiche di sostenibilità e di ingegneria dei materiali, puntando sulle sinergie con aziende che operano nel settore della green economy e attivando anche corsi di formazione e master con Il Sole24 Business School e l’Università Cattolica. L’impegno quotidiano è quello di promuovere servizi a 360° che siano in grado di accompagnare le aziende e i loro stakeholder nel percorso di integrazione dell’economia circolare e della sostenibilità, all’interno del proprio modello di business, attraverso l’erogazione di consulenza tecnica e strategica, oltre che di formazione e supporto sul recepimento delle normative ambientali.”
Cosa vi ha spinto a diventare società benefit?
“Circularity nasce nel 2018, e fin da subito abbiamo voluto costituirla come società benefit. L’oggetto sociale, la vision e la mission dell’azienda, infatti, hanno l’obiettivo intrinseco di generare un contributo positivo verso la comunità e l’ambiente in cui opera. Tanto i soci, quanto dipendenti e collaboratori condividono l’impegno di dover agire per portare un cambiamento concreto. Una mission che si concretizza in un modo di fare impresa che non ha come obiettivo solamente il mero profitto, ma che abbraccia i principi della sostenibilità integrandoli nella strategia e nel core business aziendale.”
Credi che essere società benefit porti dei benefici per il business dell’azienda?
“Non saprei dire se essere società benefit ci abbia assicurato ritorni in termini economici, ma sicuramente portare avanti progetti di sostenibilità e fornire servizi di consulenza alle imprese su queste tematiche viene percepito dal mercato come coerente con quella che è la mission aziendale. I consumatori e le imprese cui ci rivolgiamo sono sempre più attenti a distinguere tra le società che concretamente promuovo e realizzano attività sostenibili e quelle che invece le vivono come un’operazione di marketing.
Quotidianamente, tramite la diffusione di una cultura della sostenibilità, siamo i primi a fare presente ai nostri stakeholder quali siano i benefici “tangibili” di essere un’azienda attenta alla sostenibilità: dall’attrazione dei talenti, all’accesso al credito, al vantaggio competitivo rispetto ai competitor. Ci sono imprenditori e manager che diventano società benefit perché credono nel valore di portare avanti iniziative concrete per dare un contributo positivo al territorio e alla comunità in cui operano. Altre che lo fanno principalmente per migliorare il proprio posizionamento. In ogni caso, il resoconto delle performance ESG come da statuto, può essere utile per condividere con gli stakeholder quanto è stato fatto nel corso dell’anno e quali sono gli obiettivi che l’impresa si propone per il futuro.”
Il mondo del business, in particolare nell’industria, è ancora molto maschile. Tu e la tua socia, Alessandra Fornasiero, state incontrando difficoltà a fari ascoltare come ‘change maker’?
“Ho la fortuna di lavorare in un’azienda meritocratica in cui gli avanzamenti di carriera, la stima dei colleghi e il farsi valere non dipendono dal genere. Purtroppo, non è ancora la regola nel mondo imprenditoriale di oggi: penso in parte dipenda dalla scarsa convinzione con cui le donne si impongono e manifestano le proprie abilità e in parte dal modo in cui gli uomini le accolgono e sono capaci di liberarsi di convenzioni e retaggi culturali superati.
Il settore in cui lavoro, quello dei rifiuti, è per eccellenza maschile e in quattro anni di esperienza in Circularity mi sono trovata solo una volta ad avere a che fare con un’azienda cliente la cui referente fosse una donna. La difficoltà che ho incontrato, e che incontriamo oggi noi giovani donne, è quella di relazionarci con imprenditori con trent’anni di esperienza alle spalle che spesso sono riluttanti a ritenerci competenti prima che di bella presenza o affabili. È un tema che accetto perché fortunatamente non si verifica spesso e perché per una startup è più importante dare valore al team che al singolo, anche per far crescere la reputazione del brand. E sono sicura che con il cambio generazionale e il moltiplicarsi di donne coraggiose che portano avanti quotidianamente battaglie ambientali, queste dinamiche scompariranno presto.
Al di là di questo, mi sento come probabilmente si sentono tutte le donne che ricoprono un ruolo di rilievo in azienda, un po’ la responsabilità di essere un role model ispirazionale per tutte coloro che hanno portato e porteranno avanti con sacrificio la battaglia culturale dei pari diritti e pari opportunità. ”
Quali sono i vostri progetti futuri?
“Il modello di business di Circularity è basato su due pilastri:
– da un lato la nostra piattaforma tecnologica che consente di accedere a un network di aziende per trovare soluzioni “circolari” per la valorizzazione dei loro scarti, acquisendo consapevolezza sul loro fine vita, sul tipo di impiantistica per il recupero e su quale sia l’effettiva percentuale di riutilizzo dei materiali che sono stati lavorati e reimpiegati come materia prima seconda per nuovi prodotti.
– il secondo asset è l’advisory (consulenza). Possiamo contare su un esperto team, composto in prevalenza da giovani professionisti della sostenibilità e da ingegneri dei materiali, e sulle sinergie con le aziende del Gruppo Innovatec (gruppo quotato attivo nei settori dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili e dell’economia circolare), che ha una quota di minoranza in Circularity.
Nel 2023 puntiamo ad espandere il nostro network e ad attivare progetti di sostenibilità ambientale, anche all’estero. Abbiamo già iniziato l’anno scorso supportando alcune multinazionali per la misurazione dell’impatto ambientale dei loro prodotti e processi a livello europeo, oltreché misurando le loro performance ESG. Per farlo stiamo potenziando la nostra rete di partner europei in modo da poter supportare le imprese a 360°. Inoltre, la nostra piattaforma di simbiosi industriale verrà lanciata nella sua versione aggiornata e adattabile anche per gli altri paesi europei, con l’obiettivo di avviare crescenti sinergie tra imprese che operano in diversi paesi, anche per andare incontro agli ambiziosi obiettivi di sostenibilità che ci siamo dati in Europa”.