Facendo ricerca per la rubrica Cronache di un’upcycler ho raccolto storie di piccole realtà, le cui azioni legate alla salvaguardia dell’ambiente stanno avendo un’eco importante.
Soprattutto tra le nuove generazioni, l’atteggiamento green è ampiamente diffuso e si discute frequentemente dell’impatto dell’industria tessile sul pianeta.
Ho pensato quindi di cambiare oggetto di indagine e concentrarmi sul modo in cui i grandi nomi del fast fashion rispondono alle accuse non solo di inquinamento, ma anche di greenwashing.
Fortunatamente, è in atto una piccola rivoluzione: consapevoli di dover dare il buon esempio, i colossi della moda a basso costo hanno intrapreso una serie di iniziative concrete per adottare un approccio più consapevole e spingere i propri clienti a fare altrettanto.
Vediamo gli esempi dei due principali brand del fast fashion.
Zara
Nell’ambito di una strategia di circolarità e sostenibilità a 360 gradi, nel novembre 2022 la multinazionale spagnola ha lanciato un progetto pilota “Pre-Owned”, che si concentra su tre azioni concrete rivolte a capi precedentemente acquistati.
L’obiettivo è aiutare i clienti a riparare, rivendere o riciclare i propri vestiti e accessori.
La riparazione viene offerta su tutti i capi Zara, di qualsiasi stagione e anno, che possono essere portati in uno dei 60 negozi selezionati (attualmente solo nel Regno Unito) o spediti. Esiste un tariffario per i vari servizi (sostituzione di bottoni e cerniere, per esempio) e la garanzia che l’indumento torni nelle mani del proprietario entro dieci giorni dall’arrivo in laboratorio.
Oltre al servizio di riparazione, il programma prevede una piattaforma di rivendita di capi di seconda mano. Creare annunci è molto semplice: basta effettuare la scansione del codice a barre presente sull’etichetta per ottenere le foto presenti nel database di Zara, oltre che informazioni sulla composizione del capo. Questo servizio è gratuito per i venditori, mentre gli acquirenti pagano un costo di servizio pari al 5% del totale.
L’ultima parte della strategia è il canale per la raccolta e la donazione di abiti usati, che in realtà esiste dal 2015 ma che ora consente anche il ritiro a domicilio.
Questa iniziativa è realizzata in collaborazione con la Croce Rossa nel Regno Unito, e intende coinvolgere in futuro associazioni già attive sul territorio.
Zara si impegna nella raccolta e nella consegna di capi e accessori destinati al riciclo: nelle istruzioni presenti sul sito si legge “qualsiasi tipo di indumento, biancheria da casa, calzature, complementi e addirittura bigiotteria, di tutti i brand”.
Paula Ampuero, responsabile della sostenibilità di Zara, ha parlato delle difficoltà del riciclo dei tessuti in assenza di grandi infrastrutture dedicate: “Cerchiamo sempre di vedere gli scarti degli indumenti come una nuova risorsa, ma è una sfida enorme per l’industria trasformare un indumento di scarto post-consumo in un nuovo indumento”.
Ecco cosa succede agli oggetti donati presso i punti vendita: per prima cosa, avviene una classificazione tra riutilizzo e riciclo: i capi in buono stato entrano nel circuito dei charity shop, mentre quelli rovinati sono destinati al riciclo. Dagli indumenti in cotone, lana o poliestere al 100% si ricavano fibre che consentono di creare nuovi tessuti. Il resto viene trasformato in materiale per l’edilizia o il settore automobilistico. Gli indumenti che non possono essere riutilizzati per motivi di igiene, sicurezza e salute o a causa della qualità dei materiali sono sottoposti a un rigoroso processo di gestione dei rifiuti.
Non resta che augurarsi che questo progetto pilota dia risultati incoraggianti e arrivi presto anche in Italia.
H&M
L’iniziativa nell’ottica di sostenibilità promossa dal brand svedese si chiama “Take care” e si concentra sulla responsabilità dei clienti. A quanto pare, infatti, il 10% dell’impatto ambientale di un capo si verifica dopo l’acquisto. Sul sito corporate hmgroup.com c’è un manuale di istruzioni, che spiega come prendersi cura del proprio guardaroba. Le regole sono poche e chiarissime.
Vuoi conservare il tuo capo preferito? Trattalo bene
La frequenza con cui si lavano i vestiti ha un effetto sul clima. Bisognerebbe usare sempre la lavatrice a pieno carico, a basse temperature, e fare asciugare il bucato all’aria. Se jeans o maglioni di lana non sono macchiati, basta metterli una notte in freezer per eliminare i batteri. Se il capo è rovinato, in negozio si possono acquistare kit da cucito e toppe decorative per riparare e insieme ravvivare il look.
Vuoi liberarti di un capo? Riciclalo
Da ormai 10 anni, nei negozi H&M ci sono contenitori per la raccolta di vestiti che non si usano più. Come avviene da Zara, dopo la selezione i capi vengono divisi in 3 categorie. In base alla composizione e alle condizioni possono essere commercializzati come abiti di seconda mano, usati per produrre oggetti tessili (come panni per le pulizie) oppure sminuzzati in fibre e trasformati in materiali isolanti.
Nel 2022 sono passate attraverso questo processo quasi 19.000 tonnellate di abiti. L’equivalente di 94 milioni di t-shirt!
Ti serve un capo speciale per una serata? Noleggialo
Dal 2019 presso il negozio di Stoccolma è possibile noleggiare abiti selezionati dalle collezioni Conscious Exclusive. L’obiettivo è fornire questo servizio in futuro anche in altri Paesi.
Con l’intenzione di “chiudere il cerchio”, H&M sostiene iniziative che contribuiscono alla costruzione di un’economia circolare.
Recentemente, il gruppo ha creato una fondazione in India per sostenere il lavoro dei waste picker che vanno nelle discariche a selezionare e i materiali che possono essere rivenduti o riciclati. Nonostante svolgano un ruolo fondamentale nel sistema di gestione dei rifiuti, queste persone spesso faticano a condurre una vita sana e produttiva perché occupano i posti più bassi nella gerarchia professionale.
H&M riconosce che la plastica così raccolta rappresenta una risorsa preziosa per l’industria della moda e ha deciso di utilizzarla per i bottoni della collezione SS23 Studio.
Oltre a espandere l’uso di questi bottoni, H&M vuole invitare altri marchi ad attingere a questa risorsa.
La speranza è che questo genere di iniziative si moltiplichino, e che anche altre aziende decidano di investire nella circolarità inclusiva, preferendo materiali riciclati e offrendo lavoro agli strati più vulnerabili della società.